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Impossibile non innamorarsene. Di cosa? Della Campania o, meglio, degli spazi aperti campani, agricoli e naturali, periurbani o montani, che Antonio di Gennaro racconta nel suo libro dal titolo meraviglioso: Ultime notizie dalla terra (Ediesse, 2018, pref. di Ottavio Ragone). Ma è il sottotitolo a darci la misura dell’impegno e della sfida che ci lancia: La Terra dei fuochi: questioni per il paese intero, dove la parola terra è scritta con la “T” maiuscola e la parola paese con la “p” minuscola. Già perché Antonio è indignato. E come tutti gli indignati che si rispettino, è arrabbiatissimo con quanti hanno ceduto alla tentazione della maledetta equazione terra dei fuochi = tutta la Campania. Nelle sue pagine c’è un insieme di storie che si fondono assieme in un’unica storia di territorio e di genti orgogliose della terra su cui hanno i loro piedi.
Se alcuni fatti criminali e mafiosi, cruenti e vergognosi, hanno sporcato la terra campana, si sappia chiaramente che è stato solo un ‘di cui’, perché quella terra è sempre stata ed è densa e ricca di persone, aziende, natura, luoghi, territori, bellezza, bontà, tradizioni che non sono seconde a nessuno. Eppure ‘tutta la Campania’ l’abbiamo spedita in un embargo mai dichiarato di fatto, ma subito dalle aziende agricole e dalla filiera alimentare campana. Per mesi e mesi nelle città del nord abbiamo boicottato i prodotti campani nonostante ci dicessero che erano pulitissimi. E lo abbiamo fatto convinti di fare il giusto, con il sorriso magari, senza farci sfiorare né dal dubbio che stavamo sbagliando, né dal pensiero che stavamo facendo un danno enormemente peggiore di quello ignobile fatto dalla camorra maledetta. Già perché se per dodici mesi nessuno compra mozzarelle, quelle aziende falliscono, quegli agricoltori sono sul lastrico, i giovani perdono lavoro. E se falliscono chi se le compra le aziende con le loro terre? Il nostro embargo diviene una sorta di favore alla criminalità che vuol far fallire ciò che di buono c’è sui territori per poi appropriarsene.
Quindi quell’inversione di maiuscole io non la biasimo, ma la capisco e mi ha aperto gli occhi. L’ho trovata perfetta per ricordare quanto fragile sia la solidarietà nel nostro Paese e mia. E Antonio con questo libro coraggioso e appassionato non si sottrae alla fatica di voler mettere le cose a posto. Ci lancia un salvagente, forse l’ultimo come scrive nel titolo, per toglierci i pregiudizi dagli occhi. Lo fa portandoci a spasso per decine e decine di realtà locali. Con lui scopriamo i ritratti straordinari di donne, uomini, giovani, vecchi che in Campania hanno dato vita a formidabili aziende agricole dove la produzione non è mai, e sottolineo mai, indifferente ai luoghi, alla terra, ai paesaggi anche se si tratta di paesaggi tra i più arditi d’Italia come le limonaie sulla costiera amalfitana o i vigneti del Cilento o gli oliveti a Posillipo. Vi giuro che se leggete questo libro vi si apre davanti agli occhi un racconto di territorio che vi lascerà senza parole. Leggi e vedi vibrare un territorio. Ci entri dentro. Senti i passi. I profumi. Vedi le ginestre a Camaldoli. Senti il profumo dell’olio e la mozzarella di bufala Stella Bianca di Casal di Principe che conoscevi solo per essere paese di camorra. Senti su di te lo spirito potente del paesaggio di Casale di Teverolaccio, di Massa Lubrense, del Formicoso, di San Giorgio La Molara, della Riviera di Chiaia, di Capodimonte, di Miradois, di Napoli.
La Campania è tanta biodiversità umana, agricola e naturale. Ed è impossibile non dire: “ma cosa mi sono perso in questi anni?”. In queste pagine capisci che un’albicocca in Campania non è mai solo un’albicocca. Perché Antonio riesce a dirci che dietro ogni singola azienda agricola che lui ci presenta c’è una storia di amore, rispetto e cura per il paesaggio. Non solo: è amore consapevole e voluto. Tutti i protagonisti del libro fanno quel che fanno, perché lo vogliono fare. E così impariamo che curare il suolo e produrre un buon olio sono cose inseparabili e fatte di proposito. Tutelare il paesaggio e ottenere un’ottima falanghina sono la stessa cosa e fatto con proposito. Che dietro un’ottima mozzarella di bufala ci sono, di proposito, i prati verdi della Campania. Che una pasta come si deve, biologica e senza trattamenti all’origine, è stata ottenuta perché, di proposito, si è deciso di migliorare la fertilità dei suoli. Che la cacioricotta ha alle spalle dei giovani che hanno deciso di rimanere di proposito a fare i pastori. Capite?
Di proposito migliaia di persone ogni giorno tengono in vita un paesaggio che noi non vediamo e che in un nanosecondo ci permettiamo di obliterare prendendo una parte e facendone il tutto. Ognuno di noi, con le sue scelte vuoi alimentari, vuoi turistiche, vuoi culturali può tenere in vita i migliori paesaggi in Italia. Può donare resistenza a quei paesaggi. Se vuole. Ognuno di noi è parte di un progetto di territorio, se vuole. Possiamo essere anche noi, di proposito, energia che dà energia a chi resiste e tiene vivi e vegeti i migliori e più difficili paesaggi italiani. Pochi libri riescono a raccontarti con tale coinvolgimento il paesaggio.
Antonio però non è solo innamorato della nostra Campania (perché la Campania non è solo dei campani, come la Lombardia non solo dei lombardi), ma è anche competente (è un agronomo) di una competenza che ha deciso di non tenere per sé, ma di trasformare in conoscenza per tutti noi. Non solo, Antonio è animato dal fuoco sacro del riscatto della sua Terra (con la T maiuscola). È un patriota. Secondo me è proprio questo, un patriota del contemporaneo. Antonio ha macinato chilometri a piedi, in auto, in elicottero per dirci che la Campania è innanzitutto un’altra cosa. Che la Campania è un crocevia di progetti di territorio unici e belli e che quei progetti di territorio sono l’argine migliore alla criminalità. Che l’urbanistica che ha sventrato le campagne ha avuto vita facile ogni volta che ci siamo dimenticati del valore del suolo e di chi lo lavora. Se dimentichiamo il suolo, lasciamo spazio al peggio. Capita davanti a casa nostra, ma capita anche lontano dalle nostre finestre. Perché il progetto di territorio non è un fatto esclusivo di una comunità amministrativa, ma di un sistema di relazioni complesso e non sempre riconoscibile che si riconosce in una patria i cui confini sono sempre meno amministrativi e sempre più di buon senso, di questioni, di sfide, di valori. I valori di Riccardo, Vittoria, Fabrizio, Mariachiara, Peppino, Mario sono i valori di tutti noi. Gli stessi. E dobbiamo capirlo. Il loro progetto di territorio non può non essere anche il nostro. L’avido individualismo che è stato, ed è, la cifra dell’umore di questo presente ci ha reso egoisti e l’egoismo, in realtà, ci rende ciechi della bellezza che sta dietro un muro di pregiudizi di cui ci convinciamo tropo facilmente. A Capodimonte, la foresta reale è stata aperta a tutti proprio abbattendo un muro e oggi i ragazzini di quei quartieri disagiati hanno prati su cui correre e giocare a pallone. Quella foresta, aperta, è il riscatto sociale di una comunità come può esserlo un nuovo posto di lavoro in una delle aziende agricole che Antonio ci fa visitare.
Eppure siamo ancor tentati di immaginare che tutta la Campania sia terra dei fuochi e, con facilità, giriamo la testa altrove. Peccato perché potremmo scoprire che sono solo una trentina gli ettari da interdire alla coltivazione a causa dei contaminanti da rifiuti mafiosi contro i cinquantamila monitorati (p. 131). E noi per trenta ettari, lo 0,06%, abbandoniamo tutto? Lasciamo tutto alla criminalità? L’antimafia la facciamo tutti assieme, conoscendo come vanno le cose per davvero. La famosa lotta italica per proteggere il suolo e il paesaggio, che Luigi Einaudi nel 1951 chiedeva agli italiani di fare perché era proprio la lotta più dura e necessaria, non la stiamo facendo ancora. Anzi consumiamo suolo con mille trucchi e offendiamo la buona terra che abbiamo inquinandola con indifferenza e boicottaggi. Ci permettiamo di girarci dall’altra parte abdicando al nostro ruolo di alfieri del territorio.
Con questo libro possiamo raccogliere da terra l’atto d’amore e riscatto che Antonio dà a tutti noi e, giustamente, capire che è una questione che ci riguarda. Riguarda tutti noi. Se non ce ne interessiamo ci troveremo per sempre in un paese con la "p" minuscola. Davvero è l’ultima notizia dalla terra: dopo non ce ne saranno più perché le forze verranno meno. A tutti noi decidere di tornare protagonisti della buona sorte di tanti territori del nostro bel Paese: non dimenticandoli mai, mettiamo gli occhi oltre la cortina della menzogna e dell’indifferenza per capire che i territori sono abitati da storie fantastiche e sono queste a fare da argine al peggio. E abitati devono rimanere. Ognuno di noi può essere motore di fragilità e di scoraggiamento altrui o, al contrario, di forza e incoraggiamento per gli altri. A Noi la scelta.
Grazie Antonio della tua ultima notizia dalla terra. La buona terra.
Paolo Pileri
N.d.C. - Paolo Pileri, professore ordinario di Tecnica e Pianificazione urbanistica al Politecnico di Milano, è tra gli ideatori e animatori del progetto VENTO: il progetto di dorsale una cicloturistica tra Venezia e Torino considerata parte integrante del sistema nazionale della ciclabilità turistica, ma che soprattutto è progetto di territorio (www.cicloviavento.it). Cura la rubrica 'Piano Terra' della rivista "Altreconomia".
Tra i suoi libri: Interpretare l'ambiente (Alinea, 2002); Compensazione ecologica preventiva (Carocci, 2007); con E. Granata, Amor loci: suolo, ambiente, cultura civile (Cortina, 2012); con A. Giacomel e D. Giudici, Vento: la rivoluzione leggera a colpi di pedale e paesaggio (Corraini, 2015); Che cosa c'è sotto: il suolo, i suoi segreti, le ragioni per difenderlo (Altreconomia, 2015 e 2016); 100 parole per salvare il suolo (Altreconomia, 2018); con A. Giacomel, D. Giudici, R. Moscarelli, C. Munno e F. Bianchi, Ciclabili e cammini per narrare territori. Arte design e bellezza dilatano il progetto di infrastrutture leggere (Ediciclo 2018); Progettare la lentezza. Linee antifragili per rigenerare l’Italia a piedi e in bici (People, 2020); con R. Moscarelli editors, Cycling & Walking for Regional Development. How slowness regenerates marginal areas, (Springer, 2020)
Per Città Bene Comune ha scritto: Laudato si': una sfida (anche) per l'urbanistica (2 dicembre 2015); Se la bellezza delle città ci interpella (10 febbraio 2017); La finanza etica fa bene anche alle città (3 novembre 2017); L'urbanistica deve parlare a tutti (21 settembre 2018); Udite, udite: gli alberi salvano le città! (9 novembre 2018); Contrastare il fascismo con l'urbanistica (21 marzo 2019); L’ossessione di difendere il suolo (e non solo) (25 ottobre 2019); Per fare politica si deve conoscere la natura (31 gennaio 2020).
Sui libri di Paolo Pileri, v.: Bernardo De Bernardinis, Per una nuova cultura del suolo (28 ottobre 2016); Roberto Balzani, Suolo bene comune? Lo sia anche il linguaggio (12 ottobre 2018).
N.B. I grassetti nel testo sono nostri.
R.R. © RIPRODUZIONE RISERVATA 08 GENNAIO 2021 |