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Leggendo il libro di Luigi Casanova, Ombre sulla neve. Milano-Cortina 2026. Il “libro bianco” delle Olimpiadi invernali (pref. di Vanda Bonardo, Altreconomia 2022), così approfondito e documentato, mi sono più volte interrogato sul motivo per cui non fosse stato scritto da quei politici che si sono opposti prima alla candidatura e poi all’assegnazione delle Olimpiadi invernali del 2026 all’Italia. Pagina dopo pagina mi sono chiesto: ma esistono veri oppositori? Ci sono rappresentanti politici dai ragionevoli dubbi che hanno preso carta e penna e costruito un dossier tecnico e preciso come quello di Casanova? Ahinoi, non credo. Eppure, come lo ha fatto questo autore, potevano doverosamente farlo coloro che hanno ricevuto un preciso mandato dai cittadini, ma non è accaduto. Non accade, purtroppo. E finché non accade, la nostra società avrà sempre bisogno di uno, dieci, cento Casanova ovvero donne e uomini che preservano lo spazio del pensiero critico e ci aiutano ad aprire gli occhi, a ragionare sulle cose al di là delle onde emotive e delle ideologie di appartenenza. Il ritratto che esce dal libro è un mix tra cemento (e il cemento, abbiamo imparato, mette d’accordo ogni parte politica), esclusione dalla partecipazione popolare (i cittadini non sanno nulla di quel che si farà), insostenibilità (tanto degrado e alterazione di paesaggi e ambienti naturali e tanta astuzia per non fare o fare male le valutazioni ambientali necessarie: altro che prendersela con la burocrazia) e inganno finanziario (già perché l’Italia ha vinto la candidatura sostenendo che non vi sarebbero state spese pubbliche e invece siamo già a tre miliardi).
Questo libro, tuttavia, va oltre le opacità che disvela dicendoci quanto ingenuamente tutti noi siamo caduti nella trappola del pensiero neo/ultraliberista che, spesso e volentieri, oggi assume furbamente le sembianze persuasive degli eventi sportivi, della digitalizzazione, della transizione energetica, della logistica, del turismo green per continuare a fare i suoi affari e mettere al sicuro il proprio capitale a spese di tutti, lasciando credere a noi, popolino, che avremo da guadagnarci qualcosina, che il Paese crescerà, che ci divertiremo: falso. La scrittura di Luigi Casanova ci apre gli occhi disvelando quel che crediamo indolore e persino foriero di sostenibilità, inclusione e buona economia e che, invece, si rivela l’esatto contrario. Lo abbiamo visto con i mondiali di calcio in Qatar: migliaia di lavoratori morti per costruire stadi per un evento di quindici giorni e un fiume di soldi per pochi. Eppure, siamo come stregati dagli eventi e non capitalizziamo le esperienze negative così da cambiare registro: un vero disastro di massa.
Luigi Casanova non demorde. Il suo è un vero e proprio lavoro dal metodo scientifico e dalla mole impressionante: decine e decine di documenti raccolti, atti e delibere consiliari, leggi e decreti, statuti e notizie, interviste e colloqui. Ha visitato di persona tutti i luoghi dove opere ciclopiche e fuori scala, come spesso dice, deturperanno per sempre quel che rimane di bello delle Alpi. Ha dimostrato come Fondazioni e Comitati di Regioni, Province e Comuni coinvolti nell’affare olimpico, si guardino bene dal parlare di biodiversità o ecosistemi portando l’attenzione altrove e cercando così di far dimenticare la fragilità delle montagne. Ha ricostruito la composizione dei consigli di amministrazione di quelle Fondazioni e come sono intrecciate tra loro, seppur formalmente autonome, così da garantire che ogni Regione e ogni Provincia possa gestire la sua fetta di potere come crede e vuole, ma allo stesso tempo con alcune medesime persone, sfidando anche la conflittualità di interessi.
Ovvio che un libro così non poteva che scriverlo un attivista ambientale libero quale è Luigi Casanova. Accanto al suo lavoro voglio però ricordare anche quello di Duccio Facchini di Altreconomia.it, in parte riportato nel volume, dove sono ricostruiti i rapporti tra la Fondazione Milano-Cortina, la Società che si occuperà della realizzazione delle infrastrutture (Simico) e i governi Conte e Draghi, le spese folli, l’elenco di opere stradali che stravolgeranno i paesaggi e che nulla hanno a che fare con le Olimpiadi. Una ricostruzione che ci consegna un ritratto italico di cui non andare fieri, dove l’opacità è protagonista e l’astuzia di rallentare le procedure per arrivare a ottenere superpoteri di commissariamento è ormai la via cercata da certa politica e certe istituzioni. In più punti l’autore dimostra il mancato coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni sulle opere che si andranno a realizzare. Un’esclusione ottenuta con perizia millimetrica: i cittadini vengono invitati a partecipare in date assurde o con preavvisi ridotti o rendendo loro disponibili solo parte dei materiali di progetto o, al contrario, sommergendoli di una mole tale di pagine da rendere impossibile una lettura critica. Ombre difficili da scovare e dai tratti super ingannevoli.
Tutto questo ruota attorno a due argomenti principali del libro: la sostenibilità e la spesa pubblica. Entrambe sono state promesse che il comitato promotore Milano-Cortina ha utilizzato per aggiudicarsi l’Olimpiade 2026 ma che, come Luigi Casanova dimostra portando anche i pareri di tante associazioni ambientaliste, ha già ampiamente tradito. Il primo tradimento, della sostenibilità, si è consumato, innanzitutto, nel fare di tutto per evitare la Valutazione Ambientale Strategica nazionale. Inaudito che nel pieno della crisi ecologica e climatica le istituzioni pubbliche, che dovrebbero essere per prime garanti della sostenibilità, abdichino a tale ruolo e al patto stretto con i cittadini. Il secondo tradimento sta nel contraddire la promessa iniziale di ‘nessun costo per i conti pubblici’ per le Olimpiadi. Luigi Casanova riporta una puntuale lista di finanziamenti che, uno dopo l’altro, dimostrano anche ai più miopi che le Olimpiadi invernali 2026 costeranno quasi 3 miliardi di euro ai cittadini italiani. Ma i costi precisi probabilmente non li sapremo mai perché nessuno li sta appuntando e perché la gestione è stata sapientemente segmentata tra diverse amministrazioni, fondazioni e comitati, scoordinati tra loro, così da rendere pressoché impossibile ricostruire la spesa effettiva. Alle spese per le opere olimpiche e per le tante, troppe, strade si aggiungono una pletora di opere fuori controllo che saranno realizzate dai e nei comuni che gravitano nell’orbita dei giochi da chi ancora spera di trarne un qualche vantaggio. Di queste sapremo ancora meno e saranno non meno dolorose per cittadini e ambiente.
Tanto cemento sarà spalmato sulle fragili Alpi. Ce ne renderemo conto solo dopo i venti giorni dei giochi. Già perché tutta la spesa di questo circo è per soli venti giorni. Venti giorni che cambieranno la faccia alla montagna e che peseranno sulle prossime generazioni e sulla contabilità nazionale per chissà quanti anni, visto che ancora oggi stiamo pagando i debiti accumulati da Torino2006. Strade, parcheggi, tangenzialine inutili (la più famosa e inutile è quella di Bormio-Alute), palazzetti, nuove piste da sci, bob e slittino che non saranno mai usate in futuro, rifacimenti completi di trampolini da sci dal costo esorbitante che saranno pressoché abbandonati il giorno dopo la fine dei giochi. E dire che a Cortina i mondiali di sci 2021 hanno già generato devastanti impatti ambientali, come documentato da Casanova. Nessuna lezione è stata appresa e i medesimi errori, se non peggiori, sono già in parte avviati assieme ad altri che giungeranno infiocchettati da quell’usanza inaccettabile che è la pratica della deroga, come spesso la chiama l’autore, che farà decidere in un tempo assurdamente corto che consentirà ai decisori di non farsi scrupoli ambientali. Non ci sarà più tempo per le valutazioni ambientali e men che meno per alcune alternative per gli impianti più impattanti e meno riutilizzabili, come la discussa pista da bob a Cortina. Casanova ricorda che nella vicina Innsbruck c’è una pista di bob fatta e finita e disponibile. Ma niente. Il Veneto, incaponito, vuole farsi la sua buttando al vento decine di milioni di euro e cementificando un’area immensa. E dire che le Olimpiadi sono un evento internazionale che dovrebbe facilitare il ricorso ad alleanze con paesi-partner, soprattutto se sono vicini o ben collegati. E invece l’egoismo prevale.
La conclusione del libro è tanto amara quanto ancora un filo speranzosa. Amara perché il cemento all’orizzonte è tantissimo, i disboscamenti idem, la sottrazione di acqua per assicurarla all’innevamento artificiale anche, il consumo energetico per fare neve finta pure e su tutto questo grava il traffico privato che darà il colpo di grazia a una montagna sempre più sottomessa ai capricci della città consumatrice, sempre più esclusiva. I montanari si troveranno espulsi da Cortina o da Bormio perché là non avranno più possibilità di comprare un alloggio, di trovare un lavoro, di riconoscersi nell’ambiente dei loro padri e nonni. Alcuni hotel sono stati già venduti a grandi catene che nulla hanno a che fare con lo spirito alpino. Il turismo di massa e commerciale la farà sempre più da padrone. Uno scenario apocalittico ma, purtroppo, possibile a meno che – ed è qui il lumicino di speranza che ancora Luigi Casanova tiene acceso dimostrando di non essere contro l’Olimpiade per partito preso, ma per fatti dimostrati – non si abbia il coraggio di sterzare riducendo le spese faraoniche previste, rinunciando a opere inutili e spostando qualche gara altrove, decidendo di fare delle Olimpiadi Milano-Cortina un monumento vero alla sostenibilità che non significa solo usare un po' di auto elettriche, bensì zero consumo di suolo, zero tagli boschivi e prioritario e pieno riutilizzo di quel che c’è che poi, viene ben ricordato, non è che la promessa fatta al Comitato olimpico che ha determinato l’aggiudicazione.
I grandi eventi pensati nel modo in cui lo sono le Olimpiadi26, ma come è stato anche per Expo2015 che ha ampiamente tradito le promesse di sostenibilità iniziali, finiscono per essere carrozzoni che generano spese pubbliche e ricavi privati. Nel caso della montagna non è neppur detto che i ricavi rimarranno in montagna e quindi il rischio quasi certo è che al ventunesimo giorno, spenti i riflettori, alla gente di montagna non resterà che il cemento e un ambiente irriconoscibile dal quale scappare. Per sterzare dobbiamo fare presto e allora il mio consiglio è quello di leggere questo libro, leggere le inchieste delle associazioni ambientaliste (Mountain Wilderness, Wwf, Legambiente, Italia nostra, Cai) e della poca stampa che se ne sta occupando a partire da altreconomia.it. Questo libro, lo ripeto, è anche una collezione di documenti e testimonianze utilissima da sventolare davanti agli occhi di chi ha voluto queste Olimpiadi promettendo una cosa e facendone poi un’altra: Giuseppe Sala, Luca Zaia, Attilio Fontana, Giancarlo Giorgetti e tanti altri puntualmente citati da Luigi Casanova che, di nuovo, ringraziamo.
Paolo Pileri
N.d.C. - Paolo Pileri, professore ordinario di Tecnica e Pianificazione urbanistica al Politecnico di Milano, è tra gli ideatori e animatori del progetto VENTO: il progetto di dorsale una cicloturistica tra Venezia e Torino considerata parte integrante del sistema nazionale della ciclabilità turistica, ma che soprattutto è progetto di territorio (www.cicloviavento.it). Cura la rubrica 'Piano Terra' della rivista "Altreconomia".
Tra i suoi libri: Interpretare l'ambiente (Alinea, 2002); Compensazione ecologica preventiva (Carocci, 2007); con E. Granata, Amor loci: suolo, ambiente, cultura civile (Cortina, 2012); con A. Giacomel e D. Giudici, Vento: la rivoluzione leggera a colpi di pedale e paesaggio (Corraini, 2015); Che cosa c'è sotto: il suolo, i suoi segreti, le ragioni per difenderlo (Altreconomia, 2015 e 2016); 100 parole per salvare il suolo (Altreconomia, 2018); con A. Giacomel, D. Giudici, R. Moscarelli, C. Munno e F. Bianchi, Ciclabili e cammini per narrare territori. Arte design e bellezza dilatano il progetto di infrastrutture leggere (Ediciclo 2018); Progettare la lentezza. Linee antifragili per rigenerare l’Italia a piedi e in bici (People, 2020); con R. Moscarelli (a cura di), Cycling & Walking for Regional Development. How slowness regenerates marginal areas (Springer, 2021); L'intelligenza del suolo. Piccolo atlante per salvare dal cemento l'ecosistema più fragile (Altreconomia, 2022); con Cristina Renzoni e Paola Savoldi, Piazze scolastiche. Reinventare il dialogo tra scuola e città (Corraini, 2022).
Per Città Bene Comune ha scritto: Laudato si': una sfida (anche) per l'urbanistica (2 dicembre 2015); Se la bellezza delle città ci interpella (10 febbraio 2017); La finanza etica fa bene anche alle città (3 novembre 2017); L'urbanistica deve parlare a tutti (21 settembre 2018); Udite, udite: gli alberi salvano le città! (9 novembre 2018); Contrastare il fascismo con l'urbanistica (21 marzo 2019); L’ossessione di difendere il suolo (e non solo) (25 ottobre 2019); Per fare politica si deve conoscere la natura (31 gennaio 2020); Il consumo critico salva territori e paesaggi (8 gennaio 2021).
Sui libri di Paolo Pileri, v.: Bernardo De Bernardinis, Per una nuova cultura del suolo (28 ottobre 2016); Roberto Balzani, Suolo bene comune? Lo sia anche il linguaggio (12 ottobre 2018).
N.B. I grassetti nel testo sono nostri.
R.R.
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