Alessandro Balducci  
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INNOVAZIONE SOCIALE E PIANIFICAZIONE, INSIEME


Commento al libro di Ezio Manzini



Alessandro Balducci


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Sono stato molto colpito dal libro di Ezio Manzini. Penso che Abitare la prossimità. Idee per la città dei 15 minuti (Egea 2021) sia un lavoro importante, capace di dare sostanza – la sostanza corretta – a questa idea della città dei 15 minuti che ha fatto rapidamente il giro del mondo. Perché c’è molto da dire su questo slogan per trasformarlo in progetto e impressiona la comunità di pensiero che sta dietro questo concetto, che è fatto anche di luoghi comuni e di sfondi di letteratura talvolta banali, se posso. Manzini, al contrario, ci aiuta a fare chiarezza. A comprendere, per esempio, che la città dei 15 minuti non è una città chiusa in quartieri autosufficienti ma, piuttosto, una città dall’urbanità diffusa che continua a funzionare come una comunità urbana e che per essere tale riparte dalle comunità di quartiere o di vicinato. D’altro canto, gli esempi riportati dall’autore, come quello di Nolo o prima ancora dell’Isola a Milano, ne sono la concreta testimonianza. Questi stanno all’incrocio tra cittadini che adottano un luogo, magari venendo da altri quartieri, e l’apertura di nuovi servizi, la riscoperta di cose che c’erano ma che erano seppellite dallo sguardo distratto del quotidiano, la moltiplicazione di iniziative sociali connotate da sentimenti di appartenenza, rivendicazione, orgoglio, riconoscimento.

Per realizzare la città dei 15 minuti bisogna essere consapevoli che è necessario riflettere criticamente sul modo in cui la città si è evoluta fino ad oggi, quella che nel libro viene identificata nella “città delle specializzazioni” che chiede all’abitante di spostarsi in continuazione verso i luoghi deputati a specifiche funzioni. È stato un modello per il quale sembrava non esistessero alternative e invece con la pandemia abbiamo scoperto, drammaticamente, che questo poteva bloccarsi e addirittura soccombere. Una brusca interruzione che però si è accompagnata a quello che Manzini chiama “un grande laboratorio urbano” di sperimentazione di modelli diversi.

La tesi di Manzini è che quel sistema tayloristico non funziona, che produce industrializzazione dei servizi e perdita della dimensione di cura: non solo cioè costringe i cittadini a muoversi da una parte all’altra della città ma anche offre loro servizi spersonalizzati. Privi, appunto, di cura e umanità. Al contrario, i sistemi distribuiti sono molto più resilienti e meno rigidi, come si è dimostrato durante la pandemia. Questo fenomeno di ‘presunte razionalizzazioni’ – come le chiamo io – attraverso concentrazioni sia nel pubblico che nel privato, ha allontanato sempre di più i servizi dal cittadino: le scuole sono diventate istituti comprensivi che hanno messo insieme elementari e medie di diversi plessi con l’obiettivo di risparmiare qualche addetto di segreteria; i servizi sanitari territoriali sono assorbiti dagli ospedali; le USL sono diventate ASL Aziende sanitarie locali; il commercio di vicinato è stato prosciugato dai centri commerciali. Analoga sorte è toccata persino ai Consigli di Zona: a Milano erano venti, più vicini agli “88 quartieri da chiamare per nome” del PGT, oggi si sono trasformati in nove strutture intermedie. Aggiungo che è ancora tutto da dimostrare che quel tipo di razionalizzazione abbia prodotto qualche risparmio gestionale, mentre è dimostrato che ha determinato l’allontanamento dei cittadini dai servizi, dal pubblico, da ciò che è comune.

 

Un altro importante contributo di Manzini riguarda l’approfondimento che il libro offre sul tema della contaminazione tra spazio fisico e digitale, sul ruolo dei flussi immateriali. Questo è ben rappresentato nel passaggio tra l’idea del “tutto da e a casa” e quelle forme di prossimità che possono svilupparsi a partire da una vera ibridazione, capace di utilizzare le potenzialità offerte dall’infrastruttura digitale non per sostituire ma per potenziare le forme di socialità. L’autore riporta molti esempi di comunità a distanza e il suo contributo ci permette di lasciarci alle spalle quell’idea – un luogo comune – che lo spazio dei flussi annulli quello fisico. Il suo discorso è fondato sulla dimensione incomprimibile del corpo, del corpo nello spazio e nel tempo, che anche i device che ci mettono in contatto con luoghi più lontani non possono negare. È l’idea della “rete della vita” che consente di superare la separazione tra cultura e natura, tra umano e non umano, includendo anche le possibilità offerte dalle nuove tecnologie.

In questo quadro, possiamo pensare a una rigenerazione dei servizi di prossimità, come sperimentato a Parigi e a Barcellona, avanzando l’ipotesi di persone che si muovono di meno e che, grazie a ciò, guadagnano tempo: quello liberato dal pendolarismo o dalla necessità di continui spostamenti. Tempo che, grazie allo sviluppo del lavoro a distanza, può diventare spazio di vita impegnato in attività di cura e di relazione. Ho sviluppato questa stessa riflessione pensando alle potenzialità che questo cambiamento dei modi di lavorare potrebbe comportare sulla diffusione di una urbanità alla scala dell’intera regione urbana. Ogni giorno si riversano su Milano tra 700mila e un milione di persone che percorrono distanze variabili tra 30 minuti e 2 ore. Se – come sembra chiaro e come per altro riportato nel contributo di Ivana Pais in calce al volume – non si tornerà indietro ma ci saranno soluzioni miste di lavoro in presenza e a distanza – lavorando da casa o in spazi di coworking decentrati – queste decine di migliaia di persone potranno investire il loro tempo nelle loro comunità, non solo occupandosi di beni comuni e di attività sociali, ma anche esprimendo una domanda di servizi che può essere di supporto alla diffusione di una nuova urbanità nelle aree più periferiche della regione urbana.

Interessante il ragionamento dell’autore sul riverbero che ciò avrebbe anche in termini di liberazione dello spazio pubblico, non solo dal traffico congestionante e dall’inquinamento, ma proprio dalle auto (anche ferme) liberando aree che potrebbero essere utilizzate per attività sociali, dai dhehor – così diffusi durante la pandemia – fino al gioco in strada. Ho fatto un rapido conto: Milano è una delle città con il miglior rapporto auto-abitanti, circa una ogni due. Ma un’auto occupa circa 8 metri quadrati, il che vuol dire che a Milano le auto occupano uno spazio immenso: 5,6 milioni di metri quadrati, ovvero 36 volte il parco dei giardini Montanelli. Siamo forse alla fine di un’epoca completamente centrata sull’automobile di proprietà? Possiamo pensare ad altri modelli di mobilità?

Molto interessante anche tutta la riflessione sul localismo cosmopolita, che riprende le tesi di Latour sul superamento delle idee di localismo assoluto e di globalizzazione come assi che hanno portato alla attuale crisi: il localismo cosmopolita è invece un ritorno al prendersi cura della rete della vita. Del “terrestre” che ospita il nostro corpo nella consapevolezza dei legami ecosistemici con l’intero pianeta. Da qui scaturisce anche il ragionamento sulla cura, sui diversi tipi di cura, sulla crisi dei modelli di razionalizzazione e industrializzazione della cura, che va nella direzione di un passaggio dall’attuale erogazione di servizi a forme collaborative, come l'esperienza Circle – che Manzini descrive nel libro – per la cura degli anziani o altre forme di innovazione sociale, per esempio le Superilles di Barcellona. E l’onesta ammissione dell’autore sul fallimento di alcuni di questi esperimenti di innovazione sociale è condivisibile, ben sapendo, però, che questi lasciano sotto traccia un capitale intellettuale, sociale e politico che poi genera altre iniziative collaborative. È stato così in entrambi i casi citati.

 

Chiudo con una osservazione e una domanda. L’osservazione è relativa alle conclusioni del libro dove Manzini fa riferimento alla ‘navigazione’ per la costruzione di un progetto per la città della prossimità. Anche qui è sorprendente l’analogia con le riflessioni più avanzate sulla pianificazione. Noi urbanisti parliamo di “strategic navigation” contro un’idea di pianificazione come semplice costruzione di una road map; analogamente Manzini richiama la navigazione a vela contrapponendola a quella di un motoscafo: approcci simili che andrebbero maggiormente indagati per comprenderne appieno le potenzialità. L’interrogativo è quando i processi di innovazione sociale potranno essere riconosciuti come parte di un più generale processo di pianificazione. Sono convinto che debbano cambiare sia lo sguardo con il quale analizziamo le iniziative di innovazione sociale sia le modalità con cui viene concepita l’attività di pianificazione e l’idea di governo della città e del territorio come controllo. Se si pensa alle grandi questioni che la società deve affrontare – come l’immigrazione, l’inquinamento, l’invecchiamento della popolazione – una nuova e più efficace coniugazione tra esperienze "dal basso" e ciò che governando “dall’alto” si potrebbe fare, anche ridefinendo i paradigmi della propria azione, potrebbe essere la soluzione. Dovremmo cioè uscire tanto da una visione eroica dell’innovazione sociale quanto da una carica di pregiudizi sulla pianificazione per ripensare all’importanza del ruolo del pubblico nel costruire capacità collettive in grado di affrontare quelle ineludibili questioni che abbiamo di fronte.

Alessandro Balducci

 

 

NdC. Questo testo è la rielaborazione dell’intervento dell’autore all’incontro con Ezio Manzini tenutosi alla Casa della Cultura il 3 maggio 2022 nell’ambito della IX edizione di Città Bene Comune.

Alessandro Balducci è professore ordinario di Tecnica e Pianificazione urbanistica al Politecnico di Milano, ateneo di cui è stato prorettore vicario. Ha presieduto il Centro nazionale di studi per le politiche urbane, la Società italiana degli urbanisti e l'Association of the European Schools of Planning. È stato tra i fondatori della European Urban Research Association e assessore all'Urbanistica del Comune di Milano.

Tra i suoi libri: Enti locali e territorio. Le competenze dei Comuni in materia di urbanistica (Milano: Ufficio studi ACLI, 1981); Con Mario Piazza, Dal parco sud al cemento armato. Politica urbanistica e strategie immobiliari nell'area milanese (Milano: ACLI, 1981, suppl. a "Il giornale dei lavoratori"); Il rapporto tra obiettivi ed esiti nella pianificazione urbanistica. Un esame del contributo offerto da alcuni filoni di analisi delle politiche pubbliche e dagli "studi di caso" dei processi di piano (Venezia: DrPT/IUAV, 1987); L'implementazione di grandi progetti pubblici. Una indagine sui processi decisionali relativi all'ampliamento dell'aeroporto della Malpensa e alla rilocalizzazione del Policlinico di Milano (Milano: Clup, 1988); Disegnare il futuro. Il problema dell'efficacia nella pianificazione urbanistica (Bologna: il Mulino, 1991); con Paola Ielasi, Emanuele e Ranci Ortigosa (a cura di), Ci sarà una casa. la progettazione partecipata di un hospice nella USSL di Melegnano (Milano: Franco Angeli, 1995); con altri (a cura di), I territori della produzione. Riorganizzare gli spazi della produzione in provincia di Vicenza (Firenze: Alinea, 2006); con altri (a cura di), Atlante dei progetti e delle azioni per l'abitabilità della Provincia di Milano. Progetto strategico città di città (Milano: Provincia di Milano, 2007); con altri, Per la città abitabile. Scenari, visioni, idee: progetto strategico città di città (Milano: Provincia di Milano, 2007); con Valeria Fedeli (a cura di), I territori della città in trasformazione. Tattiche e percorsi di ricerca (Milano: Franco Angeli, 2007); con Valeria Fedeli e Gabriele Pasqui (a cura di), In movimento. Confini, popolazioni e politiche nel territorio milanese (Milano: FrancoAngeli, 2008); con altri (a cura di), Brasilia. Un'utopia realizzata 1960-2010 (Milano: Electa - La Triennale, 2010); con Francesca Cognetti e Valeria Fedeli (a cura di), Milano, la città degli studi. Storia, geografia e politiche delle università milanesi (Milano: Abitare Segesta, 2010); con Valeria Fedeli e Gabriele Pasqui, Strategic planning for contemporary urban regions. City of cities: a project for Milan (Burlington: Ashgate, 2011); con Raine Mäntysalo (a cura di), Urban planning as a trading zone (Dordrecht [etc.]: Springer, 2013); con Luca Gaeta (a cura di), L'urbanistica italiana nel mondo. Contributi e debiti culturali (Roma: Donzelli, 2015); con Valeria Fedeli e Francesco Curci (a cura di), Metabolismo e regionalizzazione dell'urbano. Esplorazioni nella regione urbana milanese (Milano: Guerini, 2017); con Valeria Fedeli e Francesco Curci (a cura di), Oltre la metropoli. L'urbanizzazione regionale in Italia (Milano: Guerini, 2017); con Valeria Fedeli e Francesco Curci (a cura di), Post-metropolitan territories. Looking for a new urbanity (London-New York: Routledge, 2017); con Valeria Fedeli e Francesco Curci (a cura di), Ripensare la questione urbana. Regionalizzazione dell'urbano in Italia e scenari di innovazione (Milano: Guerini, 2017), con Louis Albrechts e Jean Hillier (a cura di), Situated Practices of Strategic Planning. An International Perspective (Londra-New York: Routledge, 2017), con Daniele Chiffi, e Francesco Curci (a cura di), Risk and Resilience. Socio-Spatial and Environmental Challenges, (Springer: Cham, 2020), con Giovanni Azzone e PIercesare Secchi (a cura di), Infrastrutture e città: innovazione, coesione sociale e digitalizzazione, (Francesco Brioschi: Milano, 2020), con Simonetta Armondi, Martina Bovo e Beatrice Galimberti (a cura di), Cities Learning from a Pandemic: Towards Preparedness (Londra-New York: Routledge, 2022).

Per Città Bene Comune ha scritto: Studio, esperienza e costruzione del futuro (1° marzo 2018).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

07 OTTOBRE 2022

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Luca Bottini
Oriana Codispoti
Filippo Maria Giordano
Federica Pieri

cittabenecomune@casadellacultura.it

iniziativa sostenuta da:
DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Conferenze & dialoghi

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
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2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2019: G. Pasqui | C. Sini
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2021: V. Magnago Lampugnani | G. Nuvolati
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

2021: programma/1,2,3,4
2022: programma/1,2,3,4
 
 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori
2019: Alberto Magnaghi

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020: online/pubblicazione
2021: online/pubblicazione
2022:

G. Consonni, Le parole come abito morale, commento a: G. Scaramuzza, In fondo al giardino (Mimesis 2015)

G. Amendola, Progettare il futuro della città impresa, commento a: G. Dioguardi, L’impresa enciclopedia (Guerini Next 2022)

G. Pasqui, Case pubbliche: una questione aperta, commento a: A. Delera, E. Ginelli, Storie di quartieri pubblici (Mimesis 2022)

C. Olmo, Per una progressive age, riflessione a partire da: D. T. Rodgers, Atlantic Crossings (Harvard University Press 1998)

R. Budini Gattai, Abitare le città storiche, patrimoni viventi, commento a: I. Agostini, D. Vannatiello, Une ville à habiter (Eterotopia France 2022)

G. Fossa, Urbanistica a Milano tra guerra e dopoguerra, commento a: R. Busi, 1944-1946 Piani per la Milano del futuro ovvero La solitudine del tecnico (Maggioli 2020)

A. di Campli, Forme ed ecologie della coesistenza, commento a A. Gabbianelli, La differenza amazzonica (LetteraVentidue 2021)

M. C. Ghia, Roma: una città reale, molte immaginarie, commento a: P. O. Rossi, La città racconta le sue storie (Quodlibet 2021)

G. Consonni, Una città visionaria per catturare l'incanto, commento a: N. Dal Falco, Un viaggio alla Scarzuola (Marietti 2021)

L. P. Marescotti, Pianificare è necessario, nonostante tutto, riflessione a partire dai libri di: F. Schiaffonati (Lupetti 2021), P. Portoghesi (Marsilio, 2019), G. Piccinato (Roma-Tre Press), et al.

L. Rossi, La cartografia come spazio di vita, commento a: D. Poli, Rappresentare mondi di vita (Mimesis 2019)

C. Tedesco, Una cultura urbana che riparta dal vissuto, commento a: C. Cellamare, F. Montillo, Periferia. Abitare Tor Bella Monaca (Donzelli 2020)

M. Barzi, Indagare i margini, ovunque si trovino, commento a: J. L. Faccini, A. Ranzini, L’ultima Milano (Milano, Fondazione G. Feltrinelli 2021)

C. Mazzoleni, Riaffermare il ruolo dell'Urbanistica, Commento a: C. Doglio, Il piano aperto, a cura di S. Proli (Elèuthera 2021)

A. M. Brighenti, Il fascino discreto dell'interstizio urbano, commento a: B. Bonfantini, I. Forino, (a cura di), Urban interstices in Italy (Lettera Ventidue 2021)

R. Pavia, Il porto come soglia del mondo, commento a: B. Moretti, Beyond the Port City (Jovis 2020)

S. Sacchi, Lo spazio urbano è necessario, commento a L. Bottini, Lo spazio necessario (Ledizioni 2020)

D. Calabi, La "costituzione" degli ebrei di Roma, commento a: A. Yaakov Lattes, Una società dentro le mura (Gangemi 2021)

F. Ventura, Memoria dei luoghi ed estetica dell'Ircocervo, riflessione a partire da: G. Facchetti, C’era una volta a San Siro (Piemme, 2021) e P. Berdini, Lo stadio degli inganni (DeriveApprodi 2020)

E. Scandurra, Il territorio non è una merce, commento a: M. Ilardi, Le due periferie (DeriveApprodi 2022)

A. Mela, Periferie: serve una governance coerente, commento a: G. Nuvolati, Alessandra Terenzi (a cura di), Qualità della vita nel quartiere di edilizia popolare a San Siro, Milano (Ledizioni 2021)

M. A. Crippa, Culto e cultura: una relazione complessa, commento a: T. Montanari, Chiese chiuse (Einaudi 2021)

V. De Lucia, La lezione del passato per il futuro di Roma, commento a: P. O. Rossi, La città racconta le sue storie (Quodlibet 2021)

M. Colleoni, Mobilità: non solo infrastrutture, commento a: P. Pucci, G. Vecchio, Enabling mobilities (Springer 2019)

G. Nuvolati, Una riflessione olistica sul vivere urbano, commento a: A. Mazzette, D. Pulino, S. Spanu, Città e territori in tempo di pandemia (FrancoAngeli 2021)

E. Manzini, Immaginazione civica, partecipazione, potere, commento a: M. d'Alena, Immaginazione civica (Luca Sossella 2021)

C. Olmo, Gli intellettuali e la Storia, oggi, commento a: S. Cassese, Intellettuali (il Mulino 2021); A. Prosperi, Un tempo senza storia (Einaudi 2021)

A. Bagnasco, Quale sociologia e per quale società?, commento a: A. Bonomi (a cura di), Oltre le mura dell’impresa (DeriveApprodi 2021)

R. Pavia, Le parole dell'urbanistica, commento a A. A. Clemente, Letteratura esecutiva (LetteraVentidue 2020)

G. Laino, L'Italia ricomincia dalle periferie, commento a: F. Erbani, Dove ricomincia la città (Manni 2021)

G. Consonni, La bellezza come modo di intendersi, commento a: M. A. Cabiddu, Bellezza. Per un sistema nazionale (Doppiavoce 2021)