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Il tempo dell'emergenza sanitaria, sociale, economica che il virus a diffusione mondiale ha comportato sta mostrando scenari esistenziali che provocano profondi cambiamenti e trasformazioni nelle nostre vite, abitudini, pensieri e speranze.
La comunicazione ha subito e sta subendo continui cambi di paradigma. L'irruzione dell'impensato, dell'insensato, dell'inatteso ci ha posti di fronte alla necessità di attribuire senso e di trovare parole per farlo, silenzi per abitarlo, conforto per consolare.
La poesia si è rivelata un luogo necessario in cui trovare e far trovare spazio a relazioni spezzate, a legami interrotti, alla dicibilità di ciò che sembra essere attratto dal nulla.
La poesia ci mette in ascolto dei cenni flebili che giungono dal profondo e da lontano.
Nel 2020, durante un tempo inedito e inatteso, il Corso di Scrittura autobiografica della Casa della Cultura era in corso: si erano già svolti i primi incontri. Trovarsi, allora per le prime volte, online la sera ha corrisposto ad abitare la distanza, a dare senso ad una tenebra. Allora la difficoltà era rimanere, stare, resistere alla vertigine. Attraverso la scrittura, la poesia si è fatta largo nella necessità di imparare a stare nella mancanza. Si è fatta metodo di spoliazione. Ha permesso di sentire, nominare e condividere i tratti della propria vulnerabilità.
L’altro di cui abbiamo sentito la mancanza ha mostrato di quanto spazio ha bisogno per venirci incontro.
Il dolore, la paura, insieme alla speranza e alla reazione hanno avuto bisogno di spazio: si sono fatti metodo, ma anche apertura al possibile.
La fatica, lo splendore, la condivisione hanno cercato, guadagnato e disegnato un nuovo senso attraverso il linguaggio; attraverso il gesto poetico dello scrivere e dello scrivere di sé.
Dal percorso del 2020 è nato un libro, Lì, dove ci incontriamo. Appunti per una pedagogia dell’imprevisto (Cafagna 2020), che è stato presentato proprio alla Casa della Cultura, poco prima che il dilagare del virus chiamasse e nuove chiusure, in ottobre (QUI IL VIDEO).
E quest’anno? Quest’anno le iscrizioni al percorso sono raddoppiate. È stato necessario fare altro spazio, duplicare il percorso, creare due andamenti paralleli per accogliere partecipanti già avvezzi alla scrittura di sé (molti corsisti sono affezionati e immancabili interlocutori del corso di autobiografia, ormai da numerose edizioni) e nuovi iscritti desiderosi di trovare un tempo condiviso per farsi guidare alla riflessione scritta, alla parola, al gesto di arretrare nel silenzio, sottrarsi al brusio della chiacchiera, di cercare nel linguaggio un gesto di ascolto delle cose sottili.
Heidegger si chiedeva, pensando a Rilke, "perché i poeti?", perché i poeti in tempi di povertà?
La povertà è la cifra di quell'epoca cui manca un fondamento, che tende all'abisso perché sembra compiersi in una specie di notte del mondo.
La poesia sa discendere in questa notte e sa trarci in salvo.
La poesia è forse tra i gesti di più intima connessione con il mistero.
Il percorso di scrittura autobiografica che si è appena concluso, facendo incontrare per la prima volta persone da tutta Italia ed ospitando voci che provenivano anche da oltreoceano, ha dato spazio alla poesia perché potesse essere presenza, esperienza.
È stato prezioso il farsi degli incontri, che si rinnovavano di martedì in martedì, accogliendo la sera, online, persone che di volta in volta si sono impegnate in consegne, hanno scritto, pensato, riscritto, cancellato, provato a dire, ascoltato e accolto.
In questo tempo di povertà, la parola sa essere sorgente, voce di apertura, aurora. La parola insorge e risveglia. Asseconda quel desiderio vitale di cambiamento che Rilke auspicava: “deve venire un tempo, per me, nel quale io sia solo con il mio vissuto, gli appartenga e lo elabori: perché in me urge tutto ciò che non si è trasformato”.
La vera scrittura, infatti, non offre lenimento, non placa con il compiacimento, è, al contrario, parola che pretende il dialogo, cerca e interroga e, così, scardina, dando vita alla propria vocazione sovversiva.
Ed è con coraggio che i partecipanti si sono fatti condurre ad inoltrarsi lontano dai copioni, dalle parole già viste o abusate, che Rilke temeva così tanto, perché “dicono sempre tutto così chiaro”: i corsisti della Scuola di Autobiografia della Casa della Cultura hanno rischiato l’imprevisto del dire, hanno imparato a dire altrimenti. Si sono anche smarriti, dovendo ritrovare o ricostruire altri alfabeti e nuove rotte di sè. Perché solo dopo un esilio, la parola sa farsi vero gesto di rimpatrio.
Ed è così che si è concluso il doppio e “affollato” percorso: con l’inaugurazione di una ripartenza, con la promessa di nuove scritture.
E tutti noi aspettiamo di riprendere, ricominciare e dare alla parola altro e nuovo spazio.
(n.d.r) Il prossimo appuntamento potrebbe essere per i seminari residenziali al Convento di Monterosso, con cui si è ormai instaurata e costruita una tradizione (https://www.casadellacultura.it/920/a-monterosso-tra-sparire-e-sperare), a partire da un accordo di collaborazione scientifica con la prof.ssa Mancino, che vede nel meraviglioso contesto del convento il luogo d’elezione per ritrovarsi, scrivere, condividere e dare spazio alla bellezza. Appena sarà possibile, verranno comunicate informazioni (qui e qui: https://conventomonterosso.it/cosa-facciamo/universita-bicocca/)
© RIPRODUZIONE RISERVATA 27 APRILE 2021 |