Giandomenico Amendola  
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LA CITTÀ È FATTA DI DOMANDE


Commento al libro curato da A. Mazzette e S. Mugnano



Giandomenico Amendola


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Il volume Il ruolo della cultura nel governo del territorio, a cura di Antonietta Mazzette e Silvia Mugnano (FrancoAngeli 2020), raccoglie alcuni dei più significativi interventi all’omonimo convegno della Sezione Territorio dell’AIS (Associazione Italiana di Sociologia) tenutosi a Sassari nel 2019. L’importanza del convegno deriva dal fatto che esso costituisce l’appuntamento triennale dei sociologi che in Italia a diverso titolo si occupano di territorio. La lettura dei contributi del volume offre perciò la possibilità di fare il punto sulla situazione della sociologia urbana in Italia. Riflessione necessaria in un momento che per tutta la sociologia italiana non è tra i più felici sia per la progressiva contrazione degli spazi accademici sia per il ridotto peso della disciplina nelle decisioni che da diverse prospettive istituzionali o progettuali riguardano la città e complessivamente il territorio.

È già chiaro dai due saggi introduttivi, a firma rispettivamente di Antonietta Mazzette (Conoscere per governare il territorio) e di Silvia Mugnano (Le città creative e i quartieri culturali: rischi e opportunità), quale sia il filo rosso che lega i contributi scelti per il volume. I due grandi temi sono: le caratteristiche della città contemporanea – di cui quella italiana riassume i tratti fondamentali – ed il crescente ruolo delle politiche culturali miranti allo sviluppo della città. Non espressamente richiamato nelle introduzioni ma immediatamente ricavabile dai saggi e dalle schede presenti nel volume è il carattere necessariamente interdisciplinare di ogni ricerca che abbia la città e l’urbano come temi. Questo è anche uno degli esiti dello spatial turn che analizza la città come una totalità concreta che nessuna disciplina da sola è in grado di affrontare.

La qualità dei molti contributi presenti nel volume rende impossibile di esaminarli partitamente. Sono troppi per dar conto di tutti, sono tutti di qualità alta per poterne tacere alcuno.

La città italiana è oggi una città nuova così come nuova è la città contemporanea in tutto il mondo. Le ricerche sulle nostre metropoli presentate nel volume, tra cui per esempio Milano, Torino e Napoli, e quelle sulle città minori – le piccole – mostrano con chiarezza come quelle italiane, pur nella loro specificità, portino chiari i segni della grande trasformazione urbana degli ultimi decenni. È una città diffusa in cui persino la stessa idea tradizionale della città ben definita dai propri confini sfuma e diventa inservibile. È una città che non è più scontata e da accettare per quel che è; è invece una città che, in quanto fondata sulla domanda, cambia costantemente. Essa, infatti, deve misurarsi ogni giorno con le domande mutevoli e diversificate dei cittadini, delle imprese, dei visitatori. “Di una città non godi le sette o le settantasette meraviglie ma la risposta che dà alla tua domanda” scrive, con efficace sintesi, Italo Calvino ne Le città invisibili.

Tema ricorrente del volume è quello della varietà delle domande e delle conseguenti sfide che la città italiana deve oggi affrontare. Non è una sfida facile perché oggi anche la città italiana è fatta di diversità non omologabili. La nuova città italiana è – per usare la consolidata definizione di Nathan Glazer – una “insalatiera” – salad bowl – in cui la diversità delle componenti è una ricchezza e non un ostacolo da rimuovere come presupponeva l’idea del melting pot – del crogiolo omologante – che ha dominato per circa due secoli. È all’inclusione che bisogna perciò mirare e non all’integrazione, come spesso si afferma ancora, che presuppone l’idea di un possibile e necessario processo di omologazione.

Le domande, inoltre, sono in misura crescente sostenute dai diritti. È la nostra una città in cui il diritto alla città, lanciato nel ’68 da Henri Lefebvre nei giorni ribollenti del maggio francese, è tornato di forte attualità. Quella italiana, si legge in diversi dei contributi, è una città ancora segnata dai molti diritti negati per cui il tema dei diritti è più che mai centrale anche se spesso oggetto di aspri conflitti. La crescente domanda di partecipazione, documentata nel volume, va considerata come una azione che esprime la domanda del diritto fondamentale di contribuire alla costruzione della propria città.

La nostra – mostrano i contributi del ricco volume – è una città dove le diseguaglianze sociali sono vistose ed in costante crescita e dove lo spazio le rende visibili e più dolorose. Su queste ineguaglianze agiscono, spesso aggravandole, molti dei processi che vanno trasformando la città contemporanea come, per esempio, la gentrificazione e le politiche di rigenerazione urbana (etichetta, peraltro, di azioni molto diverse).

La nostra è una città dove appaiono, e la crisi rende più visibili, nuovi soggetti, portatori di bisogni e di domande non eludibili, scrivono nel volume i sociologi urbani italiani riprendendo ed arricchendo le ormai canoniche analisi della letteratura internazionale. Sono, per esempio, analizzati i diritti reclamati dalle donne che anche nella nuova città vedono ancora pesare su di sé la discriminante di genere. Anche quella italiana è una città che è in misura crescente multietnica; la popolazione dei nuovi arrivati – differenziata per provenienza, capitale culturale e facilità di inserimento – non è più, come mostrano alcuni contributi del volume, marginale né demograficamente né economicamente. I nuovi arrivati sono ormai cittadini a pieno diritto che reclamano l’accesso pieno a quel bene prezioso che è la città. Gli spazi pubblici e la loro accessibilità sono, perciò, temi affrontati da diversi autori.

Infine, molti dei saggi contenuti nel volume affrontano il grande tema della cultura e di ciò che essa può significare per il governo della città. Il peso della cultura nelle politiche urbane è, infatti, cresciuto in maniera enorme negli ultimi tre decenni. La cultura ha dismesso la tradizionale “C” maiuscola per diventare elemento importante e diffuso della qualità della vita di una città e riconosciuto importante fattore nella competizione urbana. Acquisire l’immagine di città di cultura può arricchire il brand di una città ed attrarre non solo visitatori ma anche famiglie ed imprese. Anche i piccoli centri ed i borghi ricorrono oggi al fattore cultura per rompere il proprio isolamento. Un museo, inoltre, può ricostruire le memorie di una città e contribuire a rafforzarne l’identità. Le nuove istituzioni culturali – dalla Tate Modern londinese al Centre Pompidou di Parigi o al Parco della musica di Renzo Piano a Roma, solo per fare qualche esempio – non solo arricchiscono la qualità della vita di una città ma costituiscono anche in indubbio fattore di attrazione. Anche la grande architettura, che della cultura è una delle maggiori espressioni, arricchisce non solo il panorama urbano ma la stessa immagine della città sulla scena e sul mercato internazionale.

Questi sono in sintesi alcuni dei grandi temi affrontati dal volume curato da Antonietta Mazzette e da Silvia Mugnano alle quali va riconosciuto il merito di aver saputo scegliere i contributi non solo per la loro qualità scientifica ma anche e soprattutto per la loro rilevanza nella riflessione collettiva sul futuro della città italiana. A questo proposito c’è forse spazio per una breve riflessione sulle difficoltà che incontrano oggi la sociologia italiana e quella urbana in particolare. La sociologia nasce nella seconda metà dell’Ottocento come scienza capace di dare una risposta alla domanda di conoscenza necessaria per comprendere la nuova ed inedita società moderno industriale. È questa l’identità e la stessa ragion d’essere anche della sociologia italiana che nasce e si sviluppa nel secondo dopoguerra nelle fabbriche piemontesi e nei Sassi di Matera. Erano gli anni delle ricerche tese a capire quali fossero gli effetti della modernizzazione e di uno sviluppo accelerato nella piccola Rescaldina o nei quartieri di Bologna, nella periferia romana o nelle storiche città della Toscana. La sociologia produceva negli stessi anni numerose ricerche nel tentativo di capire l’apparentemente anormale andamento del mercato del lavoro italiano o le culture definite familistiche ed amorali in una arretrata Calabria. Si scoprivano allora la realtà dei centri storici ed i processi di marginalizzazione spaziale e sociale delle grandi metropoli. Oppure come il clientelismo orientasse il governo di molte grandi città meridionali frenandone la crescita. Tutto ciò avveniva perché la sociologia avvertiva la domanda espressa o latente che veniva dalle istituzioni o dalla stessa società italiana ed a questa intendeva con le proprie ricerche rispondere. I sociologi urbani si adoperavano per dare risposta alle domande che venivano dai governi locali, dagli urbanisti e dai progettisti. Oggi, continuiamo a lavorare per rispondere ad una domanda che è però lontana e debole. È come se quanti governano la città e ne progettano il futuro fossero indifferenti alla conoscenza scientifica e procedessero navigando a vista più attenti al consenso che ai risultati.

Giandomenico Amendola

 

 

N.d.C. Giandomenico Amendola, già professore ordinario di Sociologia Urbana all'Università di Firenze, ha diretto CITYLAB, Laboratorio Interdisciplinare sulla Vulnerabilità Sociale e la Sicurezza Urbana, ed è stato presidente dell'AIS, Associazione Italiana di Sociologia.

Tra i suoi libri: Metodo sociologico e ideologia: Charles Wright Mills (De Donato, 1971); a cura di, Sottosviluppo, imperialismo, analisi sociale (Dedalo, 1974); La comunità illusoria. Disgregazione e marginalità urbana: il borgo antico di Bari (Mazzotta,1976); Casa, quartiere, rinnovo urbano. Le trasformazioni sociali dello spazio marginale (Dedalo, 1977); Uomini e case. I presupposti sociologici della progettazione architettonica (Dedalo, 1984); con altri, Segni e evidenze. Atlante sociale di Bari (Dedalo, 1985); con Achille Ardigò, a cura di, Ricerca sociologica, informatica e società italiana (Franco Angeli, 1986); con Antonio Tosi, a cura di, La sociologia dell'abitazione (Franco Angeli, 1987); con Guido Sivo, a cura di, L'agorà efficiente. L'impresa e la città creativa (Clear, 1995); La città postmoderna. Magie e paure della metropoli contemporanea (Laterza, 1997, 2001, 2003, 2004, 2005, 2007, 2008, 2009, 2010; ed. spagnola Celeste, 2000); a cura di, Scenari della città nel futuro prossimo venturo (Laterza, 2000); a cura di, Una città senza paure. Dalle politiche per la sicurezza a quelle per la vivibilità (Comune network, 2003); a cura di, Il governo della città sicura. Politiche, esperienze e luoghi comuni (Liguori, 2003); a cura di, Paure in città. Strategie ed illusioni delle politiche per la sicurezza urbana (Liguori, 2003); a cura di, Anni in salita. Speranze e paure degli italiani (F. Angeli, 2004); a cura di, La città vetrina. I luoghi del commercio e le nuove forme del consumo (Liguori, 2006); a cura di, Città, criminalità, paure. Sessanta parole chiave per capire e affrontare l'insicurezza urbana (Liguori, 2008); a cura di, Il progettista riflessivo. Scienze sociali e progettazione architettonica (Laterza, 2009); Tra Dedalo e Icaro. La nuova domanda di città (Laterza, 2010); a cura di, Insicuri e contenti. Ansie e paure nelle città italiane (Liguori, 2011); Il brusio delle città. Le architetture raccontano (Liguori, 2013); con Michèle Sajous d'Oria, La Carte du Pays de Tendre. In viaggio verso la tenerezza (Adda, 2015); Emozioni urbane. Odori di città (Liguori, 2015); Le retoriche della città. Tra politica, marketing e diritti (Dedalo, 2016); con altri, Sociologia di Bari. Tra sogno e realtà (Laterza, 2016); Sguardi sulla città moderna. Narrazioni e rappresentazioni di urbanisti, sociologi, scrittori e artisti (Dedalo, 2019); Bari una città tra storia e immaginario. Le architetture raccontano (Adda, 2020); a cura di, L'immaginario e le epidemie (Adda, 2020).

Dei libri di Giandomenico Amendola, in questa rubrica ha scritto Francesco Indovina: Un giardino delle muse per capire la città (4 ottobre 2019); Post-pandemia? Il futuro è ancora nelle città (12 febbraio 2021).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

25 GIUGNO 2021

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Luca Bottini
Oriana Codispoti
Filippo Maria Giordano
Federica Pieri

cittabenecomune@casadellacultura.it

iniziativa sostenuta da:
DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Le conferenze

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2019: G. Pasqui | C. Sini
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

- cultura urbanistica:
2021: programma/1,2,3,4
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori
2019: Alberto Magnaghi

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020: online/pubblicazione
2021:

C. Bianchetti, Incoraggiare rotture e nuovi germogli, commento a: Camillo Boano, Progetto Minore (LetteraVentidue, 2020)

M. Balbo, La città pensante, commento a: A. Amin, N. Thrift, Vedere come una città (Mimesis, 2020)

G. Pasqui, La ricerca è l'uso che se ne fa, commento a: P. L. Crosta, C. Bianchetti, Conversazioni sulla ricerca (Donzelli)

R.R., L'Urbanistica italiana si racconta, introduzione al video: E. Bertani (a cura di), Autoritratto di Alberto Magnaghi (Casa della Cultura 2020)

S.Saccomani, La casa: vecchie questioni, nuove domande, commento a: M. Filandri, M. Olagnero, G. Semi, Casa dolce casa? (il Mulino, 2020)

G. Semi, Coraggio e follia per il dopo covid, commento a: G. Nuvolati, S. Spanu (a cura di), Manifesto dei Sociologi e delle Sociologhe dell’Ambiente e del Territorio sulle Città e le Aree Naturali del dopo Covid-19, (Ledizioni, 2020)

R. Riboldazzi, Per una critica urbanistica, introduzione a: Città Bene Comune 2019 (Ed. Casa della Cultura, 2020)

M. Venturi Ferriolo, Contemplare l'antico per scorgere il futuro, commento a: R. Milani, Albe di un nuovo sentire (il Mulino, 2020)

S. Tagliagambe, L'urbanistica come questione del sapere, commento a: C. Sini, G. Pasqui, Perché gli alberi non rispondono (Jaca Book, 2020)

G. Consonni, La coscienza di luogo necessaria per abitare, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

E. Scandurra, Nel passato c'è il futuro di borghi e comunità, commento a: G. Attili – Civita. Senza aggettivi e senza altre specificazioni (Quodlibet, 2020)

R. Pavia, Roma, Flaminio: ripensare i progetti strategici, commento a: P. O. Ostili (a cura di), Flaminio Distretto Culturale di Roma (Quodlibet, 2020)

C. Olmo, La diversità come statuto di una società, commento a: G. Scavuzzo, Il parco della guarigione infinita (LetteraVentidue, 2020)

F. Indovina, Post-pandemia? Il futuro è ancora nelle città, commento a: G. Amendola (a cura di), L’immaginario e le epidemie (Mario Adda Ed., 2020)

G. Dematteis, Il territorio tra coscienza di luogo e di classe, commento a: A. Magnaghi, Il principio territoriale (Bollati Boringhieri, 2020)

M. Ruzzenenti, Una nuova cultura per il bene comune, commento a: G. Nuvolati, S. Spanu (a cura di), Manifesto dei sociologi e delle sociologhe dell’ambiente e del territorio sulle città e le aree naturali del dopo Covid-19 (Ledizioni, 2020)

F. Forte, Una legge per la (ri)costruzione dell'Italia, commento a: M. Zoppi, C. Carbone, La lunga vita della legge urbanistica del '42 (didapress, 2018)

F. Erbani, Casa e urbanità, elementi del diritto alla città, commento a: G. Consonni, Carta dell’habitat (La Vita Felice, 2019)

P. Pileri, Il consumo critico salva territori e paesaggi, commento a, A. di Gennaro, Ultime notizie dalla terra (Ediesse, 2018)

 

 

 

 

 

 

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