Elena Paciotti  
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LELIO BASSO E LA GIUSTIZIA


Un'altra idea del diritto



Elena Paciotti


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Ringrazio la Casa della Cultura che ha voluto ospitare questo incontro e ringrazio Magistratura Democratica che ha condiviso la nostra iniziativa.

La Fondazione Lelio e Lisli Basso per celebrare il 40° anniversario della scomparsa del suo fondatore ha avviato quest'anno un ricco programma di iniziative in varie parti d'Italia: nel luogo natale di Lelio Basso, Varazze, che gli dedicato la sala consigliare del Comune; in Sicilia, dove, nel mese di aprile, in due distinte manifestazioni Basso è stato ricordato a Palermo, come avvocato dei lavoratori e delle vittime della mafia, e a Canicattì, come avvocato dei manifestanti contro il caro-vita, vittime della strage del dicembre 1947; successivamente, a Lecce, si parlerà di Basso e la questione meridionale, quindi, in ottobre, a Modena, di Basso e il diritto internazionale e infine, in dicembre, a Roma, in un convegno internazionale di due giorni la figura di Lelio Basso sarà rivisitata sotto molteplici profili, che riguarderanno il politico socialista, il giurista, l'autorevole membro della Costituente, il teorico, l'intellettuale. Lelio era tutto questo e anche altro: fra l'altro, un appassionato bibliofilo, cui dobbiamo la preziosa e ricca biblioteca che la Fondazione Basso mantiene aperta al pubblico.

L'incontro di stasera è dedicato al rapporto fra Lelio Basso e la giustizia: Carlo Smuraglia e Bruti Liberati ne ricorderanno il ruolo innovatore, rispettivamente, come avvocato nei processi ai partigiani e come intellettuale e giurista riguardo al ruolo costituzionale della magistratura.

A me spetta segnalare il pensiero innovatore di Lelio Basso nell'idea stessa della funzione del diritto.

"C'è una irresistibile, e mai sopita, vocazione costituente che accompagna Lelio Basso per l'intero arco d'una vita che lo vide protagonista di vicende politiche e sociali, studioso e uomo d'azione insieme": con queste parole Stefano Rodotà iniziava il ricordo di Lelio Basso nel decennale della sua scomparsa, sottolineandone, fra l'altro, la partecipazione innovatrice alla redazione della Costituzione italiana e alla promozione della Dichiarazione universale dei diritti dei popoli, oltre a "le innumerevoli imprese di organizzazione culturale e politica, che si consolideranno nella Fondazione che porta il suo nome…e la "vera, grande reinterpretazione del ruolo dei diritti nel tempo di oggi".

Lelio Basso, infatti, com'è noto, era stato, fra i deputati alla Costituente, promotore e sostenitore del famoso 2° comma dell'articolo 3 della Costituzione, secondo cui

"È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese"

ed era stato anche promotore e sostenitore dell'art. 49: "Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale".

Due norme rimaste in larga parte disattese, ma non perciò meno rilevanti per definire la natura della nostra democrazia.

L'art.3, e in particolare il secondo comma, è stato definito dallo stesso Rodotà il "capolavoro istituzionale" di Basso: la sua idea di uguaglianza, che fu condivisa dall'Assemblea costituente, caratterizza in modo del tutto originale la nostra Costituzione.

Secondo Basso, al centro della democrazia ci deve essere il valore dell'essere umano, ma non l'uomo singolo dell'individualismo settecentesco e ottocentesco, ma l'uomo come essere sociale, come membro della collettività. Questa concezione era comune ad altri costituenti, in particolare ai cattolici Giorgio La Pira e Giuseppe Dossetti. Ma la vera novità, che non esisteva in nessun'altra costituzione, è la seconda parte dell'art.3 che sancisce il dovere di tutte le istituzioni di assicurare di fatto la libertà, l'uguaglianza, la partecipazione di tutti i cittadini, rimuovendo gli ostacoli di ordine economico e sociale che la limitano. È un principio che la stessa costituzione tende ad attuare sancendo il diritto allo studio, al lavoro, alla sanità, a un salario equo.

Lelio Basso non fu soltanto un appassionato uomo politico. Fu anche l'uomo di cultura che, come ha ricordato Norberto Bobbio, sosteneva: "è più importante aiutare a pensare che insegnare dei pensieri, suscitare lo spirito critico piuttosto che ammannire dei pensieri dogmi...".

Fu anche il giurista che contribuì a rifondare la cultura giuridica italiana, impregnata dell'autoritarismo e del formalismo ancora imperanti nel primo dopoguerra.

E fu soprattutto l'art. 3 ad ispirare le riflessioni e gli stimoli che Lelio Basso seppe suscitare nel mondo giuridico, in particolare in quello degli interpreti e degli applicatori delle norme, il mondo giudiziario.

Già negli anni '50, nel corso delle sue pur efficaci difese tecniche come avvocato di partigiani, minatori, contadini, ciò che colpiva tutti, magistrati, avvocati, imputati, testimoni, giornalisti era la spiegazione, semplice e colta insieme della Costituzione (Lelio era un oratore efficacissimo "chiaro, rapido, tagliente e persuasivo", per citare ancora Bobbio), di come i fondamenti democratici della Repubblica, i suoi valori e i suoi principi, influissero sull'interpretazione delle norme giuridiche, dessero dignità alla voce del popolo, legittimità ai movimenti e alle organizzazioni popolari.

Negli anni '60 Lelio Basso fu forse la sola grande figura della sinistra a cogliere il senso democratico della lotta per l'indipendenza della magistratura e, in particolare, del Consiglio Superiore della Magistratura, e fu uno dei protagonisti dell'appassionante scontro sul ruolo dei giudici che si svolse nel Congresso dell'Associazione Nazionale Magistrati del 1965, di cui vi parlerà Edmondo Bruti.

Illuminante e di grande spessore fu poi la relazione conclusiva di Basso al convegno sul tema "Giustizia e Potere", tenutosi a Chianciano nell'ottobre del 1971, che ebbe grande influenza nell'evoluzione della cultura giuridica e in particolare di Magistratura Democratica. In questa articolata, complessa, ma insieme chiarissima, relazione sono analizzati, dal punto di vista dello studioso del marxismo, gli errori commessi dal movimento operaio nel sottovalutare i problemi istituzionali e di ordinamento giuridico, così da trascurare, all'indomani della Resistenza, "una revisione abbastanza radicale e profonda della legislazione fascista", limitandosi "a ritocchi dei codici assolutamente insignificanti". "Mi sono domandato allora e mi domando ora - osservò Basso - e in seguito più volte mi è tornato in mente in altri contesti questo interrogativo, se questo atteggiamento fosse dovuto ad un marxismo piuttosto rozzo che tendeva a sottovalutare i fenomeni sovrastrutturali o se fosse invece dovuto ad un ottimismo che portava a sopravvalutare le possibilità future della sinistra".

Ricordando l'impegno di Marx in favore delle conquiste legali, in Inghilterra, dell'estensione del diritto di voto e della legislazione sulle fabbriche - non tanto perché queste leggi miglioravano la condizione dei lavoratori, quanto perché introducevano una logica nuova, la "logica socializzatrice della classe operaia" all'interno del vecchio sistema di leggi - Basso esaltò, contro ogni massimalismo e ogni empirismo, il ruolo progressista della battaglia per un nuovo diritto. Sottolineando la funzione ideologica dell'ordinamento giuridico ("cioè quella di far credere ai cittadini che essi sono tutti uguali di fronte alla legge, mentre nella realtà, nel substrato che si cerca di nascondere, i cittadini sono profondamente disuguali"), osservò: "Se noi ci limitassimo, quando leggiamo 'La legge è uguale per tutti' a dire 'non è vero'...se noi in queste frasi...vedessimo solo delle bugie e non anche la forza che se ne può trarre, avremmo commesso lo stesso errore. Attraverso questi principi generali che sono, ripeto, in contraddizione con la realtà...noi abbiamo già una prima strada di inserimento per il futuro mondo che su questi principi sarà basato, e che viene preannunciato già all'interno della vecchia società dalla loro semplice proclamazione".

Analoghe considerazioni si ritrovano in una sua più ampia relazione su "L'utilizzazione della legalità nella fase di transizione al socialismo" presentata nello stesso periodo a un simposio internazionale tenutosi anch'esso nell'ottobre del 1971 (all'epoca del governo Allende) a Santiago del Cile.

Fondamentale infatti fu per Lelio Basso l'attività internazionale: tuttora il suo nome è più noto in America Latina che in Italia.

Basso era stato un componente molto attivo (membro della giuria e relatore generale) del Tribunale Russell, un organismo indipendente non giurisdizionale, un tribunale di opinione, istituito nel 1966 per iniziativa del filosofo inglese Bertrand Russell e sotto la presidenza di Jean Paul Sartre, con lo scopo di indagare i crimini commessi dall'esercito statunitense nella guerra del Vietnam.

Dopo la morte di Bertrand Russell, Lelio Basso promosse la formazione del Tribunale Russell II sulla repressione in Brasile, Cile e America Latina, raccogliendo e ampliando una richiesta del comitato unitario dei brasiliani in esilio a Santiago, allo scopo di affrontare la questione delle violazioni dei diritti umani, dell'uso della repressione e della tortura in Brasile; poi, dopo la caduta di Allende in Cile, ampliato ai purtroppo numerosi regimi dittatoriali dell'America centro-meridionale. Il Tribunale, istituito nel novembre 1973, presieduto dallo stesso Basso, concluse i suoi lavori nel 1976, dopo aver raccolto in diverse sessioni pubbliche tenutesi a Bruxelles e a Roma, impressionanti testimonianze sull'uso della tortura come strumento di potere in quei Paesi, e sulle corresponsabilità statunitensi.

Quell'esperienza, nell'epoca ormai matura della decolonizzazione, della frantumazione degli imperi coloniali e dell'emergere di nuove soggettività dei popoli del Terzo mondo, condusse Lelio Basso a promuovere, nel duecentesimo anniversario della Dichiarazione d'Indipendenza americana, il 4 luglio 1976 ad Algeri, una grande Conferenza internazionale, che proclamò la Dichiarazione universale dei diritti dei Popoli, la quale stabilisce i diritti fondamentali dei popoli all'esistenza, alla autodeterminazione, alle risorse, alla cultura, all'ambiente, anticipando concetti e principi che successivamente saranno - almeno parzialmente - acquisiti dal Diritto internazionale.

Dall'esperienza dei Tribunali Russell Basso trasse anche l'ispirazione per la costituzione del Tribunale Permanente dei Popoli, con il compito di accertare le violazioni del diritto internazionale, dei diritti umani e dei diritti dei popoli, in assenza o nella latitanza degli organismi ufficiali di diritto nazionale o internazionale. Questo nuovo Tribunale permanente cominciò ad operare nel giugno 1979, dopo la morte improvvisa di Lelio Basso, avvenuta nel dicembre del 1978, ed è tuttora attivo. Composto da personalità autorevoli e indipendenti, che si sono distinti nella tutela dei diritti umani e dei popoli, è un organismo vitale a cui fanno riferimento numerose organizzazioni non governative di ogni parte del mondo e che sino ad oggi ha prodotto, in 45 sessioni, altrettante decisioni, sovente prese in considerazione da organismi internazionali ufficiali. Tra le ultime pronunce, vi è quella emessa a Kuala Lumpur nel settembre 2017 sul genocidio del popolo Roingya in Myanmar e quella adottata a Palermo il 20 dicembre 2017 sulla violazione dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo.

La Fondazione Lelio e Lisli Basso conserva nei suoi archivi l'imponente documentazione di queste attività, in gran parte digitalizzata e aperta al pubblico.

La "vocazione costituente" e la "radicalità democratica" - come l'ha definita Stefano Rodotà - di Lelio Basso, che era emersa chiarissima all'Assemblea costituente, lo ha accompagnato infatti per tutta la vita e lo ha portato a costituire la Fondazione che porta il nome suo e di sua moglie. La Fondazione cerca di perpetuarne l'insegnamento ed è tuttora vivace protagonista di studi e dibattiti culturali, quanto mai necessari in un'epoca in cui la superficialità e la rozzezza dell'approccio culturale nel mondo politico sembra aggravarsi in proporzione alla gravità e complessità dei problemi da affrontare.

Come nella politica, anche nel campo del diritto Lelio Basso ci ha insegnato a pensare e costruire un mondo diverso dentro il mondo presente, superando schemi mentali radicati ma falsi. Un insegnamento prezioso in un mondo sempre più dominato da spietate logiche mercantili, nel quale tuttavia non scompare la coscienza della necessità di difendere la vita, la pace, l'ambiente, la solidarietà fra i popoli contro ogni egoismo distruttivo. Basso diceva di sé: "mezzo secolo di vita partitica...è stata per me quasi sempre una vita di minoritario o addirittura di solitario". In realtà fu una solitudine limitata agli apparati ma molto affollata di attenti ascoltatori in diversi strati della società, in diverse parti del mondo.

 


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08 GIUGNO 2018

 

 

Mercoledì 6 giugno 2018
LELIO BASSO E LA GIUSTIZIA
Nel quarantennale della scomparsa di Lelio Basso un convegno ricorda il suo ruolo nel rinnovamento della cultura giuridica in Italia
Saluti di Ferruccio Capelli e Riccardo De Vito
Relazioni di Elena Paciotti, Carlo Smuraglia, Edmondo Bruti Liberati

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