“Uno e uno – fanno uno / Basta con il due che - / Va bene per la scuola - / Ma per le scelte interiori / Meglio la vita - o la morte - / O l’eternità - / Due - sarebbe troppo / Per la capacità dell’anima”
È stata il mio personale avatar, Emily Dickinson, con questa meravigliosa poesia, a suggerirmi una riflessione su un paradosso della nostra situazione attuale. Qui c’è tutta la complessità dell’animo umano riassunta in poche ed essenziali parole.
A che cosa mi ha fatto pensare, per contrapposizione? Alla semplificazione imposta, negli scorsi anni, dal corto circuito dell’ “uno uguale a uno”, che ci ha portato alla deriva qualunquista e antiscientifica che ha investito ampi settori (per fortuna non maggioritari) dell’opinione pubblica.
I maitre a penser di questa nefasta mistificazione albergano in settori politici tra loro non necessariamente collimanti: ricordate i vaffa di Grillo (di cui ancora non ha fatto ammenda), o le semplificazioni grossolane di Salvini, fino alla deriva anti-sistema di Fratelli d’Italia?
Dàgli allora al professionista, allo scienziato, all’intellettuale: tutti quanti parassiti, servi del potere, da insultare e mettere alla berlina.
A cominciare dalla politica: a cosa serve lo studio, la preparazione, l’esperienza? A nulla. Anzi: può essere un deterrente, rappresentare un ostacolo. Meglio l’improvvisazione, la demagogia, la capacità di “bucare”.
Con quale risultato? Lo scadimento della qualità delle rappresentanze elettive, e quindi del funzionamento stesso dei consigli comunali e regionali, fino alla stessa Camera e al Senato. Che nostalgia per i grandi partiti di massa che formavano e selezionavano la loro classe dirigente!
E come in un circolo vizioso questo ha contribuito solo a far venir meno la fiducia nella politica, da cui l’impressionante ascesa del non voto, che nell’ultima tornata delle elezioni comunali ha toccato livelli record.
Ma anche in questa pandemia abbiamo osservato un crescente discredito per i professionisti (virologi, infettivologi, epidemiologi) messi sullo stesso piano, quando non sbugiardati, da saccenti improvvisati, demagoghi dell’ultima ora, sedicenti tuttologi. Perfino i medici e gli infermieri, dapprima osannati per la loro abnegazione, sono oggi fatti oggetto di contestazioni e talora di scherno.
Eppure chi si rivolgerebbe a un idraulico improvvisato o a un elettricista neofita per fare un qualsiasi lavoro di casa? Perché allora tanta semplificazione e pressapochismo nel valutare la qualità della politica o la serietà di chi deve occuparsi della nostra salute?
Uno più uno può fare uno in poesia, ma solo per affermare la complessità e la sostanziale unicità delle scelte che la vita esige. L’aberrazione dell’uno uguale a uno applicata alla politica come a qualsiasi altra professione degna di questo nome, non può che fare danno e portarci in un vicolo cieco.
Pino Landonio Nato nel 1949, padre di due figli e nonno di 5 nipoti. Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1973, e specializzato in Ematologia (1978) e in Oncologia (1986). Ha lavorato come ematologo e poi come oncologo all’Ospedale Niguarda, dal 1975 al 2006. Dal 2005 al 2010 è stato Consigliere Comunale a Milano. Dal 2011 collabora con l’Assessorato al Welfare del Comune di Milano e coordina, a Palazzo Marino, l’iniziativa “Area P” (incontri mensili di poesia). Ha pubblicato, per Ancora, tre raccolte di “Dialoghi immaginari” con poeti di tutti i tempi e paesi (2015, 2017 e 2019) e “Guarda il cielo”(30 racconti, 2016). Ha inoltre pubblicato "Modello Milano " (Laurana, 2019); "Modello Lombardia?" (Ornitorinco, 2020); "E la gente rimase a casa" (La mano, 2021). (ndr)
© RIPRODUZIONE RISERVATA 29 OTTOBRE 2021 |