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NORD VS SUD? NELLE POLITICHE PARLIAMO DI ITALIA


Commento al libro di Antonio Accetturo e Guido de Blasio



Francesco Gastaldi


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Lo scorso agosto il tema principale del libro di Antonio Accetturo e Guido de Blasio – Morire di aiuti. I fallimenti delle politiche per il Sud (e come evitarli) (IBL, 2019) – è tornato di grande attualità. Come ciclicamente avviene, l’annosa questione delle politiche di sviluppo per il Mezzogiorno ha fatto capolino nel dibattito pubblico, questa volta innescata dalla proposta sulla fiscalità di vantaggio per il Sud del ministro Giuseppe Provenzano. Già nel novembre 2019, una polemica fra il titolare del dicastero per il Sud e la Coesione Territoriale e il sindaco di Milano Giuseppe Sala aveva alimentato un’accesa discussione sul ruolo del capoluogo lombardo nei processi di sviluppo nazionale. Lo sfondo? L'eterna dicotomia tra Nord e Sud (per non dire tra Nord e intera Italia). Ora, in piena estate, nuove polemiche sono scaturite da un intervento alla Camera dello stesso ministro a proposito dell’allocazione delle risorse del recovery fund. Provenzano ha infatti dichiarato che sarebbe: "utile anche al Centro Nord un Sud che cresce ed attivi la domanda di beni e servizi" perché, in sostanza, contribuirebbe a contrastare i divari persistenti e sempre più accentuati fra Nord e Sud del Paese. Il dibattito agostano sulle misure di sviluppo per le regioni meridionali è stato così rinfocolato da numerosi interventi – fra cui quello (piuttosto articolato) del sindaco di Bergamo Giorgio Gori su “Il Foglio” – che hanno fatto emergere, ancora una volta, approcci e prospettive molto diversi, anche nello stesso Partito Democratico di cui Provenzano fa parte. Il problema è stato trattato non solo come una questione politica o tecnica sull’allocazione degli aiuti europei, ma ha riguardato la loro natura che rischia di creare le condizioni per l’ennesimo intervento di stampo assistenzialista. Proprio quelli di cui Accetturo e de Blasio documentano lo storico fallimento.

Nel 2020 ritorna dunque la vexata quaestio dello sviluppo del Mezzogiorno. Nonostante il superamento di alcuni luoghi comuni sul Sud, dagli interventi di molti attori politico-istituzionali si nota come il problema debba ancora confrontarsi con immagini stereotipate o, peggio, con impostazioni che rimandano a vecchie politiche di intervento descritte nel volume di Accetturo e de Blasio. Nel loro lavoro gli autori sostengono che il Mezzogiorno è da sempre caratterizzato da un’economia troppo dipendente dai trasferimenti pubblici alle famiglie e alle imprese e questo – dimostrano – ha certamente rappresentato una concausa delle spirali depressive che ne connotano l'economia. Attraverso un’attenta analisi dei dati disponibili, Accetturo e de Blasio fanno emergere come gli esiti di molti interventi per il Sud siano perfino più deludenti di quelli di analoghe politiche praticate in altri Paesi europei con problemi simili. Come scrive Nicola Rossi nella sua prefazione, «il pamphlet è, per certi versi e giustamente, financo impietoso nel segnalare l’inefficacia delle politiche di sviluppo territoriale. Non uno degli strumenti messi in campo dalla politica regionale dell’ultimo quarto di secolo – sottolinea Rossi – viene in qualche senso e in qualche misura risparmiato dal lavoro puntuale dei due economisti».

La questione non è nuova. Già un saggio di circa trent’anni fa di Carlo Trigilia, Sviluppo senza autonomia. Effetti perversi delle politiche nel Mezzogiorno (il Mulino, 1992), arrivava a conclusioni simili mettendo in discussione letture consolidate e stereotipate sul problema meridionale oltre che quelle soluzioni che prevedevano un impegno diretto dello Stato nell’investire risorse in forme assistenziali. Nel suo lavoro, contestato da economisti di diversa estrazione culturale e politica, Trigilia metteva in evidenza le conseguenze negative delle politiche per il Mezzogiorno messe in campo soprattutto dal dopoguerra che - sosteneva - avevano contribuito ad aggravare il problema piuttosto che favorirne la soluzione. Questo perché fondate su un sostengno alla domanda volto a stimolare la produzione e l’occupazione basato esclusivamente su processi redistributivi del reddito e su articolate azioni di welfare. Secondo Trigilia si era cioè verificata un’ipertrofia statuale nella regolazione dell’economia; erano prevalse azioni decise dal centro che prevedevano interventi indifferenziati rispetto al contesto di riferimento; si erano affermate logiche emergenziali in base alle quali erano stati legittimati provvedimenti di spesa non sempre utili.

Lo stesso autore è poi ritornato sul tema con un altro pamphlet dal titolo Non c’è Nord senza Sud. Perché la crescita dell’Italia si decide nel Mezzogiorno (il Mulino, 2012). Qui Trigilia ha sostenuto che nel corso degli ultimi decenni gli interventi centralizzati non hanno mai responsabilizzato le istituzioni locali e regionali meridionali e hanno finito per alimentare il “circolo vizioso della dipendenza”. Anche gli enti decentrati della pubblica amministrazione – a suo dire – sono stati corresponsabili di questi effetti perversi; il loro ruolo, infatti, è stato soprattutto incentrato sul sostegno dei redditi delle famiglie e su interventi di carattere assistenziale-clientelare. Non si è cioè accompagnato, se non in misura limitata, a strategie per una maggiore autonomia economico-produttiva. In altre parole, secondo l’autore la spesa pubblica ha innalzato lievemente i redditi nel Mezzogiorno ma a questo incremento non è seguita una corrispondente crescita della capacità di produzione, della dotazione infrastrutturale e dei servizi. L’intervento pubblico non è cioè riuscito ad innescare, se non in misura ridotta e limitata ad alcune aree, forme di sviluppo autonomo.

Ritornando alla posizione di Provenzano e di altri di cui abbiamo letto recentemente sui quotidiani, la domanda che dobbiamo porci è se oggi c’è ancora il rischio di alimentare questo tipo di patologia. Il pericolo che corriamo nel mettere in campo politiche territoriali per il Mezzogiorno sbagliate, infatti, è quello di spaccare ancor più il Paese. Già il pionieristico lavoro di Ilvo Diamanti sul nascere e svilupparsi della Lega Nord – non a caso intitolato Il male del Nord. Lega, localismo, secessione (Donzelli, 1996) – aveva rilevato l’emergere di una nuova “questione settentrionale” che vedeva i territori del Nord fortemente ancorati alla rivendicazione di una maggiore autonomia, oltre che di un decentramento fiscale teso a sganciarsi dal resto del Paese. Da allora, in certe fasi, il dibattito politico si è incentrato sull’efficacia degli interventi pubblici nella promozione dello sviluppo economico delle aree più svantaggiate a fronte di differenze che però hanno continuato e continuano ad aumentare, oltre che, ovviamente, sulle responsabilità della classe dirigente nazionale.

Perché, allora, non superare questo approccio e parlare solo di Italia (e delle sue articolate specificità) senza narrazioni “antiche” che rievocano politiche e prassi superate e – ormai è dimostrato – risultate al di sotto di accettabili aspettative? Credo sia arrivato il momento di lasciarsi alle spalle il dualismo Nord-Sud parlando semplicemente di Italia, delle sue differenze e necessità territoriali. Queste non riguardano solo il Sud ma un’intera nazione che, in un mondo globalizzato, deve competere con altre aree sviluppate europee ed extraeuropee. Come sostengono Accetturo e de Blasio – sulla base di un ampio apparato di dati e grafici esplicativi – il rischio di scivolare di nuovo in un inutile assistenzialismo è ancora dietro l’angolo. Nelle politiche territoriali stiamo infatti assistendo a uno scollamento tra le posizioni ufficiali della classe dirigente – che sottolinea frequentemente la volontà di promuovere comportamenti virtuosi ricorrendo a strumenti più moderni ed efficaci – e le pratiche messe in campo che, al contrario, tendono a favorire meccanismi di acquisizione di risorse facilmente spendibili in opere non sempre prioritarie ma capaci di generare un facile, ma sul lungo periodo illusorio, consenso.

Francesco Gastaldi

 

 

N.d.C. - Francesco Gastaldi è professore associato di Urbanistica all'Università Iuav di Venezia. Laureato in architettura all'Università degli Studi di Genova, ha conseguito il dottorato di ricerca in Pianificazione territoriale e sviluppo locale al Politecnico di Torino. Svolge attività di ricerca su temi riguardanti le politiche di sviluppo locale, la gestione urbana, le vicende urbanistiche della città di Genova dal dopoguerra a oggi. È autore di articoli, saggi e libri.

Per Città Bene Comune ha scritto: Gentrification. Tutte le città come Disneyland (9 giugno 2016); Urbanistica per i distretti in crisi (15 giugno 2017); Un governo del territorio per il Veneto? (20 luglio 2018).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

04 SETTEMBRE 2020

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, il paesaggio e la cultura del progetto urbano, paesistico e territoriale

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Le conferenze

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2018: Cesare de Seta
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- cultura urbanistica:
 
- cultura paesaggistica:

 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
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Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020:

R. Leggero, Curare l'urbano (come fosse un giardino), commento a:M. Martella, Un piccolo mondo, un mondo perfetto (Ponte alle Grazie, 2019)

E. Zanchini, Clima: l'urbanistica deve cambiare approccio, commento a: M. Manigrasso, La città adattiva (Quodlibet, 2019)

A. Petrillo, La città che sale, commento a: C. Cellamare, Città fai-da-te (Donzelli, 2019)

A. Criconia, Pontili urbani: collegare territori sconnessi, commento a: L. Caravaggi, O. Carpenzano (a cura di), Roma in movimento (Quodlibet, 2019)

F. Vaio, Una città giusta (a partire dalla Costituzione), commento a: G. M. Flick, Elogio della città? (Paoline, 2019)

G. Nuvolati, Città e Covid-19: il ruolo degli intellettuali, commento a: M. Cannata, La città per l’uomo ai tempi del Covid-19 (La nave di Teseo, 2020)

P. C. Palermo, Le illusioni del "transnational urbanism", commento a: D. Ponzini, Transnational Architecture and Urbanism (Routledge, 2020)

V. Ferri, Aree militari: comuni, pubbliche o collettive?, commento a: F. Gastaldi, F. Camerin, Aree militari dismesse e rigenerazione urbana (LetteraVentidue, 2019)

E. Micelli, Il futuro? È nell'ipermetropoli, commento a: M. Carta, Futuro. Politiche per un diverso presente (Rubbettino, 2019)

A. Masullo, La città è mediazione, commento a: S. Bertuglia, F. Vaio, Il fenomeno urbano e la complessità (Bollati Boringhieri, 2019)

P. Gabellini, Suolo e clima: un grado zero da cui partire, commento a: R. Pavia, Tra suolo e clima (Donzelli, 2019)

M. Pezzella, L'urbanità tra socialità insorgente e barbarie, commento a: A. Criconia (a cura di), Una città per tutti (Donzelli, 2019)

G. Ottolini, La buona ricerca si fa anche in cucina, commento a: I. Forino, La cucina (Einaudi, 2019)

C. Boano, "Decoloniare" l'urbanistica, commento a: A. di Campli, Abitare la differenza (Donzelli, 2019)

G. Della Pergola, Riadattarsi al divenire urbano, commento a: G. Chiaretti (a cura di), Essere Milano (enciclopediadelle
donne.it, 2019)

F. Indovina, È bolognese la ricetta della prosperità, commento a: P. L. Bottino, P. Foschi, La Via della Seta bolognese (Minerva 2019)

R. Leggero, O si tiene insieme tutto, o tutto va perduto, Commento a: M. Venturi Ferriolo, Oltre il giardino (Einaudi, 2019)

L. Ciacci, Pianificare e amare una città, fino alla gelosia, commento a: L. Mingardi, Sono geloso di questa città (Quodlibet, 2018)

L. Zevi, Forza Davide! Contro i Golia della catastrofe, commento a: R. Pavia, Tra suolo e clima (Donzelli, 2019)

G. Pasqui, Più Stato o più città fai-da-te?, commento a: C.Cellamare, Città fai-da-te (Donzelli, 2019)

M. Del Fabbro, La casa tra diritto universale e emancipazione, commento a: A. Tosi, Le case dei poveri (Mimesis, 2017)

A. Villani, La questione della casa, oggi, commento a: L. Fregolent, R. Torri (a cura di), L'Italia senza casa (FrancoAngeli, 2018)

P. Pileri, Per fare politica si deve conoscere la natura, commento a: P. Lacorazza, Il miglior attacco è la difesa (People, 2019)

W. Tocci, La complessità dell'urbano (e non solo), commento a: C. S. Bertuglia, F. Vaio, Il fenomeno urbano e la complessità (Bollati Boringhieri, 2019)

S. Brenna, La scomparsa della questione urbanistica, commento a: M. Achilli, L'urbanista socialista (Marsilio, 2018)

L. Decandia, Saper guardare il buio, commento a: A. De Rossi (a cura di), Riabitare l'Italia (Donzelli 2018)

 

 

 

 

 

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