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FILOSOFIA E VITA PUBBLICA


Segnare il tempo con un nostro pensiero filosofico.






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Antonio Gramsci dava una importanza rilevante alla formazione di un senso comune educato alla conoscenza del mondo sociale, dalle sue forme dominanti e del ruolo che aveva ricoperto nella propria vita. Dal punto di vista della sua opera intellettuale questo tema lo si può pensare in parallelo con la concezione della "egemonia culturale". Il proprio mondo, nelle sue complesse radici storiche, non si può trasformare con una avanguardia storicamente consapevole, alla cui azione avrebbe poi fatto seguito la coerenza operativa di una classe sociale. La politica, come forma contemporanea della direzione sociale, esige, al contrario, un consenso e una persuasione diffusi. Le due posizioni nella vita di Gramsci appartengono la prima alla sua giovinezza politica e all'orientamento dell'"Ordine Nuovo", la seconda alla critica relativa al fallimento storico di quella prospettiva politica, critica maturata negli anni passati nel carcere fascista. 

Ho preso questo esempio per aprire il discorso che, sviluppato, conduce direttamente al ricordo dei due modelli essenziali in cui la riflessione teorica ha avuto la sua relazione importante con la vita civile nella sua forma tipica dell'azione politica come direzione della vita civile. Semplificando molto si può dire che le strade fondamentali sono due: quella dominata dall'umanesimo pragmatico dalla cultura anglosassone e quella che deriva da un umanesimo della virtù sociale personale, epilogo di un illuminismo di tradizione francese che ha il suo momento centrale e operativo nella rivoluzione del '89. Gli elementi filosofici delle due grandi tradizioni hanno caratteristiche profondamente differenti che saranno ragione di opposizione e di conflitto nell'epoca moderna. 

La tradizione inglese ha una lunga storia le cui radici sono nella volontà della classe mercantile che vuole che il Parlamento, dove vi è la sua rappresentanza, amplifichi il suo potere politico limitando, al contrario, quello della corona. Il famoso "compromesso" di Locke riuscì a dare un ordine politico al paese, all'interno del quale si svilupparono evolutivamente quegli elementi istituzionali che a Montesquieu apparvero il punto più avanzato della cultura politica, con la famosa tripartizione tra potere legislativo, esecutivo, giudiziario. Il pensiero, la filosofia nasceva in questa congiuntura come autoriconoscimento ideale che un ceto sociale rilevante aveva di se stesso. Il filosofo trova i suoi argomenti dalla esperienza del suo mondo sociale che è la base materiale del suo pensiero. È una corrente ideale che ha al suo centro la libertà dell'individuo, la valorizzazione delle sue intraprese e parallelamente il riconoscimento dei suoi diritti. La centralità della libertà individuale (che nasce su una base economica) diviene un elemento filosoficamente così rilevante che Stuart Mill, temendo che il costume sociale predominante finisse col reprimere l'inventiva dell'individuo, scrisse il suo libro fondamentale sulla libertà. Liberismo economico (Stuart Mill era anche un celebre economista) e individualismo etico costituirono una linea costante del rapporto tra pensiero teorico e realtà sociale, naturalmente con equilibri sociali differenti, e talora opposti, tra una politica che favorisce i grandi interessi economici o, al contrario, sostiene elementi di equità e di giustizia nell'azione sociale. È un mondo dove un sostanziale pragmatismo individualistico, mitigato talora nei suoi effetti più dannosi, costituisce un ?pensiero" condiviso. E la filosofia, in una lunga vicenda, è divenuta un tessuto sociale, al di là dello specialismo universitario.

Tutt'altra tradizione quella che filosoficamente attribuisce nella vita sociale il primo posto alla politica che ha il suo centro di direzione nella struttura dello stato. Com'è sapere comune è stato Popper che ha tracciato una linea ideale negativa da Platone (spregiatore del demos) a Hegel (idealizzatore della figura centrale del re) come filosofie oppressive della vita sociale, delle sue iniziative autonome e delle sue libertà individuali. Questa prospettiva che valorizza l'autonomia filosofica del potere politico ha soprattutto la sua radice storica in una importante "deriva" illuminista. L'attore materiale e storico è il "popolo" (in una ripresa classicista della cultura politica romana). Il popolo, tuttavia, è guidato dal pensiero filosofico, che diviene la sola forma legittima del potere: è il sapere intellettuale che, nella forma della sovranità popolare, cancella per sempre il diritto divino dei sovrani. Questa prospettiva storicamente è stata tutt'altro che univoca, la sua linea di sviluppo ha compreso sia le ideologie politiche più democratiche che le deformazioni criminali più spaventose, dove burocrazie autoritarie al servizio di un potere assoluto creavano condizioni di vita sociale prive di libertà e, al contrario, in preda alla oppressione e alla paura.

Ho scelto questi due esempi particolarmente eclatanti intorno al rapporto tra il pensiero filosofico e le forme della vita politica e civile perché essi hanno ancora a che vedere con la nostra esperienza e con i nostri giudizi. Ma in ogni epoca ogni forma istituzionale della filosofia, ogni contenuto teorico, ogni stile comunicativo hanno provocato un rapporto particolare tra la filosofia e la vita civile, anche se sempre a livello di élite: nessuno potrebbe confondere la cultura dei "magistri" medioevali nelle Università e nelle città con il sapere mondano illuminista. O pensiamo a d'Holbach, che tramite la formazione di élite diffondeva una sensibilità materialista. Cambia del tutto la docenza, l'ascolto, l'effetto della Università tedesca del tempo di Hegel. Ogni momento storico ha i suoi testi, il suo linguaggio, le forme della sua diffusione sociale, la sua reciprocità con varie forme di potere. È stata la tradizione della "storia della filosofia" a tenere in ombra questi aspetti materiali del "pensiero". Oggi le forme dominanti della comunicazione, di fatto, mettono in ombra lo stile argomentativo tradizionale della qualità filosofica del pensiero che prende due strade prevalenti: o si isola in uno specialismo universitario molto raffinato che tuttavia risente della crisi della stessa istituzione, oppure tende ad assumere caratteristiche pubblicistiche molto più facili da diffondere in aree sociali più vaste. In questo secondo caso abbiamo processi di concettualizzazione molto più semplici, che sembrano allontanarsi dalla tradizione critica che rappresentò il momento più importante dell'orizzonte filosofico moderno.

È necessario interrogarsi, anche oltre l'effetto delle forme comunicative prevalenti, su quali fenomeni sociali impoveriscono la stessa possibilità di un insegnamento filosofico che ripeta modelli vincenti decenni or sono. In generale si può dire, per quanto riguarda l'Occidente, che le stesse forme della vita sociale, dove prevale il consumo come stile dell'esistenza, indeboliscano in modo molto rilevante quelle "soste" interrogative che sono caratteristiche della filosofia. Questa forma di pensiero fiorisce laddove vi sono scansioni temporali e differenze anche conflittuali nel vivere sociale. Più semplice, nel caso nostro, la sollecitazione etica che oggi è fondamentale nel linguaggio religioso e che (quanto sia in profondità o in superficie è difficile dirlo) costituisce un patrimonio di senso comune relativamente omogeneo. Questo linguaggio crea "comunità", esperienza che non è immaginabile a livello filosofico, dove più facilmente rinasce la dimensione della saggezza come patrimonio di una figura individuale capace di creare a se stessa una "visione del mondo". È un curioso destino per chi ha avuto la sua iniziazione culturale in una filosofia che voleva configurare il mondo, e ora è quasi costretta a sentire l'eco di un "vivi nascosto" secondo una sapienza greca. Forse dovremo fare come Ulisse con le sirene? Credo che non si debba esagerare: dobbiamo rivedere i contenuti di nobili dottrine filosofiche, pensare nel precario senza tuttavia perdere una identità che ha profonde radici, continuare a segnare il tempo con un nostro pensiero filosofico. "Se non ora, quando?"

 


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20 SETTEMBRE 2016

 

 

 

Seminario a cura di 

Fulvio Papi

FILOSOFIA E VITA PUBBLICA

Non raccontare le dottrine ma dare sempre il contesto pubblico in cui la dottrina sia il suo senso e la sua efficacia

settembre/dicembre 2016 ore 18/19,30

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