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Leggere un libro in cui si ripongono grandi aspettative è sempre un esercizio rischioso. È banale ricordarlo, ma anche utile nel momento in cui ci si accinge a commentare il secondo romanzo di Paolo Sortino, lo scrittore che più di tutti, nella sua generazione, ha saputo incidere con il libro d’esordio. Quando uscì quattro anni fa, Elisabeth [Einaudi 2011, n.d.r.] fu un pugno nello stomaco per tanti critici e lettori: lo fu per chi ne amò la poesia e la potenza, così come per chi rimase sconcertato o infastidito dall’audacia con cui l’autore si appropriava di una storia vera per farne finzione. Al di là di ogni giudizio, Sortino aveva saputo dimostrare una lucidità e un rigore stilistico rari, capaci di trasformare in opera letteraria una storia che sembrava non poter essere suscettibile di riscritture. Chi già conosce Sortino, quindi, non può arrivare a Liberal (il Saggiatore 2015) senza condizionamenti, senza il bisogno di verificare ad ogni riga se la scommessa è stata mantenuta, se l’autore è finalmente sbocciato. Ma non è questo, almeno nell’immediato, il modo giusto di affrontare questo romanzo, che si presenta con una trama e con uno stile diametralmente opposti rispetto al libro d’esordio.
Di cosa parla Liberal? Al centro della narrazione ci sono una casa e una donna, Sandra, proprietaria di una grande villa borghese immersa nella campagna toscana. Questa villa è l’oggetto di un contratto che consente al regista Teresio Balla – alle spalle delle esperienze nel porno –, al suo aiutante Diego e a tutta la troupe di attori, di insediarvisi per un mese per girare le riprese di un film. In realtà, il film non è altro che un pretesto per realizzare un piano che ha tutt’altro scopo: letteralmente invadere lo spazio vitale di Sandra, trasformarlo secondo i dettami di un progetto dissacrante, che rifiuta tutto ciò che mostra legami con il passato o con una tradizione storica, culturale, etica e soprattutto estetica – il ponte romano che sovrasta un’ansa del fiume che attraversa il giardino abbattuto per lasciare spazio a nuove piattaforme di cemento funzionali alle riprese; la piscina naturale trasformata in vasca collaudata per il programma di Bodycast Aqua; la ricca biblioteca di famiglia sostituita da un blocco di scaffali riempiti esclusivamente con le copie di Le cose di Georges Perec – e che mira a sostituire, metaforicamente ma non solo, le boiserie e le stoffe pesanti dell’interno borghese con lo stile minimal dell’acciaio e del vetro.
Teresio e i suoi uomini sono i rappresentanti di una nuova stirpe giunta a ratificare il passaggio a una nuova epoca, fuori dal tempo storico e tutta votata alla superficialità e alla bellezza: «Ora siamo nel tempo nuovo della Superficie, e siamo maestosi, gloriosi, agili senza sforzo». Di questo gruppo di superuomini Teresio è il leader, colui che ha reclutato tutti gli attori e colui che riprende in continuazione tutto ciò che accade. Perché il film che dev’essere girato non prevede scene né battute, ma si compone in presa diretta, nell’accadere dei fatti: «Ogni cosa che registro è un omaggio al cambio di rotta che vogliamo imprimere al mondo».
L’attenzione del regista, tuttavia, si concentra soprattutto su Sandra, vero e unico obiettivo del complotto. Teresio e i suoi vogliono manipolare la sua coscienza, forzarla, portarla allo sfinimento per poterla così cooptare alla compagnia degli homines novi. Sandra, borghese colta e progressista, ambiziosa e ipocritamente coscienziosa, incarna infatti il mondo antico contro cui Teresio combatte: «Sandra è perfetta per perpetuare la dinastia dei ministri dei beni culturali, più vecchi dei monumenti che tutelano». Sandra rappresenta lo storicismo, il legame con il passato, il rigore morale, il piacere e il dolore come conseguenze di avvenimenti emotivamente coinvolgenti, l’interpretazione e la comprensione come pratiche di esperienza della realtà. Nel nuovo tempo della leggerezza, invece, tutto questo dev’essere azzerato per fare spazio alle superfici levigate e lisce degli oggetti impiegati per riarredare la casa: i nuovi materiali, gli oggetti e i loro nomi commerciali – regolarmente appuntati dal commento in voice off di Teresio – non sono altro che i correlativi oggettivi di una rinnovata coscienza, semplice e semplificata, schiava di un desiderio – di potere e di avere – privo inconscio, di una libido che si mostra sfacciatamente alla luce del sole.
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© RIPRODUZIONE RISERVATA 10 SETTEMBRE 2015 |