Renzo Riboldazzi  
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L'URBANISTICA TRA SPAZIO E CORPI


Cristina Bianchetti a Città Bene Comune



Renzo Riboldazzi


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Mercoledì 10 maggio, alle ore 18.00, in via Borgogna 3 (MM San Babila) prosegue Città Bene Comune, decima edizione di un’iniziativa – ideata e curata da Renzo Riboldazzi e prodotta dalla Casa della Cultura in collaborazione con il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano – volta a promuovere il dibattito pubblico e la riflessione collettiva sui temi della città, del territorio, dell’ambiente, del paesaggio e delle relative culture interpretative e progettuali: sempre a partire da un libro, ovvero da un pensiero critico meditato, il più possibile distante dalle mode effimere, e con l’obiettivo di promuovere una cultura urbanistica diffusa che abbia qualche solido fondamento.

Ospite del secondo incontro sarà Cristina Bianchetti, professore ordinario di Urbanistica al Politecnico di Torino e autrice de "Le mura di Troia. Lo spazio ricompone i corpi" (Donzelli, 2023).

Interverranno in qualità di discussant: Francesco Infussi, professore ordinario di Urbanistica al Politecnico di Milano; Gabriele Pasqui, professore ordinario di Tecnica e Pianificazione urbanistica al Politecnico di Milano; Paola Viganò, professore ordinario di Urbanistica all’Università Iuav di Venezia e all'École Polytechnique Fédérale di Losanna.

L’iniziativa si svolge con il patrocinio dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU), della Società Italiana degli Urbanisti (SIU), della Società dei Territorialisti e delle Territorialiste (SdT), dell’Associazione Italiana di Scienze Regionali (AISRe) e di Accademia Urbana (AU).

[la Redazione]

 

Le ragioni di un incontro

Siamo forse più abituati (e disposti) a pensare che il corpo sia un tema tipico della pittura, della scultura o della fotografia. Personalmente, se ci penso, non posso che ricordare la generosa fisicità e insieme la sensuale tenerezza, priva di qualsiasi volgarità, dei nudi senza tempo che ricorrono nell’opera matura di Giuseppe Ajmone in cui echeggiano i corpi dipinti da Renoir o Cézanne. La potente denuncia dei cumuli di corpi scarnificati di Zoran Music o la struggente umanità delle prostitute di Toulouse-Lautrec colte nella loro intimità. Oppure la levigata morbidità che invita alla carezza dei monumentali bronzi di Henry Moore. Così come – per citarne uno tra i tanti – i primi piani in bianco e nero di Bill Brandt dove corpi spogliati o loro parti sono lì nella loro cruda e insieme umana condizione a inquadrare luoghi e paesaggi da inedite prospettive.

Analogamente siamo forse più abituati (e disposti) a pensare che la relazione tra il corpo e lo spazio appartenga alle stesse arti nei loro rapporti con l’architettura. In Francis Bacon, per esempio, dove lo spazio tridimensionale evocato sulla tela inquadra (o rinchiude) i corpi. Oppure in quei cortili aperti sul paesaggio di Saint-Paul de Vence disegnati da Josep Lluis Sert per Aimé and Marguerite Maeght dove le solitarie, esili e un po’ altere sculture di Giacometti, e non solo queste, ci danno una magistrale lezione di prossemica. Infine, in molteplici architetture di tutte le epoche – da Brunelleschi a Le Corbusier – dove è chiarissima una ricercata relazione tra il corpo e lo spazio: in termini di centralità, negazione, predominanza e così via. E non c’è bisogno di risalire a Leonardo per ricordare quanto la pratica artistica legata al corpo sia stata anche strumento di conoscenza scientifica e viceversa. Un esempio tra tutti: le “cere anatomiche” de La Specola di Firenze esposte fino a luglio alla Fondazione Prada di Milano e rilette da David Cronenberg.

Siamo invece probabilmente meno abituati (e meno disposti) a pensare – come sottolinea Cristina Bianchetti nel suo ultimo libro Le mura di Troia. Lo spazio ricompone i corpi (Donzelli 2023) – a pensare che «l’urbanistica abbia a che fare con i corpi, quanto con gli spazi» (p. 5). Non tanto intesi come “entità statistiche” – che tipicamente l’urbanistica moderna ha adottato per quantificare lo spazio urbano e le sue funzioni – e neppure nei ruoli attoriali caratteristici della disciplina – e dunque in quanto «decisori, promotori, progettisti, costruttori, abitanti» (p. 5) o, aggiungiamo noi, urbanisti – ma, sottolinea l’autrice fin dalle prime pagine di questo suo interessante e a tratti spiazzante lavoro, «con corpi propri, a volte ben riconoscibili, definiti, ingombranti, a volte abbozzi, profili, parole, impronte, espressione di significati ambigui, aperti, contaminati» (p. 5). Corpi che - scrive - sono «desideri e memoria di spazi, di pratiche, di altri corpi», «inscindibili dallo spazio che rivendicano, occupano, domesticizzano, conquistano, abbandonano» (p. 5). Dunque, corpi che sono – allo stesso tempo e non senza qualche ambiguità o improvvisi scarti di senso – oggetti e soggetti, talvolta persone e altre volte massa fisica, individui astratti e cittadini o singole entità e moltitudini. Una faglia che si ricompone solo se ci convinciamo – come l’autrice ci invita a fare – che «il primato della corporeità (del “fare corpo”) si esprime nell’affermazione delle pluralità delle differenze, nell’esplosione del corpo ricomposto nello spazio: non su un foglio liscio, su una superficie bianca, ma dentro la terribile imperfezione che ci accomuna ad altri corpi con i quali condividiamo il medesimo spazio» (p. 132). Anch'esso sostanzialmente astratto, con il quale tuttavia - specie se lo intendiamo sotto forma di strade, piazze, viali, parchi, giardini, paesaggi, ecc. - intratteniamo un legame inscindibile che dice molte cose della nostra società, del nostro modo di abitare il mondo e di concepire il vivere comune, della nostra idea di individuale e collettivo, così come di libertà e democrazia. Soprattutto di ciò che per l’urbanistica – così come altre scienze sociali (ammesso che l’urbanistica, almeno in parte, lo sia) – è, e probabilmente rimarrà sempre, inafferrabile, ovvero: quella «dimensione diversa: materiale, organica, affettiva» tipica della condizione umana (p. 6).

Quella di Cristina Bianchetti è una riflessione che scaturisce da molti rivoli.

Che muove da un altro suo lavoro di qualche anno fa – Corpi tra spazio e progetto (Mimesis, 2020) di cui Carlo Olmo ha dato conto in questa rubrica – e dal suo personale sentire «di avere un rapporto critico con certe forme del discorso urbanistico contemporaneo» (p. 130): dunque dal bisogno di smascherarne incongruenze, limiti, una certa rozzezza ma anche di disvelarne le potenzialità, le possibili vie di fuga, le eventuali alternative.

Che considera lo spazio «dimensione costitutiva della nostra esistenza [perché] – sostiene – non siamo di fronte ad esso spettatori, siamo dentro di esso, in quanto corpi» (p. 52). Lo spazio, cioè, «non è solo il luogo che ci influenza, nel quale siamo, ci immergiamo, agiamo, pensiamo, prendiamo decisioni, sogniamo, abbiamo esperienze sessuali, fisiche, sensoriali» (p. 52) ma è, riprendendo Sartre e Foucault, ciò che “ricompone i corpi”.

Una ricerca che prova, dunque, a rispondere a domande complesse da cui la pratica urbanistica, avviluppata in una quotidianità fatta di una moltitudine di tecnicalità, tende a sottrarsi. «Quali sono – si chiede Cristina Bianchetti – i modi dell’iscrizione del corpo nell’orizzonte del progetto e delle sue pratiche?» (p.128). «Come uscire dalla trappola dell’analogia organica la cui ombra si allunga fino a noi tra la perfezione dell’uomo vitruviano e l’imperfezione di Frankenstein»? (p. 130). «Come dare conto del carattere politico del rapporto tra corpi e spazi nell’azione del progetto?» (p. 131). «Qual è la cornice all’interno della quale i punti di vista dei corpi umani e non umani sono pensati e connotati? Quali sono i modi di combinazione del molteplice?» (p. 54).

Che ha ambizioni non secondarie. In primis, quella di «una revisione critica del linguaggio di quell’area disciplinare che appartiene» (p. 129) all’autrice, l’urbanistica appunto. «Una revisione – precisa – che non intende sostituire attenzioni, parole, posizioni, ma mostrare come siano possibili anche altre» (p. 129). Ma, soprattutto, che si sforza di dimostrare come «sia possibile parlare del progetto urbanistico, delle indagini urbanistiche dal lato del corpo» (p. 129). Perché – sostiene – è a «partire dal legame tra corpi e spazi che [possiamo] aiutarci a fronteggiare la necessità di ridefinire il nostro impegno di intellettuali rileggendo criticamente i campi tradizionali di azione del progetto» (p. 20).

Che si appoggia a «robuste ontologie politiche che fanno riferimento al pensiero di Michel Foucault, Gilles Deleuze, Jean-Luc nancy, Ernesto de Martino» (p. IX) così come a quello di Franco e Franca Ongaro Basaglia, Antonin Artaud, Félix Guattari, Maurice Merleau-Ponty, ma anche Corrado Levi o Bernardo Secchi, per citarne solo alcuni.

Che intreccia traiettorie di vita, studio o passioni personali a luoghi – dalla Facoltà di Architettura di Milano negli anni Settanta all’insediamento informale di Borgo Mezzanone a Foggia, dai luoghi dismessi e abbandonati di molte città agli “spazi necrotizzati” intorno all’Ilva di Taranto – o vicende che fanno parte della storia comune, della cultura (o incultura) del nostro paese, tra cui, per citarne una, quella dei manicomi e della loro chiusura. E che, per certi aspetti, finiscono con l’intrecciarsi con questa bistrattata disciplina. Vicende non necessariamente propriamente urbanistiche ma che con il progetto urbano, o meglio con l’idea di città e società sottesa al progetto urbano, hanno a che fare.

Che diffida «dei grandi quadri di sintesi che si ergono contro l’intreccio mai del tutto razionalizzabile e formalizzabile di discorsi, conoscenze, esperienze e interessi che – scrive – chiamiamo urbanistica» (p. VIII). Questo nella convinzione che «non si dia una forma di progetto che non sia attraversata da tensioni e variazioni. E che la loro compressione in un’univoca forma di progetto sia un’azione politica: di politica istituzionale, accademica, amministrativa» (p. XI). Che l’autrice prova a smontare o quanto meno a inquadrare in un contesto di senso più complesso, meno scontato e allineato al mainstream di una ricerca sempre più schiacciata dalle logiche avvilenti di una produzione scientifica indotta a privilegiare la quantità e non la qualità e l’indipendenza del pensiero.

Da qui, da questa urgenza che accomuna quanti nell’ambito della disciplina sanno coglierne le fragilità e al tempo stesso l’importanza di fronte alle sfide della società contemporanea, vogliamo partire per riflettere sul contributo di questo libro. Questo perché – come sostiene Cristina Bianchetti – «in una fase come quella in cui viviamo, dentro crisi di natura climatica, sanitaria, bellica e dentro le loro intrecciate implicazioni, qualsiasi idea di futuro (qualsiasi piano, politica, azione, progetto, speranza, immagine o proiezione del futuro) non può che avere al centro la protezione della vita» (p. 22). Oggi è «essa stessa oggetto politico» (p. 25) come lo è la «dimensione plurale» del vivere urbano (p. 33). È qui che – chiosa l’autrice – «risiede il connotato riformista dell’urbanistica» (p. 24). Ed è qui che ne va ricercato il futuro.

Renzo Riboldazzi

 

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

05 MAGGIO 2023

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Luca Bottini
Oriana Codispoti

cittabenecomune@casadellacultura.it

iniziativa sostenuta da:
DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Conferenze & dialoghi

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2019: G. Pasqui | C. Sini
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2021: V. Magnago Lampugnani | G. Nuvolati
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

2021: programma/1,2,3,4
2022: programma/1,2,3,4
2023: programma/1,2,3,4
 
 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori
2019: Alberto Magnaghi
2022: Pier Luigi Cervellati

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020: online/pubblicazione
2021: online/pubblicazione
2022: online/pubblicazione
2023:

A. Bruzzese, Una piazza per ogni scuola, commento a: P. Pileri, C. Renzoni, P. Savoldi, Piazze scolastiche (Corraini, 2022)

C. Sini, Più che l'ingegnere, ci vuole il bricoleur, commento a: G. Pasqui, Gli irregolari (FrancoAngeli, 2022)

G. De Luca, L'urbanistica tra politica e comorbilità, commento a: M. Carta, Futuro (Rubbettino, 2019)

F. Erbani, Una linea rossa per il consumo di suolo, commento a: V. De Lucia, L’Italia era bellissima (DeriveApprodi, 2022)

F. Ventura, L'urbanistica fatta coi piedi, commento a: G. Biondillo, Sentieri metropolitani (Bollati Boringhieri, 2022)

E. Battisti, La regia pubblica fa più bella la città, commento a: P. Sacerdoti, Via Dante a Milano (Gangemi, 2020)

G. Nuvolati, Emanciparsi (e partecipare camminando), commento a: L. Carrera, La flâneuse (Franco Angeli, 2022)

P. O. Rossi, Zevi: cinquant'annidi urbanistica italiana, commento a: R. Pavia, Bruno Zevi (2022)

C. Olmo, La memoria come progetto, commento a: L. Parola, Giù i monumenti? (Einaudi, 2022); B. Pedretti, Il culto dell’autore (Quodlibet, 2022); F. Barbera, D. Cersosimo, A. De Rossi (a cura di), Contro i borghi (Donzelli, 2022)

A. Calafati, La costruzione sociale di un disastro, commento a: A. Horowitz, Katrina. A History, 1915-2015 (Harvard University Press, 2020)

B. Bottero, Città vs cittadini? No grazie, commento a: M. Bernardi, F. Cognetti e A. Delera, Di-stanza. La casa a Milano (LetteraVentidue, 2021)

F. Indovina, La città è un desiderio, commento a: G. Amendola, Desideri di città (Progedit, 2022)

A. Mazzette, La cura come principio regolatore, F. C. Nigrelli (a cura di), Come cambieranno le città e i territori dopo il Covid-19 (Quodlibet Studio, 2021)

P. Pileri, La sostenibilità tradita ancora, commento a: L. Casanova, Ombre sulla neve. Milano-Cortina 2026 (Altreconomia, 2022)

A. Muntoni, L'urbanistica, sociologia che si fa forma, commento a: V. Lupo, Marcello Vittorini, ingegnere urbanista (Gangemi, 2020)