Il 16 marzo è una ricorrenza importante per la Casa della Cultura. Quest'anno non possiamo festeggiarlo: siamo nel mezzo di una micidiale epidemia che sta sottoponendo il nostro paese (e il mondo intero!) a una prova tremenda. Il nostro primo dovere è stare "tutti a casa" per contenere la diffusione del virus, per sostenere con fiducia e con orgoglio lo sforzo del nostro paese per superare questa prova.
Vogliamo però ricordare il 16 marzo del 1946, quando Ferruccio Parri, il primo Presidente del Consiglio del dopoguerra, il comandante delle formazioni partigiane, tenne il discorso inaugurale della Casa della Cultura.
Nei mesi precedenti vi era stato un intenso lavoro preparatorio, iniziato durante la clandestinità, quando Milano era occupata dai nazisti. Tre uomini si incontrarono per discutere su cosa fare per rinnovare la cultura milanese e italiana nel prossimo dopoguerra: Antonio Banfi, Elio Vittorini, Eugenio Curiel. Banfi era il filosofo più prestigioso di Milano, punto di riferimento di quel gruppo di studiosi (Paci, Preti, Cantoni, Anceschi, Formaggio ecc) che sarebbe entrato nella storia come la "scuola di Milano". Elio Vittorini era uno scrittore affermato, oltre che un prestigioso organizzatore culturale: sarebbe diventato il cantore della Resistenza milanese con il romanzo "Uomini e no". Curiel era il più giovane dei tre. Nel 43, quando inizia la Resistenza, aveva trentun anni, poco più che un ragazzo. Ma era già un intellettuale e un politico affermato: a lui venne dato l'incarico di dirigere "L'Unità" clandestina e di costruire il Fronte della Gioventù. Verrà ucciso in piazza Baracca pochi giorni prima della Liberazione.
Questi tre uomini, braccati dai nazisti e dai fascisti, tracciarono sulla carta un programma culturale ambiziosissimo: costruire un Fronte della Cultura per sostenere la divulgazione culturale; avviare una nuova rivista culturale per diffondere il "vento del Nord" anche nella cultura italiana; dare vita a una Casa della Cultura, luogo di incontro e di scambio tra l'alta cultura e la Milano colta e progressista.
Dopo la guerra questo progetto divenne operativo: nacquero il Fronte della Cultura e una rivista, "Il Politecnico", che non ebbe lunga vita, ma si conquistò ruolo e fama in tutto il paese. Il 16 marzo del 1946 venne fondata anche la Casa della Cultura. Si presentò con grandi ambizioni: l'atto fondativo portava la firma degli esponenti più autorevoli della cultura milanese del tempo. Come sede venne scelto il prestigiosissimo ex club dei nobili, in via Filodrammatici, dietro la Scala.
Nella sua storia, ormai molto lunga, ha cercato sempre di restare fedele a quelle ambizioni iniziali. Negli anni del dopoguerra ha partecipato da protagonista allo sforzo di ricostruzione della città: essa è stato il centro di scoperta e di diffusione della grande cultura democratica europea, sconosciuta fino ad allora in Italia. La fenomenologia, l'esistenzialismo, la psicanalisi fecero irruzione nella vita culturale milanese passando dalle tre sale di via Filodrammatici.
Quando il clima politico cambiò, negli anni durissimi della guerra fredda, la Casa della Cultura venne cacciata da via Filodrammatici. Trovò la nuova sede nella cantina di un negozio che apparteneva alla famiglia di Grazia Curiel, la sorella di Eugenio. Cominciò lì una nuova storia, ma sempre con l'intento di restare fedele alle sue grandi ambizioni. Negli anni del centrismo divenne il centro di riferimento della cultura laica e illuminista. Nei primi anni Sessanta interpretò l'ansia di rinnovamento dei giovani: sono entrati nella leggenda i seminari su "Il Capitale" stracolmi di giovani per non parlare degli incontri sulla Resistenza trasferiti al teatro Lirico per eccesso di partecipazione!
Negli ultimi vent'anni è stata il centro di un'ostinata ricerca e ricostruzione del pensiero critico. In un clima diffuso di svalutazione della tradizione culturale della sinistra la Casa della Cultura ha scelto di mettersi controcorrente, di ricercare il difficile punto di incontro tra una memoria da difendere e valorizzare e una ricerca coraggiosa e aperta del nuovo.
Insomma, questo centro culturale è stato dal 46 ad oggi il punto di riferimento per tanta parte della cultura progressista milanese e italiana. Esso è stato ed è il luogo simbolo della ricerca libera, spregiudicata, irriverente, innervata di serietà e di rigore culturale, senza nessun cedimento alla spettacolarizzazione e all'intrattenimento.
Il suo tratto distintivo più profondo è stato, nel corso di tutta la sua storia, una cultura che si verifica e si immerge nella realtà, che cerca di dare il suo contributo di idee e di valori alla vita pubblica. Insomma, una cultura viva, che non si rinchiude nei suoi specialismi, che cerca un contatto e un'interazione profonda con la società e con la vita.
È il progetto che vogliamo fare vivere anche oggi, a settantaquattro anni dalla sua fondazione. In tempi di cambiamenti profondissimi. In tempi, aggiungiamo ora, assai difficili.
La sfida che stiamo fronteggiando, l'epidemia del coronavirus, ha tratti inediti. Ci chiama tutti a una prova particolarmente impegnativa, ma che supereremo: l'Italia nei passaggi più difficili sa dare una buona prova di sé!
Troviamo anche la forza per cominciare a pensare al dopo: servirà uno sforzo straordinario per la ripartenza di Milano e dell'Italia. La Casa della Cultura vi parteciperà, con la passione e il coraggio delle idee.
Andrà tutto bene!
© RIPRODUZIONE RISERVATA 15 MARZO 2020 |