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QUALI POLITICHE PER LE CITTÁ?
Commento al primo rapporto di Urban@it
Arturo Lanzani
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Nel dicembre del 2014 nasce a Bologna il Centro nazionale di studi per le politiche urbane Urban@it promosso da nove sedi universitarie e da altri tre soggetti: Anci, Società italiana degli urbanisti, Laboratorio urbano. Il centro, presieduto da Alessandro Balducci, si propone di contribuire a stabilire un rapporto forte e di reciproco nutrimento tra il mondo della ricerca, le istituzioni, il mondo sociale ed economico e la cittadinanza attiva sul tema delle politiche urbane. Rapporto sulle città. Metropoli attraverso la crisi è il primo rapporto dell'associazione. Edito da il Mulino nel 2016, è curato da Marco Cremaschi e raccoglie contributi elaborati da diversi docenti e ricercatori universitari.
Il volume è articolato in cinque parti. L'introduzione del curatore - La città è la soluzione - esplicita l'ipotesi di fondo del rapporto: la città - nella sua particolare e distintiva forma in Italia e in Europa - va messa al centro della ricerca e delle politiche, perché la città può dare risposta a molte delle difficoltà attraversate dal nostro continente e dal nostro paese. Per gli autori infatti passa soprattutto dalla città, da una nuova politica delle città, una trattazione positiva della sempre più rilevante crisi ambientale, della stagnazione economica e del bisogno di innovazione, dei problemi di riconoscimento di una nuova cittadinanza a popolazioni sempre più diverse (per origine, stabilità di lavoro, rapporto con lo spazio) ed infine del contrasto alle condizioni di disagio sociale e della nuova povertà abitativa. Questa considerazione del tutto ragionevole - ma invero assunta in tutto il rapporto più come un postulato che come un'ipotesi argomentata - trova già nell'introduzione due elementi, per altro da subito esplicitati dagli autori, che la rendono problematica. Il primo è dato dall'assenza in Italia di un Ministero, di un'Agenzia, di assessorati regionali che si occupino di città e di politiche urbane (a fronte della forza di istituzioni analoghe in altri paesi), nonché dalla marginalità che, anche in sede europea, hanno le tematiche urbane. Il secondo è dato dalla difficoltà attuale di definire (ovunque) ciò che è città, ciò che è urbano, nonché dalla complessità di specificare i tratti della città in Europa e nel nostro paese (nonostante se ne evidenzi da subito il suo essere "diversamente urbano"). Incrociandosi, le due difficoltà generano una "torsione" assai problematica nel filo conduttore del volume: infatti, dopo aver aperto sull'articolazione della città e dell'urbano, il testo - nella ricerca di un referente, ancorché debole - focalizza la sua attenzione sulle sole nuove istituzioni metropolitane e sui fondi comunitari per le aree metropolitane, per poi riaprire a conclusione - in modo un poco incerto e spiazzante - sui modelli di agende urbane nel mondo.
Il primo capitolo - Le trasformazioni delle città italiane di Valeria Fedeli, Camilla Perrone, Giovanna Marconi, Stefano Munarin et al. - fornisce un quadro di conoscenze sul fenomeno urbano in Italia con una scelta netta e precisa: quella di partire dall'esame di tre ricerche universitarie nazionali attualmente in corso. Nella sua parzialità la mossa risulta comunque vincente perché, nel dare conto dello stato degli studi sul tema, restituisce un quadro piuttosto preciso della realtà che ci circonda. La prima ricerca - Territori postmetropolitani come forme urbane emergenti: le sfide della sostenibilità, abitabilità e governabilità - muove dalle ipotesi di Brenner e di Soja su una emergente condizione di urbanizzazione planetaria e postmetropolitana e procede attraverso un lavoro prevalentemente quantitativo per "tasselli" e "corridoi". Essa evidenzia: a) una condizione chiaramente postmetropolitana e di urbanizzazione regionale a Milano e Napoli; b) la natura tipicamente regionale dell'urbano in Veneto e Toscana poco correlabile alla figura metropolitana c) il modello più classicamente metropolitano di Torino e Roma; d) la presenza di diverse forti urbanizzazioni esterne al disegno concettuale e/o istituzionale metropolitano addensate lungo alcuni corridoi. L'osservazione congiunta di indicatori semplici e complessi fa emergere la debolezza delle classiche immagini del rapporto tra centro e periferia che, congiuntamente a quelle dei territori urbanizzati appena descritti, devono far riflettere in modo non banale sulle tre questioni urbane maggiormente indagate: quella del riconoscimento di una nuova cittadinanza, quella di una nuova questione sociale e quella di una sempre più forte crisi ambientale.
La seconda ricerca - Piccoli comuni, multiculturalità e governo delle differenze - fa emergere come quote di immigrati superiori al 25% si trovino solo nei piccoli comuni (a fronte di una media nazionale attorno all'8%) ed evidenzia una crescente tendenza degli immigrati a insediarsi nei comuni intra metropolitani, nei territori dell'urbanizzazione legata ai distretti economico-produttivi, nelle aree interne. Attraverso un'analisi qualitativa essa mette in luce come la casa accessibile e la facilità ad orientarsi nei meno complessi meandri dell'amministrazione comunale e tra poche figure nodali (associative, assistenziali, ecc…) siano i principali fattori attrattivi dei piccoli comuni della provincia, specialmente per immigrati impegnati nei ricongiungimenti familiari. In questi contesti emerge pertanto un "multiculturalismo di fatto", a cui manca forse - secondo gli autori della ricerca - una "spinta interculturale", ma non fa difetto - a parere di chi scrive - un emergere più laico e impegnativo di mutue convenienze (ad esempio tra proprietari di case, commercianti, famiglie italiane con figli in età scolare e immigrati). Che si condivida o meno il passaggio da una cultura della accoglienza a una cultura delle differenze, sta di fatto che questa ricerca mette in discussione alcuni luoghi comuni, primo tra tutti quello sul nesso forte tra centri metropolitani di immigrazione e società delle differenze. Anzi l'estrema visibilità e presenza delle differenze nei paesi di piccole dimensioni - nelle loro uniche piazze, nei campetti di calcio o nelle scuole - porta quasi a ribaltare la nostra visione del fenomeno, mentre l'importanza sia per le istituzioni che per i nuovi immigrati di coltivare reti nell'area vasta mette in crisi l'idea stessa di una dimensione sovracomunale ristretta a una sola e stantia area metropolitana.
Infine la terza ricerca - Re-cycle Italy -, focalizzandosi non su un territorio o su una questione ma su un concetto, costringe a riflettere sulla necessità di pensare le politiche urbane dentro un paradigma radicalmente diverso da quello della crescita, della reiterata costruzione di manufatti edilizi che ha caratterizzato l'urbanizzazione degli ultimi decenni. Il suo "viaggio in Italia" evidenzia una pluralità di "paesaggi dell'abbandono" e attraverso questi la possibilità, se non la necessità, di pensare ai "nuovi cicli di vita" che possono interessare non solo singoli manufatti e infrastrutture, ma anche più complesse (vecchie e nuove) strutture urbane, reinventando l'esistente o anche solo ritrovandolo.
Le tre ricerche nel loro insieme ampliano, pluralizzano e ritematizzano radicalmente - seppur in modi incerti e procedendo per tentativi - la nostra geografia della città e dell'urbano, delineando "una questione urbana multiforme, multilocale, multiscalare". A fronte di questa "apertura", invece, il capitolo successivo - Innovazione. La riforma del governo locale di Valentina Orioli, Nicola Martinelli e Daniela De Leo -, muovendo dalla necessità di identificare un aggancio a un'istituzione delle possibili politiche urbane, ci riporta al limitativo "ridotto" delle 10 (+ 4) città metropolitane con il loro 30% (36%) della popolazione nazionale (su una superficie inferiore al 10% della superficie totale). Agli autori del rapporto di Urban@it non sfugge la rilevanza quantitativa e qualitativa del territorio esterno a quello delle città metropolitane (sia esso altamente urbanizzato o no), né la necessità di riconcettualizzare l'intero sistema urbano italiano (come per altro sostenuto da più autori in G. Calafati, Città tra sviluppo e declino. Un'agenda urbana per l'Italia, Donzelli 2015), né l'inadeguatezza (ora in eccesso, ora in difetto) dei confini individuati per le stesse città metropolitane rispetto alle dinamiche che possiamo solo eventualmente definire metropolitane. Tuttavia la riflessione svolta in questo capitolo, così focalizzata sugli ambiti del rinnovamento istituzionale, sembra quasi dimenticarsene. Il testo si dedica allora a ricostruire - con indubbia utilità - il procedere plurale degli statuti delle città metropolitane, non solo nel riconoscimento del ruolo del sindaco ma anche nel modo con cui sembrano venir interpretati i due principali strumenti di pianificazione individuati dalla legge: il Piano strategico e il Piano territoriale metropolitano. Della pianificazione strategica si evidenzia il rischio che la sua obbligatorietà e valenza triennale si riduca a un procedimento amministrativo di routine, anziché essere un processo di costruzione di una visione tra diversi attori pubblici e privati e di alcune azioni specifiche ad essa coerenti. Della pianificazione territoriale generale si sottolinea invece il possibile ambiguo ondeggiare tra il poter essere - per i più - riduttivo strumento di coordinamento (come il vecchio Piano territoriale provinciale), oppure il configurarsi come strumento effettivo di governo del territorio: una sorta di piano strutturale elaborato alla giusta e confacente dimensione territoriale, un piano non privo di aspetti conformativi degli usi del suolo, dove possono trovare spazio tanto quel classico rapporto tra politica degli usi del suolo e della mobilità quanto quelle esigenze sempre più forti di disegno ambientale e paesaggistico difficilmente affrontabili alla scala comunale.
Il capitolo si chiude con l'individuazione di quello che parrebbe essere - per gli autori e anche per chi scrive - uno dei nodi centrali perché davvero si avvii una qualche reale riforma del governo locale (metropolitano, ma si potrebbe dire dell'intero sistema urbano): la possibilità di accedere a una forma non banale di conoscenza scientifica realmente utilizzabile e la necessità di intervenire sulla capacitazione istituzionale, compromessa - a nostro parere - non solo dai tagli alle nuove assunzioni di personale, e dunque dalla debolezza delle strutture burocratiche provinciali a cui si appoggia il nuovo ente, ma anche dalla burocratizzazione prodotta dalla cosiddetta "semplificazione normativa", dalla mancata valorizzazione del lavoro per progetti, dalla criminalizzazione del ricorso ad ogni forma di consulenza esterna alla pubblica amministrazione. Nel rapporto manca anche un chiaro riferimento a una seconda ragione che a nostro giudizio limita ancor di più ogni possibilità di governo strategico e di pianificazione generale del territorio: l'individuazione di alcune politiche di settore statali e regionali e di alcune agenzie pubbliche o semipubbliche (Anas, Rfi, Unità di missione sull'Italia sicura, Multiutility, ecc) la cui azione dovrebbe essere intercettata in modi non puramente volontaristici dal governo metropolitano se davvero si vuole che maturi qualche disegno d'insieme reale e qualche azione concreta rilevante.
In questo crescendo verso una possibile operatività, il penultimo capitolo del libro - Risorse. Fondi comunitari per le città metropolitane di Gabriele Pasqui, Paola Briata e Giovanni Laino - opera un'ulteriore riduzione - che al lettore può apparire al tempo stesso necessaria e paralizzante - facendo riferimento al Programma operativo nazionale "Città metropolitane 2014-2020" (Pon metro) con i suoi 892 milioni di euro per le politiche metropolitane da ripartirsi in quattro ambiti: agenda digitale metropolitana, sostenibilità ambientale dei servizi e della mobilità urbana, servizi per l'inclusione sociale, infrastrutture per l'inclusione sociale. Anche in questo caso il testo - lucidamente, ma come in tutto il libro, con un eccesso di pudore - sottolinea alcune questioni aperte e problematiche che vanno al di là dei quei quattro ambiti tematici. Due fra tutte. La prima è il non scontato coordinamento tra ciò che le Regioni dovranno delineare con i Piani operativi regionali (Por) - che devono destinare almeno il 5% delle risorse ad azioni integrate gestite dalle città - e i Pon metro. Da una prima ricognizione sembra addirittura emergere un ventaglio abbastanza illogico di opzioni regionali con sovrapposizioni talora eccessive o totale indifferenza tra i due strumenti rispetto. La seconda è l'assegnazione di queste risorse alle sole città capoluogo delle aree metropolitane in evidente contrasto con ogni idea di territorio metropolitano e in coerenza, forse, con un'implicita politica di ricentralizzazione perseguita di fatto nell'ultimo decennio su più fronti.
Nello stesso capitolo ritroviamo poi altri due ordini di considerazioni ampiamente condivisibili. Il primo riguarda l'evidenziazione di una duplice difficoltà nel fare una politica urbana oggi. Da un lato per una crisi che è sia della politica sia delle politiche urbane e che è dovuta tanto all'esaurirsi della spinta innovativa dei sindaci direttamente eletti oltre che di una leadership sicura e affidabile, tanto ad alcuni errori di disegno delle politiche messe in campo a cavallo degli anni novanta e l'inizio del nuovo secolo. Dall'altro, per una nota e atrofizzante crisi fiscale e gestionale degli enti locali e un meno noto sempre più difficile operare per obiettivi non solo per limiti culturali e organizzativi interni, ma anche per l'ottusità di molte norme comunitarie e per la burocratizzazione generata dalla maggior parte delle recenti riforme. Queste, infatti, appaiono spesso caratterizzate da un'ossessionante volontà di controllo centrale più che dalla preoccupazione di rendere più snello ed efficiente il lavoro delle istituzioni locali. Il secondo insieme di considerazioni riguarda uno dei contenuti del Pon metro, quello relativo al disagio e alla crisi abitativa. Nei primi progetti attuati sulla base del Programma operativo nazionale pare emergere un'interessante integrazione tra la formazione di agenzie per la casa - o, più specificatamente, agenzie sociali per la casa capaci di intercettare differenti esigenze abitative e, almeno in parte, quelle delle stesse proprietà immobiliari - e misure per il recupero di ingenti quote di edilizia pubblica abbandonata a favore dei soggetti più svantaggiati. Ciò che manca in questo capitolo, però, è una chiara denuncia del rischio che tutto ciò si traduca nell'occasione per attivare solo per alcune città capoluogo qualche più o meno virtuosa consistente politica urbana tra le tante altre politiche urbane che sarebbero necessarie. Manca cioè una riflessione critica sulle condizioni che potrebbero generare un ripensamento e la reinvenzione di politiche urbane che comportano tanta spesa ordinaria, un ragionamento propositivo su come queste possano confrontarsi se non con la complessità dell'urbano in Italia almeno con quello delle stesse discutibili città metropolitane, qualche considerazione su un possibile e necessario intreccio con rilevanti politiche nazionali che procedono invece nella massima settorialità, siano esse quelle infrastrutturali, quelle relative alla gestione del demanio pubblico o all'edilizia scolastica.
Il lettore potrebbe attendersi queste e altre considerazioni critiche oltre che una conclusione propositiva alla fine del testo. L'ultimo capitolo del libro, invece - Modelli. Le agende urbane nazionali ed europea di Francesca Gelli -, si occupa d'altro. Qui l'autrice si sofferma infatti sullo strumento dell'agenda urbana facendo riferimento a nazioni ed epoche differenti - dagli Stati Uniti degli anni sessanta, al Brasile di Lula, dalla Francia all'Olanda - o a diverse culture politiche dell'Ue e degli Usa, o ancora a riflessioni sulle possibili forme di pianificazione. L'autrice sottolinea giustamente come la pur fertile nozione di agenda urbana - intesa come "quadro di senso" per le politiche urbane - rimanga per molti versi evanescente: il rischio che le agende urbane si esauriscano in una lista di misure ricondotte ad un ovattato "mainstream" pare evidente in particolare nell'Ue e in Italia. Nel testo si evidenzia cioè il complicato intreccio che viene dal contributo di attori politici, competenze "esperte" e apparato burocratico e la possibilità che questo non determini un effettivo orientamento strategico. Manca invece un qualche tentativo di chiarire le possibili relazioni tra ciò che chiamiamo agenda - come possibile "visione" o "scenario" di futuro delle diverse realtà urbane o metropolitane - e la concretezza dei progetti e delle azioni già in atto e ridefinibili o attivabili. La nostra impressione è dunque quella di una chiusura del testo che, pur di un certo interesse, si allontana progressivamente dagli intenti iniziali del Rapporto. Sembra cioè parzialmente tradito lo sforzo di attivare una forma di conoscenza capace di "far presa" su quanti si occupano, con diversi ruoli del governo dei territori ponendo con chiarezza la necessità di mettere al centro delle politiche territoriali le città, specificando in che forma e in quale modo queste - grazie ad opportune azioni - potrebbero dare risposte concrete alle molte difficoltà del nostro paese.
Per concludere, quello di Urban@it è un testo importante e utile perché cerca di far rete tra iniziative di ricerca spesso frammentate con l'obiettivo da un lato di stimolare una politica attiva per le città del nostro paese, dall'altro di evitare derive autoreferenziali troppo frequenti in ambito universitario. Il testo, tuttavia, pur muovendo da questi intenti condivisibili, sembra soffrire di tre contraddizioni e limiti che ne riducono il possibile ruolo generativo. In primo luogo, come si è già segnalato, dopo aver colto la necessità di una coraggiosa riconcettualizzazione dell'urbano - ammesso e non concesso che nel nostro paese si possano e debbano distinguere le politiche urbane da quelle territoriali - l'attenzione a individuare un possibile aggancio istituzionale e di finanziamenti non ancora del tutto allocati porta a concentrarsi su un solo livello istituzionale e su un insieme di possibili politiche relative a poche città capoluogo, quelle delle città metropolitane. Il tutto senza sottolineare a sufficienza l'effettiva irrilevanza di quelle stesse politiche e risorse per le questioni urbane nazionali e senza mettere in discussione il significato reale di una simile concentrazione di risorse in aree circoscritte. In secondo luogo, l'attenzione per il Pon metro e il Por regionali sembra lasciare in secondo piano il fatto che una possibile politica integrata - come dovrebbero esserle quelle per le città e il territorio - passi soprattutto attraverso un ripensamento delle politiche ordinarie già in atto in senso multifunzionale e territorializzato, più che per qualche politica straordinaria più o meno articolata. Per far ciò sarebbe stato necessario non solo soffermarsi su ciò che già si sta facendo con queste politiche nel tentativo di generare una qualche modesta interferenza ma anche, più in generale, esprimere un qualche giudizio critico sul governo della città e del territorio che di fatto si è consolidato in Europa e nel nostro paese, alla luce ora di qualche immagine influente ora di prassi consolidate. Sarebbe stato cioè necessario - a parere di chi scrive - un più forte indirizzo critico in ambito normativo e progettuale, capace di far emergere eventuali alternative e argomentandone le rispettive ragioni. In assenza di ciò, contributi pregevoli come questo di Urban@it paiono condannare il cosiddetto "sapere esperto" e, più in generale, la ricerca scientifica a fornire un supporto timido e limitato alla politica in un momento in cui, al contrario, esso dovrebbe fornire stimoli forti (seppur mai velleitari e sganciati da una lettura delle dinamiche in atto) per attivare qualche possibile residua istanza di governo dei fenomeni urbani e territoriali da parte delle istituzioni pubbliche. Questo contribuirebbe a evitare il perdurare - a livello nazionale e in molte città - di quella che pare essere una mellifua governance urbana, sempre più condizionata dalla presenza di immagini retoriche poco o nulla discusse per le loro effettive implicazioni (si pensi a quella della smartcity) e dalla composizione di interessi particolari sulle scelte più rilevanti che le città devono affrontare.
Arturo Lanzani
NdC - Arturo Lanzani, urbanista e geografo, è professore ordinario al Politecnico di Milano.
Tra le sue pubblicazioni: Il territorio al plurale. Interpretazioni geografiche e temi di progettazione territoriale in alcuni contesti locali (Milano: FrancoAngeli, 1991); con S. Boeri e E. Marini, Il territorio che cambia. Ambienti, paesaggi e immagini della regione milanese (Milano: Abitare Segesta, 1993); Immagini del territorio e idee di piano, 1943-1963. Dagli approcci generalizzanti all'interpretazione dei contesti locali (Milano: F. Angeli, 1996); (a cura di), Dare spazio alle differenze. Insediamento e presenza straniera nella provincia di Lecco. Rapporto 2002 (Milano: Fondazione ISMU, 2003); I paesaggi italiani (Roma: Meltemi, 2003, 2008); (a cura di) con V. Fedeli, Il progetto di territorio e paesaggio. Cronache e appunti su paesaggi/territori in trasformazione, Atti della VII Conferenza della Società Italiana degli Urbanisti (Milano : F. Angeli, 2004); (a cura di), con S. Moroni, Città e azione pubblica. Riformismo al plurale (Roma: Carocci, 2007); (a cura di), In cammino nel paesaggio. Questioni di geografia e urbanistica (Roma: Carocci, 2011); con G. Pasqui, L'Italia al futuro. Città e paesaggi, economie e società (Milano: FrancoAngeli, 2011); con A. Alì, D. Gambino, A. Longo, A. Moro, C. Novak, F. Zanfi, Quando l'autostrada non basta. Infrastrutture, paesaggio, urbanistica nel territorio pedemontano lombardo (Macerata: Quodlibet, 2013); Città, territorio, urbanistica tra crisi e contrazione. Muovere da quel che c'è, ipotizzando radicali modificazioni (Milano: FrancoAngeli, 2015).
Circa l'ultimo libro di Arturo Lanzani - di cui si è discusso alla Casa della Cultura nell'ambito della IV edizione di "Città Bene Comune" con Roberto Camagni, Giuseppe Civati e Anna Marson - vedi i commenti di Gabriele Pasqui (Pensare e fare urbanistica, oggi), Rosario Pavia (Il suolo come infrastruttura ambientale), e Marco Romano (I nemici della libertà).
NB. I grassetti nel testo sono nostri.
RR
© RIPRODUZIONE RISERVATA 14 SETTEMBRE 2016 |
CITTÀ BENE COMUNE
Ambito di dibattito sulla città, il territorio e la cultura del progetto urbano e territoriale
a cura di Renzo Riboldazzi cittabenecomune@casadellacultura.it
Gli incontri
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Interventi, commenti, letture
- M. Romano, I nemici della libertà commento a: A. Lanzani, Città territorio urbanistica tra crisi e contrazione (FrancoAngeli, 2015)
- F. Mancuso, Identità e cittadinanza nelle piazze d'Europa, commento a: M. Romano, La piazza europea (Marsilio, 2015)
- S. Tintori, Metropoli o città metropolitana? Verso l'irrazionale, lo spontaneo, il primitivo, l'immateriale.
- A. Villani, Progettare il futuro o gestire gli eventi? Le origini della pianificazione della città metropolitana
- L. Meneghetti, Città metropolitana, policentrismo, paesaggio
- A. Monestiroli, Quando è l'architettura a fare la città. Cosa ho imparato da Milano
- F. Ventura, Urbanistica: né etica, né diritto, commento a: S. Moroni, Libertà e innovazione nella città sostenibile (Carocci, 2015)
- G. Ottolini, Arte e spazio pubblico, commento a: A. Pioselli, L'arte nello spazio pubblico (Johan & Levi, 2015)
- G. Laino, Se tutto è gentrification, comprendiamo poco, commento a: G. Semi, Gentrification. Tutte le città come Disneyland? (il Mulino, 2015)
- F. Gastaldi, Gentrification. Tutte le città come Disneyland?, recensione del libro di G. Semi (il Mulino, 2015)
- G. Consonni, Un pensiero argomentante, dialogico, sincretico, operante, commento a G. Becattini, La coscienza dei luoghi (Donzelli, 2015)
- V. Gregotti, Bernardo Secchi: il pensiero e l'opera
- R. Pavia, Il suolo come infrastruttura ambientale. Commento a: A. Lanzani, Città territorio urbanistica tra crisi e contrazione (FrancoAngeli, 2015)
- G. Tagliaventi, L'arte della città 100 anni dopo. Commento a: R. Milani, L'arte della città (il Mulino, 2015)
- A. Villani, Disegnare, prevedere, organizzare le città…, Commento a: F. La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- R. Milani, Per capire bisogna toccare, odorare, vedere... , Commento a: F. La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- M. Ponti, Il paradiso è davvero senza automobili? Commento a: A. Donati e F. Petracchini, Muoversi in città (Ed. Ambiente, 2015)
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- J.Gardella, Mezzo secolo di architettura e urbanistica, dialogo immaginario sulla mostra "Comunità Italia", Triennale di Milano, 2015-16
- G.Pasqui, Pensare e fare Urbanistica oggi, recensione a A.Lanzani, Città territorio urbanistica tra crisi e contrazione (Franco Angeli, 2015)
- L.Colombo, Urbanistica e beni culturali, Riflessione a partire da La Cecla, Moroni e Montanari
- L.Meneghetti, Casa, lavoro, cittadinanza. Seconda parte
- F.Ventura, Urbanistica: tecnica o politica?, commento a: L. Mazza, Spazio e cittadinanza (Donzelli, 2015)
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- S.Moroni, Governo del territorio e cittadinanza, commento a L.Mazza, Spazio e cittadinanza.(Donzelli, 2015)
- P.Berdini, Quali regole per la bellezza della città?, commento a S.Moroni, Libertà e innovazione nella città sostenibile (Carocci, 2015)
- R.Riboldazzi, Perchè essere 'pro' e non 'contro' l'Urbanistica, commento a F.La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- P. Maddalena, Addio regole. E addio diritti e bellezza delle città, prefazione a: P. Berdini, Le città fallite (Donzelli, 2014)
- S. Settis, Beni comuni fra diritto alla città e azione popolare, introduzione a: P. Maddalena, Il territorio bene comune degli italiani (Donzelli, 2014)
- L. Meneghetti, Casa, lavoro cittadinanza. Il nodo irrisolto dell'immigrazione nelle città italiane
- M. Romano, Urbanistica: 'ingiustificata protervia', recensione a: S. Moroni, Libertà e innovazione nella città sostenibile (Carocci, 2015)
- P. Pileri, Laudato si': una sfida (anche) per l'urbanistica, commento all'enciclica di Papa Francesco (2015)
- P. Maddalena, La bellezza della casa comune, bene supremo. Commento alla Laudato si' di Papa Francesco (2015)
- S. Settis, Cieca invettiva o manifesto per una nuova urbanistica? Recensione a: F. La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- V. Gregotti, Città/cittadinanza: binomio inscindibile, Recensione a: L. Mazza, Spazio e cittadinanza (Donzelli, 2015)
- F. Indovina, Si può essere 'contro' l'urbanistica? Recensione a: F. La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- R. Riboldazzi, Città: e se ricominciassimo dall'uomo (e dai suoi rifiuti)? Recensione a: R. Pavia, Il passo della città (Donzelli 2015)
- R. Riboldazzi, Suolo: tanti buoni motivi per preservarlo, recensione a: P. Pileri, Che cosa c'è sotto (Altreconomia, 2015)
- L. Mazza, intervento all'incontro con P. Maddalena su Il territorio bene comune degli italiani (Donzelli, 2014)
- L. Meneghetti, Dov'è la bellezza di Milano? , commento sui temi dell'incontro con P. Berdini su Le città fallite(Donzelli, 2014)
- J. Muzio, intervento all'incontro con T. Montanari su Le pietre e il popolo(mimum fax, 2013)
- P. Panza, segnalazione (sul Corriere della Sera dell'11.05.2014)
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