Marina Cosi  
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GLI STEREOTIPI SULLE DONNE


Quando ci si mettono anche i media …



Marina Cosi


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Il rischio del luogo comune è sempre in agguato e tanto più lo è quando scarseggia il tempo e bisogna "uscire" subito. Un automatismo che s'accentua ancor di più se si deve combattere contro lo spazio risicato dei titoli. Sono queste le prime spiegazioni che avanzano i giornalisti, cioè i miei colleghi, e pure a me sarà chissà quante volte capitato di dirlo, per giustificare l'uso di stereotipi. Ma questi vecchi e radicati schemi interpretativi fanno anche un sacco di male. Perché ribadiscono e orientano. Tuttavia, se ad esempio sul razzismo l'attenzione contemporanea si è allertata, su altri temi invece la sensibilità ancora scarseggia. Sulle donne, ad esempio. Sulle quali gli stereotipi e i doppi sensi, nei testi e nelle immagini, ancora si sprecano. E ciò nonostante i lodevoli sforzi di alcune testate, che anzi per contraccolpo - differenziazione di mercato… - hanno "indotto" altre ad estremizzarsi all'opposto.

Un termometro di questa consapevolezza a macchia di leopardo dei media lo si trova andandosi a leggere i ricorsi ai Consigli di disciplina degli Ordini regionali dei giornalisti contro certe cronache di violenze. Ci sono però stereotipi più sottili, ma pesanti come macigni, da cui quasi nessun media si salva. Quante donne esperte vengono intervistate a commento d'una notizia scientifica, economica, giuridica? Quante donne firmano i "pezzi" e quante invece dirigono i giornali che li pubblicano? Quante le protagoniste di gossip e cronaca nera versus protagoniste "di potere" nello stesso numero d'un quotidiano?

Domande e risposte che abbiamo messo in fila, assieme ad alcune colleghe della nostra associazione di giornaliste ("Giulia", un acronimo). Domande cui abbiamo cercato di rispondere con esempi sia direttamente, sia con l'aiuto di esperte di linguistica, statistica, iconografia, e anche di colleghi maschi competenti anch'essi e sensibili al tema (ce ne sono, ce ne sono…): esempi di politica, sport, spettacolo, fotografia, violenza, maternità. Nella convinzione che il pregiudizio si perpetui nel linguaggio standardizzato, dove dire ed essere si identificano, per cui l'errore solo se lo riconosci lo puoi evitare e lo eviti proprio modificando le parole. Perché, detto meglio (difatti l'ha detto Heidegger) il linguaggio è la dimora dell'essere.

Come Giulia Giornaliste abbiamo alle spalle diversi anni di ricerche e riflessioni tematiche, che si sono poi tradotte in un paio di libretti sul linguaggio e sulla violenza, in tre concorsi fotografici, in diversi spettacoli, in catalogazioni d'eccellenze. L'ultimo impegno è stato appunto editare un libretto sugli stereotipi sulle donne nell'informazione che appunto, con notevole spreco di creatività, abbiamo titolato "Stereotipi, donne nei media". Non che i precedenti fossero più fantasiosi e meno didascalici: "Donne, grammatica e media", "Chiamala violenza, non amore", "Stop violenza. Le parole per dirlo", "100Esperte" …

In tempi in cui il potere attuale cerca consensi svillaneggiando come infimi sciacalli e puttane i giornalisti, anzi la "kasta" - e giacché tagliando risorse -, conviene segnalare, al di là del nostro lavoro come Giulia, la più generale capacità autocritica d'una categoria che con carte deontologiche, manifesti, provvedimenti disciplinari e corsi d'aggiornamento fa di tutto per mantenere, oltre alla schiena dritta, anche la guardia alzata.

Giovedì 23 maggio, dalle ore 18, ne parleremo alla Casa della Cultura di Milano con la linguista Francesca Dragotto (docente all'Università di Roma Tor Vergata) che analizza le cornici cognitive e la formazione degli stereotipi linguistici e culturali, con la sociologa Camilla Gaiaschi (Università Statale di Milano e Centro Genders) e con le colleghe giornaliste Silvia Sacchi (Corriere della Sera) e Paola Rizzi (Metro). Nell'attesa, qualche altra informazione la si può trovare su www.giuliagiornaliste.it.

 

 

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

30 APRILE 2019

Giovedì 23 maggio, ore 18
presentazione del libro

"Donne, stereotipi e media"
(AAVV, pp. 223, Ledizioni ed, Milano febbraio 2019)

Quasi un manuale. Pensato in origine per giornaliste e giornalisti "consapevoli", da utilizzare come bussola per dribblare, nei tempi stretti della stesura di cronache o commenti, i peggiori luoghi comuni sulle donne. Ma molto utile a tutti, anche per l'apparato lessicale e per le essenziali bibliografia e sitografia ragionata.

intervengono:

Marina Cosi, giornalista coautrice

Silvia Vegetti Finzi (psicologa clinica, accademica, saggista):
“Pensare la
maternità”

Camilla Gaiaschi (UniMi, Statale e Centro Genders):
"Vittime"

Paola Rizzi (giornalista):
Donne in politica

Silvia Sacchi (giornalista):
Donne e denari. Ce n'è di strada…