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Ho ricevuto una lettera che mi ha profondamente intrigato, per la serietà della persona che l’ha inviata, che conosco molto bene, e per la sofferenza delle argomentazioni che traspare tra le righe. Diceva così:
Vorrei provare a riflettere su alcune frasi che oggi vengono ripetute come mantra, quasi che anch’esse dovessero penetrare nei corpi degli umani:
“Se non ti vaccini non hai senso della comunità”. Che cos’è questa comunità? La comunità dell’emergenza, volta a proteggere gli ‘ancora vivi’, la comunità del momento, dell’attimo, che ieri era altra e domani sarà altra cosa ancora? Io credo in una comunità che tiene insieme passato, presente e futuro, e soprattutto quel futuro che sono le giovani generazioni e i loro figli e i figli dei loro figli. Non credo invece nella comunità che vuole solo la propria sopravvivenza, che dice ai propri figli: ‘Rischiate un po’ di voi, non abbiamo tempo, c’è qualcosa che ci sovrasta, e sappiamo che questo vaccino ha degli effetti immediati, limita il contagio. Se avrà effetti collaterali domani, ci penseremo domani, anzi ci penserete voi’. Allora io esercito il mio diritto di non far più parte di questa comunità dei non ancora morti.
“La tua libertà finisce dove inizia la mia”. Che cos’è questa libertà che viene descritta come due giardini vicini, che non devono toccarsi? Cos’è questa libertà che è più dalla parte dell’avere che dell’essere? È la libertà del tempo del contagio? Perché solo ieri avremo detto ‘non sono d’accordo con te ma lotterò perché tu possa esprimerti’. In questo nostro misero tempo invece la libertà è il mio piccolo giardino dal quale ti dico che tu puoi scegliere. Se vieni a più miti consigli e cioè se accetti che lo stato penetri nel tuo misero corpo sarai felice, potrai viaggiare e far baldoria, potrai tornare alla normalità: se invece persisti nel tuo comportamento sconsiderato, se non sei disposto a rendere di pubblico dominio le tue povere membra, allora sei fuori.
Concludo con le parole di Madel’stam. “Ci sono epoche che dicono: non ci importa dell’essere umano, l’uomo va usato come mattone, come cemento, non serve costruire per lui, è lui che serve per costruire. L’architettura sociale si misura su scala umana. A volte diventa ostile all’uomo, della cui umiliazione e nullità nutre la propria grandezza. (…) Ognuno avverte la monumentalità dell’architettura sociale che si sta avvicinando. La montagna non si vede ancora, ma già proietta la sua ombra su di noi, ormai disabituati alle forme monumentali della vita sociale e avvezzi alla piattezza statale e giuridica del secolo diciannovesimo, ci muoviamo in questa oscurità paurosi e smarriti, incapaci di capire se sia l’ala della notte imminente o l’ombra della città natale dove dovremo entrare”
Ho provato a rispondere, non senza disagio, evitando lo scontro, ma cercando argomentazioni che risultassero plausibili. Non so se ci sono riuscito. Ma spero che la persona in questione si senta a sua volta ‘intrigata’.
La prima questione: il senso della comunità. Confesso la fatica nel capire la differenza tra comunità d'emergenza e comunità a tutto tondo. Nella mia esperienza di medico conta il concetto di rischio relativo e di vantaggio selettivo. Che intendo dire? Quando devi fare i conti tra un danno certo (quello che fa il virus: 35 mila morti nella prima ondata qui da noi; più del doppio nella seconda-terza ondata; e meno di un migliaio in questa quarta, segnata dai vaccini) e un rischio futuro, solo potenziale e tutto da dimostrare (l'effetto a lungo termine del vaccino), non ti puoi permettere incertezze. D'altra parte è chiaro che il rischio zero non esiste: come non esisteva quando è stata introdotta la penicillina, o gli antitumorali, o i vari vaccini "tradizionali". Che danni potrebbe fare a lungo termine un nuovo vaccino a RNA? Francamente non sappiamo. Ma, guardando il bicchiere mezzo pieno, quali vantaggi (straordinari) può avere ora e potrebbe offrire in altre applicazioni, ad esempio l'individuazione di nuove strategie antitumorali?. Posso capire una certa paura del progresso, ma senza esorcizzarla: non saranno proprio le nuove generazioni a ringraziarci?
Il concetto di libertà: non può essere scisso da quello di responsabilità. Soprattutto in determinati settori. Alludo, in primis, a quello sanitario e a quello scolastico. Quali danni può fare un non vaccinato che porti il contagio in corsia o in classe? Per questo mi sento di dire che, almeno in questi casi, il vaccino sia un obbligo cui non transigere. Per tutti gli altri credo che il green pass sia un punto di caduta "ragionevole". Un fastidio? Una limitazione della libertà? Che dovremmo dire allora della patente di guida, del casco, della cintura di sicurezza, delle limitazioni relative al fumo...? Ecco allora che il rispetto della libertà altrui, anche quella di non vaccinarsi, si coniuga con: puoi non farlo (salvo, comunque, eccezioni) ma almeno accetta le limitazioni imposte dal green pass.
Quanto alla citazione di Mandelstam mi sento punto sul vivo, conoscendone e apprezzandone tutta la grandezza. La sua riflessione non fa una grinza se ancorata alla "sua" epoca che, con tutti i limiti e le criticità della nostra, era ben altra cosa, con ben altre limitazioni delle libertà e prospettive ben più cupe. Per quanto problematici siano i nostri anni, quelli erano terribili. Per noi, ma soprattutto per i nostri figli e nipoti, non è forse un dovere, prima che un diritto, coltivare la speranza?
Pino Landonio Nato nel 1949, padre di due figli e nonno di 5 nipoti. Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1973, e specializzato in Ematologia (1978) e in Oncologia (1986). Ha lavorato come ematologo e poi come oncologo all’Ospedale Niguarda, dal 1975 al 2006. Dal 2005 al 2010 è stato Consigliere Comunale a Milano. Dal 2011 collabora con l’Assessorato al Welfare del Comune di Milano e coordina, a Palazzo Marino, l’iniziativa “Area P” (incontri mensili di poesia). Ha pubblicato, per Ancora, tre raccolte di “Dialoghi immaginari” con poeti di tutti i tempi e paesi (2015, 2017 e 2019) e “Guarda il cielo”(30 racconti, 2016). Ha inoltre pubblicato "Modello Milano " (Laurana, 2019); "Modello Lombardia?" (Ornitorinco, 2020); "E la gente rimase a casa" (La mano, 2021). (ndr)
© RIPRODUZIONE RISERVATA 02 SETTEMBRE 2021 |