Agli oppositori irriducibili del MES (il Meccanismo Europeo di Stabilità, meglio conosciuto come Fondo salva-Stati) sarà bene rammentare, innanzitutto, che l'attuale formulazione è completamente diversa da quella che fu utilizzata per il salvataggio (ma a che costi!) della Grecia. Si tratta oggi, data l'emergenza da coronavirus, di un fondo a disposizione degli stati (pari al 2% del PIL: nel caso dell'Italia 36-38 miliardi di euro) da investire in interventi sanitari diretti o indiretti. Questa è l'unica condizione al suo utilizzo: non ve ne sono altre.
Il MES è un prestito, che andrà restituito nell'arco di 10 anni, al tasso dello 0,1%: certamente più vantaggioso (nella misura di 5-6 miliardi) di qualsiasi altro prestito. Ma la considerazione da fare è un'altra. Trattandosi di un fondo vincolato a spese sanitarie, è proprio questa l'opportunità da non lasciar perdere e da utilizzare, senza indugio.
La Fondazione Gimbe, osservatorio sulla medicina e la sanità pubblica, ha infatti calcolato che il finanziamento pubblico alla sanità ha subìto un taglio netto di 37 miliardi di euro: 25 tra il 2010 e il 2015, e altri 12 nel periodo 2015-2019.
A pagarne le conseguenze è stato soprattutto il personale sanitario perché il 50% dei 37 miliardi "risparmiati" sono stati tolti alla spesa per il personale. Nel 2007 il Ssn poteva contare su 649.248 unità di personale. Nel 2017 se ne contavano quasi 46.000 in meno. Nello specifico la riduzione del numero di medici è stata di 5700 unità, e quella degli infermieri di 11.000 circa.
Ma anche i cittadini hanno pagato di tasca propria, con un esborso aggiuntivo superiore a un terzo del fondo sanitario nazionale per aggirare i tempi di attesa, per prestazioni non comprese nei LEA, e per tutto il carico dell'assistenza socio-sanitaria.
Si stimano in 70.000 i posti letto persi negli ultimi 10 anni nelle strutture pubbliche, con un leggero aumento di quelli privati, con 359 reparti chiusi, oltre ai numerosi piccoli ospedali riconvertiti o abbandonati. Un calo in tutti i comparti: degenza ordinaria, day hospital e day surgery.
A fronte di questi dati, che hanno pesato non poco nella impreparazione di numerose Regioni nell'affrontare l'attuale emergenza (dalla inadeguatezza dei servizi territoriali alla scarsità dei posti letto nelle terapie intensive) occorre oggi contrapporre un piano robusto di interventi nella sanità pubblica: la coincidenza tra l'entità del de-finanziamento rilevato da Gimbe e la disponibilità rappresentata dal MES va assunta come una opportunità non solo possibile, ma necessaria.
Il Governo deve, in sostanza, formulare un piano di interventi pluriennale che valga a dare nuova linfa al Servizio Sanitario Nazionale e a uniformare le troppe differenze emerse, in questa emergenza, tra singoli servizi regionali. Si tratta in particolare di investire:
- Su un piano nazionale di edilizia sanitaria e di recupero dei piccoli ospedali, anche per degenze "di comunità", con ammodernamento delle infrastrutture e delle dotazioni tecnologiche
- Su una rete di "case della salute" a livello territoriale, come interfaccia tra i medici di medicina generale e gli ospedali
- Sul rilancio della medicina di gruppo, come strumento utile a rafforzare il ruolo degli MMG
- Sulla valorizzazione della professionalità dell'infermiere di comunità come cardine dell'assistenza domiciliare
- Sul potenziamento dei servizi di prevenzione
- Sulla immissione nel servizio sanitario di nuovo personale, medico e non medico per far fronte alle precedenti esigenze, con un riconoscimento contrattuale adeguato all'impegno richiesto
- Sul finanziamento della ricerca (e degli Istituti a carattere scientifico - gli IRCCS -) il cui ruolo fondamentale è emerso chiaramente nell'attuale emergenza
- Su un piano articolato per la cronicità e la non autosufficienza, che preveda anche soluzioni alternative al ricovero nelle RSA, attraverso la telemedicina, l'assistenza domiciliare integrata, la selezione e il supporto delle badanti
Se il MES sarà in grado di garantire tutto questo, mostrerà il suo volto migliore: uno strumento al servizio dei cittadini e non contro gli interessi del singolo Stato. Dunque, MES o non MES non può essere visto come un dilemma amletico, se non dagli sprovveduti, o dai prevenuti, o dai superficiali che dir si voglia. Ci pensino gli oppositori di maggioranza come di opposizione: non può e non deve essere una grande occasione sprecata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 19 SETTEMBRE 2020 |