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Le polemiche nate negli ultimi tempi da episodi raccontati con molta enfasi dalla stampa, segnano il riemergere dell'annoso contrasto tra medicina tradizionale e medicine alternative. Ma non è l'aspetto scandalistico il vero cuore del problema. Il problema è capire perché e come, periodicamente, la medicina tradizionale sia afflitta da una sorta di perdita di consenso, dal venir meno di certezze condivise, da critiche che, per quanto assurde, fanno breccia nella testa di molte persone.
È indubbio che la sanità dei nostri tempi ha conosciuto un processo di progressiva specializzazione che, accanto a numerosi e straordinari progressi, ha comportato non pochi problemi sul piano etico e sociale. Oggi il problema centrale appare, più che il curare, il prendersi cura, ossia guardare al malato come persona, e non solo come portatore di una determinata malattia. Il progressivo incremento della speranza di vita, l'invecchiamento e, spesso, la solitudine, la complessità crescente delle malattie, rappresentano una ulteriore sfida: la fragilità dei pazienti va oltre la definizione della singola malattia, ma disegna un quadro nuovo legato all'intreccio delle patologie e alla realtà stessa della vecchiaia.
È in questo quadro che una certa spersonalizzazione dell'atto medico, tempi contingentati nelle visite e nel rapporto con i pazienti, l'insufficienza, talora, delle reti assistenziali, segnalano un disagio che può sfociare in comportamenti e scelte irrazionali: il ricorso al " guaritore ", l'uso di modalità terapeutiche non sufficientemente validate o palesemente inadeguate, o il rifiuto tout court di trattamenti assolutamente utili e necessari per determinate patologie, come i vaccini o la chemioterapia, segnano la spia di un malessere profondo, che va interpretato prima che condannato.
Nuove condizioni sociali segnalano poi l'emergere, o il riemergere, di nuove patologie: le condizioni dei migranti, degli homeless, dei pazienti con problemi di salute mentale o di decadimento cognitivo, caratterizzano sempre di più la nostra società e determinano categorie nuove di cura, e soprattutto del prendersi cura.
Affrontare questo intrico di problematiche vuol dire affrontarle da numerosi punti di vista: non solo clinici, ma anche etici, filosofici, psicologici, sociali. Il prendersi cura è, prima di tutto, un fatto di cultura e di ripensamento del tradizionale rapporto medico-paziente.
Il ciclo di incontri alla Casa della Cultura dal titolo "Salute, diritti, solidarietà umana" cercherà di rispondere a queste complesse domande. Si tratterà di 9 incontri, da ottobre 2016 a giugno 2017, che toccheranno svariati temi: dal paziente oncologico all'anziano fragile, dal decadimento cognitivo alle malattie rare, dalla salute mentale alla salute delle donne, dal paziente homeless all'extracomunitario.
Ogni incontro vedrà la partecipazione di uno specialista, di un filosofo, psicologo o giornalista esperto, e di un rappresentante di una associazione che si occupa di quel problema. Il primo incontro, in programma lunedì 10 ottobre 2016 alle ore 21, dal titolo " Dal curare al prendersi cura " affronterà il tema centrale del ciclo, ossia il passaggio dalla centralità della malattia (la cura, un diritto) alla centralità del malato ( il prendersi cura, espressione della solidarietà umana), e vedrà la partecipazione di Claudio Rugarli, professore emerito di Medicina e Chirurgia, di Carmen Leccardi, ordinario di Sociologia, di Salvatore Natoli, ordinario di Filosofia Teoretica, e di Massimo Reichlin, ordinario di Filosofia Morale, e sarà coordinato dal prof. Giorgio Lambertenghi Deliliers.
Ogni incontro sarà video-registrato e verrà messo a disposizione di tutti negli archivi della Casa della Cultura. Alla fine del ciclo c'è poi l'intenzione di produrre una monografia che raccolga gli spunti più interessanti emersi dai vari incontri.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 02 OTTOBRE 2016 |