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Ho conosciuto Giulio Giorello nella seconda metà degli anni Settanta dello scorso secolo. Allora Giorello era incaricato, alla Statale, del corso Filosofia della scienza serale. Seguii così, come studente, un suo corso su La logica della scoperta scientifica di Karl Popper e il falsificazionismo.
Giorello si presentava allora come uno dei più brillanti sostenitori del materialismo dialettico che la “scuola di Milano” formatasi attorno al magistero di Ludovico Geymonat stava rilanciando proclamandone l’attualità critica. Da poco era stato pubblicato, dagli Editori Riuniti di Roma (casa editrice del Partito Comunista Italiano) un loro libro collettivo: Attualità del materialismo dialettico cui avevano collaborato, oltre a Geymonat, lo stesso Giorello, Silvano Tagliagambe ed Enrico Bellone. Nel suo contributo a questo volume Giorello si occupa della teoria del rispecchiamento teorizzata da Lenin in Materialismo ed empiriocriticismo difendendola sul piano epistemologico, mostrandone tutta l’attualità e la fecondità critica rispetto alla riflessione epistemologica del Novecento.
Appena Giorello, dal novembre del 1979, iniziò a svolgere il corso primario di Filosofia della scienza in qualità di ordinario dell’ateneo milanese (primario perché allora in Statale vi erano ben tre corsi di Filosofia della scienza: uno svolto dal professore ordinario, appunto Geymonat, sostituito poi da Giorello, uno affidato ad un altro discepolo di Geymonat, Felice Mondella, ed infine quello di Filosofia della scienza serale affidato per incarico) gettò alle ortiche il marxismo e il materialismo dialettico, dichiarando apertamente la sua “convinta” adesione alla tradizione del falsificazionismo d’ascendenza popperiana.
Giorello è sempre stato un intellettuale brillante, con una intelligenza curiosa ed inquieta che lo induceva ad attribuire un valore decisamente privilegiato alla dimensione della divulgazione culturale, cui ha sempre dedicato le sue migliori energie intellettuali, realizzando un complesso ruolo culturale che lo qualifica in modo affatto particolare. La brillantezza della sua conversione, il gusto per le battute, sempre belle ed efficaci, ed anche la sua costante ricerca di espressioni in grado di épater le bourgeois con affermazioni paradossali ed anche con atteggiamenti anticonformistici o spregiudicati, hanno costituito una costante del suo stesso stile intellettuale che lo ha accompagnato fino alla fine della sua vita.
Memore della lezione più profonda di un pensatore come Geymonat, Giorello ha sempre sottolineato il pieno valore culturale della scienza e la necessità di saper contaminare criticamente differenti discipline. Nel 1986, insieme a lui e a Geymonat abbiamo pubblicato, per Laterza, un volume Le ragioni della scienza che, in meno di sei mesi, vide due edizioni e fu tempestivamente tradotto in portoghese, scalando rapidamente anche le classifiche dei libri di saggistica più venduti in Italia. In quei mesi ho così avuto modo di girare la nostra penisola in lungo e in largo, spesso insieme a Giorello e Geymonat, per presentare e discutere questo libro in diverse situazioni (dalle sedi più prestigiose, come quella dell’Enciclopedia Treccani, all’Istituto di Studi Filosofici di Napoli, dalla storica Aula voltiana dell’università di Pavia all’Istituto Italiano di Cultura a Parigi, etc., etc., senza peraltro mai trascurare anche un’autentica miriade di vari Centri culturali - grandi e piccoli, alcuni anche piccolissimi - sparsi un po’ dovunque nella ricca provincia del nostro paese). In tutti questi incontri il dialogo con il pubblico e con i giornalisti è sempre stato molto intenso e in questo autentico tour de force Giorello ha sempre mostrato un capacità, indubbia, di saper dialogare, a 360 gradi, con moltissimi giornalisti e con il pubblico più vario e disparato, alimentando un confronto in cui non si poteva non apprezzare la sua disponibilità al dialogo, pur piegando quest’ultimo sempre al costante desiderio di ripetere alcune felici battute paradossali. Il che costituiva uno stile comunicativo di grande efficacia che pure si differenzia nettamente da quello utilizzato da Geymonat il quale, socraticamente, preferiva invece far leva sempre su argomentazioni ben argomentate e sempre concettualmente limpide (come del resto trapela anche da tutti i suoi scritti che sono di una chiarezza concettuale quasi cartesiana, mentre la scrittura di Giorello è invece spesso e volutamente “pirotecnica” con citazioni tutte belle e brillanti).
Giorello ha sempre difeso il valore insopprimibile dell’individuo, sempre inteso come una singola persona che si impegna per la libertà del proprio pensiero e della propria singolarità individuale. L’enfasi posta da Giorello sull’individuo e sulla sua singolarità ha così sempre contraddistinto la sua difesa della libertà.
Giorello aveva iniziato precocemente a collaborare con i giornali quotidiani. Inizialmente ha scritto molti articoli per l’Unità e Rinascita per poi passare a La Stampa di Torino e divenire poi, dal 1985, un collaboratore fisso del Corriere della sera.
Nel corso degli anni successivi Giulio ha poi sempre dedicato un’attenzione affatto privilegiata alla dimensione della divulgazione e della piena valorizzazione dell’importanza culturale della scienza, che ha poi declinato (e spesso assai felicemente contaminato) con mille altri interessi, intrecciando diverse discipline e molteplici questioni che spaziavano dall’ambito teorico alla dimensione della prassi ed anche a quelli della stessa società civile. In questa prospettiva Giorello è stato certamente un grande ed originale giornalista culturale, sempre pronto a confrontarsi con le posizioni e i problemi più diversi, onde aiutare a meglio comprendere la complessità dei problemi, le mille facce di una questione ed anche le conseguenze di alcune scelte teoriche per l’insieme della società civile.
I numerosi e più recenti volumi che ha scritto in varie occasioni - spesso a quattro mani, con altri autori - hanno, complessivamente, un valore divulgativo e di seria informazione culturale. In questo senso Giorello può essere inserito - certamente a buon diritto e con meriti indubbi - entro la tradizione della divulgazione culturale, per la quale ha speso le sue migliori energie intellettuali.
I suoi articoli si leggevano sempre con piacere, anche quando riprendeva e riproponeva alcune tesi correnti che gli stavano particolarmente a cuore, come quella attinente la difesa della libertà, che nella sua riflessione si intrecciava spesso con la difesa della figura del ribelle. Il ribelle in grado, come appunto seppe fare il suo Maestro Geymonat, di rischiare la propria vita pur di difendere le proprie idee. In questa prospettiva la coraggiosa scelta partigiana di Geymonat durante la seconda guerra mondiale ha sempre rappresentato un punto di riferimento costante per Giorello, costituendo un confronto ineludibile per lui che era nato proprio nel maggio del 1945, quando l’Italia stava per lasciarsi finalmente alle spalle la dittatura fascista. Non a caso Giorello amava ricordare che quando gli capitava di passare in Piazzale Loreto, o di riferirsi a questa storica piazza milanese, non mancava mai, idealmente, di “togliersi il cappello”, proprio per ringraziare i partigiani per quello che avevano avuto il coraggio civile di fare onde donare al nostro paese la libertà democratica. Basterebbe questa sua battuta per ricordare il suo legame con la scelta partigiana del suo Maestro Geymonat che, in un momento autenticamente drammatico della storia italiana, ebbe appunto il coraggio civile ed umano di costituire una delle primissime (se non forse la prima) brigate partigiane garibaldine in Piemonte, a Barge, nei pressi delle Valli Valdesi.
Fabio Minazzi Ordinario di Filosofia della scienza Università degli Studi dell’Insubria © RIPRODUZIONE RISERVATA 19 GIUGNO 2020 |