Lavinia Bifulco  
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ESSERE PREPARATI: CITTÀ, DISASTRI, FUTURO


Commento al libro curato da S. Armondi, A. Balducci, et al.



Lavinia Bifulco


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Il libro Cities Learning from a Pandemic: Towards Preparedness, curato da Simonetta Armondi, Alessandro Balducci, Martina Bovo e Beatrice Galimberti (Routledge 2022) è un contributo importante al dibattito sulla preparedness, non solo con riguardo alla pianificazione urbana su cui si concentra in modo specifico.

La preparedness è il riferimento centrale delle linee guida emanate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in tema di minacce per la salute e pandemie. In sintesi, si tratta della capacità di anticipare e di reagire tempestivamente a crisi ed emergenze grazie a tecniche quali la pianificazione basata su scenari, sistemi di allerta precoce e vigilanza, dispositivi sentinella e scorte di forniture (Lakoff 2017).

Il tema dell’essere preparati riguarda anche altre situazioni dagli effetti potenzialmente distruttivi, quali le catastrofi ambientali e le crisi finanziarie. La pandemia è infatti solo uno fra i fenomeni sistemici di portata globale che accrescono le situazioni di incertezza radicale rendendo in tal modo evidente l’incongruenza delle logiche tradizionali di intervento basate sulla prevenzione. Queste ultime presuppongono la possibilità di rilevare e gestire gli eventi minacciosi attraverso il calcolo di probabilità e la distribuzione del rischio. La preparedness fa invece riferimento a minacce potenzialmente catastrofiche ma non prevedibili, le cui conseguenze non possono essere evitate ma solo mitigate (ibidem). Dunque, non si mira ad arrestare eventi futuri – essendo questi ultimi impossibili da prevedersi – ma a intervenire sugli effetti disastrosi di tali eventi. Un punto centrale, da questa prospettiva, è agire su futuri indeterminati o, detto altrimenti, anticipare il futuro nel presente (Pellizzoni 2020). La razionalità su cui si fa leva non è quella predittiva. Viene valorizzata, piuttosto, la capacità di affrontare la sorpresa, lo sviluppo nascosto e l’insorgenza improvvisa.

Come dichiarato nelle battute iniziali del libro – e come segnala eloquentemente il titolo stesso – l’intento del libro è “to test preparedness as an opportunity to see if it generates good ideas” (p. 4). Già questo promette bene (promesse mantenute, occorre anticipare). Nessuna pretesa di fornire soluzioni né tanto meno ricette. L’obiettivo è discutere e sollecitare prospettive per ripensare i problemi prima ancora per risolverli. Siamo cioè nel campo del problem setting più che del problem solving. Questo vale in un duplice senso: si tratta della postura con la quale si ragiona sul tema ma anche del modo in cui viene definito o ridefinito il tema stesso. Infatti, l’idea di preparedness cui dà corpo il volume è basata sulla capacità di riconoscere – e incidere su – i processi strutturali che nel tempo danno origine a situazioni critiche e potenzialmente distruttive. Proprio perché attestata su direttrici di azione di lungo periodo, questa capacità può consentire di fronteggiare tempestivamente tali situazioni quando esse si presentano con le caratteristiche e le temporalità dell’emergenza.

Occorre dire, a conforto di questa prospettiva, che il dibattito sui disastri invita da tempo a mettere al centro le condizioni di contesto che li coproducono secondo le temporalità della “slow emergency”: cioè come eventi che emergono gradualmente dalla convergenza di fattori diversi di vulnerabilità (Bifulco, Centemeri, Mozzana, 2021). Tutto sommato, questo è accaduto – almeno in parte – proprio nel pieno della pandemia. I discorsi pubblici e scientifici hanno in vario modo sottolineato la necessità di guardare alle connessioni eco-sistemiche dal cui degradare derivano disastri vecchi e nuovi. Ed è ancora vivo il dibattito a proposito di sindemia e pandemia suscitato da un editoriale di Richard Horton (2020) su The Lancet. Vale la pena riportare uno stralcio.

The most important consequence of seeing COVID-19 as a syndemic is to underline its social origins. The vulnerability of older citizens; Black, Asian, and minority ethnic communities; and key workers who are commonly poorly paid with fewer welfare protections points to a truth so far barely acknowledged—namely, that no matter how effective a treatment or protective a vaccine, the pursuit of a purely biomedical solution to COVID-19 will fail. Unless governments devise policies and programmes to reverse profound disparities, our societies will never be truly COVID-19 secure “(p. 874).

 

Rimane il fatto che le strategie prevalenti di governo delle emergenze, non solo sanitarie, sono ben altre. La tendenza comune a contesti differenti sembra infatti quella di privilegiare metodologie di problem solving a forte componente tecnologica che assumono le questioni come date, senza mettere in discussione i processi e i fattori di vulnerabilità – territoriali, sociali, economici, istituzionali, ambientali – che hanno portato alla loro insorgenza. A tale proposito Revet (2020) parla molto efficacemente di “Disasterland”. Predomina cioè una versione “tecnocratica” della preparedness: che riduce a pura questione tecnica ciò che invece è questione di visioni, prospettive, scelte possibili su come organizzare e riorganizzare i nostri contesti socio-ambientali di vita facendo fronte alle vulnerabilità. Detto diversamente, ciò che è questione di politica. La tesi centrale cui dà corpo il libro è, appunto, che la preparedness sia una questione politica, nel senso appena detto. Tanto più perché si tratta della necessità e urgenza di immaginare e disegnare possibilità di futuro per la città: “Urban planning and policy tools shall not only address unpredictable events but also question the horizon of meaning in which we act.… Defining preparedness as a technique to keep a system efficient and functioning within an emergency is not enough if we do not question which system are we keeping in function (p. 262).

 

A sostanziare questa tesi concorrono diversi passaggi nell’opera, che qui richiamo per l’essenziale attraverso alcuni temi-chiave:

a) Infrastrutture critiche: il tema è quello dei beni e dei servizi essenziali per la nostra vita quotidiana. Economia fondamentale:così la definisce il collettivo di ricercatori (https://foundationaleconomy.com/) che da diversi anni propone di ripensare il concetto stesso di economia a partire dalle utilities e dai servizi di welfare fondamentali per il nostro benessere. La pandemia ha messo in luce contemporaneamente la centralità di questi ultimi, il loro essere indispensabili per la nostra sopravvivenza; e gli effetti distruttivi dei processi di mercificazione e finanziarizzazione che li stanno interessando da diversi anni.

b) Coordinamento: la necessità di strutture e logiche appropriate di coordinamento è drammaticamente confermata, non solo in Italia, dai danni provocati dalla frammentazione operante a tutti i livelli: nei rapporti fra locale e nazionale (e sovranazionale); nei rapporti fra i diversi attori e sfere della governance territoriale; nei rapporti inter e infra-organizzativi.

c) Conoscenze condivise: essere preparati significa disporre di infrastrutture organizzative e operative per l’elaborazione, promozione e messa in comune delle conoscenze pertinenti, orientate a coinvolgere non solo gli esperti ma anche gli abitanti, le associazioni, i policy-makers.

d) Cura: la logica della cura socio-ecologica è centrale per riformulare la preparedness in chiave di problem setting. Essa è basata sul riconoscimento, il mantenimento e la riparazione delle interdipendenze fra esseri umani, mondo materiale ed esseri viventi non umani.

 

Tutto questo riguarda la preparedness in generale e la pianificazione di città preparate in particolare. Su come e quanto le città giocano nel quadro pandemico è stato scritto molto, innanzitutto rispetto alla diffusione del contagio. Diversi capitoli del volume propongono approfondimenti tematici che apportano evidenze puntuali in merito, gettando luce, in parallelo, sugli apprendimenti che possiamo ricavarne. Da questo punto di vista il punto centrale e condiviso è la possibilità di ripensare alla razionalità della pianificazione urbana in modo da far fronte a contesti di incertezza radicale, presenti e futuri. Se ne delineano snodi e condizioni a proposito per esempio degli spazi pubblici, dell’abitare, della scuola, della mobilità. In sintesi: si tratta di superare sia la centralità delle logiche del controllo (che, va detto, traspare in controluce in molte declinazioni della smart city) sia la pervasività di logiche settoriali e standardizzanti, per privilegiare invece framework sistemici, che valorizzano l’eterogeneità e l’interdipendenza.

Questa razionalità di gestione delle crisi e delle emergenze è strettamente associata a strutture di governance in grado di coordinare attori e strategie, di operare sulle slow emergencies e sulle interdipendenze, di alimentare conoscenze e responsabilità condivise. Un corollario importante, che tocca la dimensione cognitiva, è quello della capacità di apprendimento collettivo. Come scrivono Paolo Perulli et al. nel volume (p. 85): … it is not about the mistakes that were made by all without exception, but about the reaction to these mistakes. This means that cities can become resilient only if they shift their attention from simply bouncing back to where they were before to bouncing forward to a better place”.

Una prospettiva del genere sicuramente non ha vita facile in tempi di ascesa irresistibile della governance tecnocratica, dovuta a un groviglio di vicende collegate: la neo-liberalizzazione e la neomanagerializzazione dell’azione pubblica; l’ingresso delle ICT e dei big data nel paniere degli strumenti di governo; il cambiamento dei rapporti fra potere ed expertise urbana. La sfida, perciò, è impegnativa. Tanto più in quanto ha una dimensione propriamente politica. Parlare di coordinamento e responsabilità condivisa è un passo importante per cogliere questa dimensione ma è ancora abbastanza allusivo. Si può avanzare un poco dicendo che un governo delle crisi in grado di incidere sui fattori determinanti attraverso un orizzonte politico di lungo termine è intimamente legato a condizioni di deep democracy, come l’ha definita Appadurai (2019) ragionando proprio su casi di vulnerabilità sociale e ambientale estrema. Non processi top-down né tanto meno lo scarico sulla comunità ma poteri messi al servizio di una redistribuzione di agency, risorse, chances di vita. Non è poco.

La ricerca da cui nasce questo volume, così come la ricerca sulla preparedness in ambito sanitario e agroalimentare che chi scrive sta conducendo con altri (nella cui impostazione, inutile dirlo, risuonano molto le cose dette qui), possono comunque aiutare a individuare possibilità per modificare condizioni di vita non più sostenibili per la salute umana, non umana e ambientale. La conoscenza sul tema andrebbe dunque coltivata e alimentata ulteriormente con indagini empiriche e riflessioni a più voci disponibili a confrontarsi, a individuare fili comuni, a mettere in discussione steccati e tecnicismi disciplinari. Difficile ma non impossibile.

Lavinia Bifulco

 

 

Riferimenti bibliografici

Appadurai, A. (2019). Deep Democracy: Urban Governmentality and the Horizon of Politics, Urbanisation, 4, pp. 29-47.
Bifulco L. Centemeri L. Mozzana C., 2021, For preparedness as Transformation, Sociologica, 3, pp. 5-24
Horton R. (2020). Offline: COVID-19 is not a pandemic. The Lancet, 365, 874. DOI:https://doi.org/10.1016/S0140-6736(20)32000-6
Lakoff, A. (2017), Unprepared: Global Health in a Time of Emergency, University of California Pres
Pellizzoni, L. (2020), The Time of Emergency. On the Governmental Logic of Preparedness, Sociologica Italiana, 16, pp. 39–52.
Revet, S. (2020). Disasterland. An Ethnography of the International Disaster Community.
Palgrave Macmillan.

 

N.d.C. – Lavinia Bifulco è professore ordinario di Sociologia generale presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Milano Bicocca dove coordina il dottorato Urban and Local European Studies (URBEUR).

Ha insegnato e/o svolto attività di ricerca presso la New York University, la Universidad Nacional de General Sarmiento (UNGS) di Buenos Aires, la University of Sherbrook (Quebec, Canada), il Centre d'études européennes de Sciences-Po di Parigi.

Fa parte del comitato editoriale di “Socialmente”, del comitato scientifico della collana Transitions and public policies edita da FrancoAngeli, del comitato scientifico del European Social Policy Analysis Network (ESPAnet) e ha contribuito a fondare il gruppo di ricerca multidisciplinare “Sui generis – Laboratory for Sociology of Public Action”.

Ha organizzato convegni e congressi nazionali e internazionali ed è autrice di numerose pubblicazioni scientifiche.

Tra i suoi libri: L'apprendimento organizzativo nei servizi socio-sanitari. Pratiche di cambiamento, problemi e possibilità (F. Angeli, 1996); con Ota de Leonardis, a cura di, L'innovazione difficile. Studi sul cambiamento organizzativo nella pubblica amministrazione (F. Angeli, 1997); Che cos'e una organizzazione (Carocci, 2002; 2012); a cura di, Il genius loci del welfare. Strutture e processi della qualità sociale (Officina, 2003); a cura di, Le politiche sociali. Temi e prospettive emergenti (Carocci, 2005); Che cosa è pubblico? Temi, politiche e trasformazioni della sfera pubblica (Ediesse, 2006); Gabbie di vetro. Burocrazia, governance e libertà (B. Mondadori, 2008); con Carla Facchini, a cura di, Partecipazione sociale e competenze. Il ruolo delle professioni nei piani di zona (F. Angeli, 2013); Il welfare locale. Processi e prospettive (Carocci, 2015); con Carlotta Mozzana, a cura di, Capacità e transizioni giovanili scuola-lavoro. Approcci e prospettive (F. Angeli, 2016); Social policies and public action (Routledge, 2017); a cura di, Azione pubblica. Un glossario sui generis (Mimesis, 2018); con Carlotta Mozzana, a cura di, La gestione sociale dell'abitare. Approcci, strumenti, esperienze (Carocci, 2022).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

25 MAGGIO 2023

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Luca Bottini
Oriana Codispoti

cittabenecomune@casadellacultura.it

iniziativa sostenuta da:
DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Conferenze & dialoghi

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2019: G. Pasqui | C. Sini
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2021: V. Magnago Lampugnani | G. Nuvolati
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

2021: programma/1,2,3,4
2022: programma/1,2,3,4
2023: programma/1,2,3,4
 
 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori
2019: Alberto Magnaghi
2022: Pier Luigi Cervellati

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020: online/pubblicazione
2021: online/pubblicazione
2022: online/pubblicazione
2023:

A. Bruzzese, Una piazza per ogni scuola, commento a: P. Pileri, C. Renzoni, P. Savoldi, Piazze scolastiche (Corraini, 2022)

C. Sini, Più che l'ingegnere, ci vuole il bricoleur, commento a: G. Pasqui, Gli irregolari (FrancoAngeli, 2022)

G. De Luca, L'urbanistica tra politica e comorbilità, commento a: M. Carta, Futuro (Rubbettino, 2019)

F. Erbani, Una linea rossa per il consumo di suolo, commento a: V. De Lucia, L’Italia era bellissima (DeriveApprodi, 2022)

F. Ventura, L'urbanistica fatta coi piedi, commento a: G. Biondillo, Sentieri metropolitani (Bollati Boringhieri, 2022)

E. Battisti, La regia pubblica fa più bella la città, commento a: P. Sacerdoti, Via Dante a Milano (Gangemi, 2020)

G. Nuvolati, Emanciparsi (e partecipare camminando), commento a: L. Carrera, La flâneuse (Franco Angeli, 2022)

P. O. Rossi, Zevi: cinquant'annidi urbanistica italiana, commento a: R. Pavia, Bruno Zevi (2022)

C. Olmo, La memoria come progetto, commento a: L. Parola, Giù i monumenti? (Einaudi, 2022); B. Pedretti, Il culto dell’autore (Quodlibet, 2022); F. Barbera, D. Cersosimo, A. De Rossi (a cura di), Contro i borghi (Donzelli, 2022)

A. Calafati, La costruzione sociale di un disastro, commento a: A. Horowitz, Katrina. A History, 1915-2015 (Harvard University Press, 2020)

B. Bottero, Città vs cittadini? No grazie, commento a: M. Bernardi, F. Cognetti e A. Delera, Di-stanza. La casa a Milano (LetteraVentidue, 2021)

F. Indovina, La città è un desiderio, commento a: G. Amendola, Desideri di città (Progedit, 2022)

A. Mazzette, La cura come principio regolatore, F. C. Nigrelli (a cura di), Come cambieranno le città e i territori dopo il Covid-19 (Quodlibet Studio, 2021)

P. Pileri, La sostenibilità tradita ancora, commento a: L. Casanova, Ombre sulla neve. Milano-Cortina 2026 (Altreconomia, 2022)

A. Muntoni, L'urbanistica, sociologia che si fa forma, commento a: V. Lupo, Marcello Vittorini, ingegnere urbanista (Gangemi, 2020)