Pino Landonio  
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NEL DANTEDÌ. PERCHÉ CONVIENE RICORDARE


Il 25 marzo è la Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri



Pino Landonio


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Quali sono le ragioni per tornare ogni anno sul luogo del delitto (si fa per dire, ovviamente)? Per mille e una ragione. Perché si ama la poesia, innanzitutto. E nessun poeta italiano (forse al mondo) ha saputo interpretarla in maniera così alta e compiuta. A Dante bastano pochi versi per creare il miracolo: “ era già l’ora che volge il desio / ai naviganti e intenerisce il core / lo di c’han detto ai dolci amici addio / e che lo novo peregrin d’amore / punge, se ode squilla da lontano / che paia il giorno pianger che si more…”: c’è già tutta la nostalgia dell’esule, l’amore per la patria lontana o perduta, la tenerezza dell’ora, il dolore pungente del ricordo, il tempo che scorre, inesorabile. O un verso soltanto per ricostruire una intera esistenza: “Siena mi fe’, disfecemi Maremma”. E Pia de’ Tolomei la sentiamo come creatura viva, che ha sofferto, ma che non per questo si lamenta o impreca: chiede soltanto di essere ricordata, e lo fa con estrema delicatezza: “ deh quando tu sarai tornato al mondo / e riposato de la lunga via / seguito’ il terzo spirito al secondo / ricorditi di me che son la Pia…” E noi la ricordiamo, ancora oggi, come ricordiamo quel Papa, Celestino V, immortalato da Dante in un solo verso: “ colui che per viltade fece il gran rifiuto”, ma senza condannarlo, se mai sospendendo il giudizio. Potremmo continuare, all’infinito. Ma c’è molto altro in Dante.

C’è ad esempio la superba costruzione spirituale con cui ha immaginato il viaggio nell’oltre-mondo, erigendo una cattedrale stupefacente, immensa, inarrivabile. Dove, tuttavia, non ci si perde, ma si viene condotti per mano, come se Virgilio e Beatrice conducessero noi stessi, prima del poeta, a percorrere un viaggio che è dentro di noi, negli abissi o nell’empireo del nostro immaginario. E che ha un solo, tenace obiettivo: “e quindi uscimmo a riveder le stelle” “ puro e disposto a salire alle stelle” “l’amor che move il sole e l’altre stelle” . Le stelle, dunque. Un percorso di elevazione, ma non di fuga. Per migliorarci, qui e ora, perché “ fatti non fummo a vivere come bruti / ma per seguir virtude e conoscenza”.

E la virtù della conoscenza Dante ce la squaderna in maniera mirabile, ma senza sfoggio di erudizione. Si direbbe, anzi, come spirito di servizio, come aiuto alla nostra conoscenza: la sua è una prima mirabile enciclopedia, molto prima di quella degli illuministi, che spazia tra letteratura e filosofia, teologia e biblistica, storia e geografia,astronomia e astrologia, politica: tutto il sapere del suo tempo, il medioevo (altro che secoli bui!) squadernato con una straordinaria capacità di sintesi. Dove anche il “ trasumanar significar per verba / non si poria…” ma Dante lo rende possibile, e comprensibile, alla portata di tutti.

Certo, anche il Dante politico, che prende parte e che, per anticipare Gramsci, è tutto meno che “indifferente”. Lo è stato, del resto, anche nella vita reale, e il suo essere a lungo esule lo testimonia. “Lo scendere e il salir per l’altrui scale” gli deve essere costato molto, ma non ha mai chinato la testa. Né davanti al papato, né di fronte ai suoi avversari fiorentini. Tenendo per sé ben fermo l’ideale di uno stato forte e dai confini vasti: non solo un’idea dell’Italia la sua (“ ahi serva Italia, di dolore ostello / nave senza nocchiero in gran tempesta / non donna di provincie ma bordello”) ma un’idea più ampia, che lo iscriverebbe oggi tra gli europeisti e per l’interdipendenza tra le nazioni.

Ma c’è di più. Dante é l’antesignano sognatore di una pace universale. C’è un passo, nel paradiso, assolutamente commovente: quando Dante, prima di immergersi definitivamente nell’empireo, volge gli occhi all’indietro per vedere i cieli che ha ormai attraversato, e scorge di lontano la terra, come un’astronauta dei giorni nostri, coniuga una terzina che non può essere più affettuosa e dolente. “L’aiuola che ci fa tanto feroci / volgendom’io con gli eterni Gemelli / tutta m’apparve dai colli alle foci”. Dante ci parla dell’oggi, delle nostre guerre sanguinose, ma non dimentica che la terra, di per sé, è un’aiuola, una magnifica aiuola, dove è bello vivere, e respirare, e godere delle mille ricchezze che ci offre. Sempre che le sappiamo cogliere e non le disperdiamo.

 

 

Pino Landonio
Nato nel 1949, padre di due figli e nonno di 5 nipoti. Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1973, e specializzato in Ematologia (1978) e in Oncologia (1986). Ha lavorato come ematologo e poi come oncologo all’Ospedale Niguarda, dal 1975 al 2006. Dal 2005 al 2010 è stato Consigliere Comunale a Milano. Dal 2011 collabora con l’Assessorato al Welfare del Comune di Milano e coordina, a Palazzo Marino, l’iniziativa “Area P” (incontri mensili di poesia). Ha pubblicato, per Ancora, tre raccolte di “Dialoghi immaginari” con poeti di tutti i tempi e paesi (2015, 2017 e 2019) e “Guarda il cielo”(30 racconti, 2016). Ha inoltre pubblicato "Modello Milano " (Laurana, 2019); "Modello Lombardia?" (Ornitorinco, 2020); "E la gente rimase a casa" (La mano, 2021). (ndr)

 


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31 MARZO 2023