Giorgio Azzoni  
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PER UN'ETICA DELLA FORMA ARCHITETTONICA


Commento al libro di Maria Antonietta Crippa



Giorgio Azzoni


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Interpretare la forma architettonica degli edifici per individuarne significati e valori è un esercizio necessario, utile a distinguere opere che esprimono qualità nella sintesi dei caratteri spaziali, funzionali e costruttivi da quelle che l’inseguono nella complessità stilistica d’immediata percezione. Nel corso degli ultimi decenni diversi progetti di rilevo mediatico hanno rivelato fra struttura e forma un evidente scollamento che desta perplessità e pone interrogativi. Dove l’involucro edilizio è inteso come un forte e attrattivo oggetto di design dotato di autonomia formale la struttura portante e le tecnologie impiantistiche gli sono sostanzialmente subordinate per corrispondere ad una configurazione che segue geometrie e finalità diverse. In altre occasioni l’immagine generale è caratterizzata dall’astrazione prodotta dall’uso esibito di materiali tecnici, non-contestuali, scelti secondo criteri prestazionali e spesso mostrati per ostentare trasparenza e leggerezza. Sia dall’aspetto destrutturato in parti formalmente distinte e talvolta visivamente configgenti che dall’apparenza unitaria e stilisticamente omogenea, l’edificio è così inteso come un organismo tecnicamente autosufficiente e autonomo da ogni contesto e luogo. Prodotto astratto e atopico nel suo design, risultato della modellazione digitale e adatto alle molteplici forme della comunicazione globalizzata, ben si presta per veicolare brand più che funzioni e necessità.

Diversamente l’architettura, oltre che con il contesto e le funzioni ospitate, manifesta da sempre una rete di relazioni che legano strettamente la configurazione dello spazio con i rapporti volumetrici e con la struttura portante mediante regole geometriche che presiedono al progetto e l’organizzano razionalmente. Dimenticare ciò costituisce una grave distrazione, mentre continuare a ricercarne ragioni ed esempi realizzati aiuta a identificare logiche e intelligenze che risiedono nello statuto della disciplina e nel valore ontologico del costruire.

Poiché l’attualità propone continui stimoli e altrettanti interrogativi, più che mai “è ancora tempo di esplorazione e di diffusione al più vasto pubblico dei fatti dell’architettura; è ancora tempo che urge chiarificazioni, effettivo lavoro culturale oltre il chiuso dei recinti ideologici o di una riduttiva pratica professionale; è ancora tempo di dar corpo e materia consistenti allo sforzo interpretativo in atto, che vede al centro il mestiere dell’architetto, la sua pregnanza, i suoi modi di alimentazione” (1). Oltre a discutere in merito ai fondamenti della disciplina architettonica, che nella civiltà del digitale rappresenta anche una rivoluzione concettuale in quanto “è l’esistente costruttivo e costruito, è modo e forma della stessa relazione sociale, è pensiero che si fa mondo”(2), appare necessario correlare il contemporaneo ad esperienze e ricerche del recente passato da cui trarre (imparando) utili stimoli, con l’intento di ricondurre il dibattito all’idea di architettura come attività di ricerca sui temi ad essa essenziali, che riguardano l’abitare e il costruire.

Aiuta la recente pubblicazione di Maria Antonietta Crippa Antoni Gaudì / Eladio Dieste. Semi di creatività nei sistemi geometrici (Torri del vento, 2022), che pone al centro il ruolo della geometria quale strumento di ricerca e sperimentazione architettonica presso l’opera di due geniali costruttori del Novecento, verificandone esiti e possibilità nella prospettiva di una ricerca storiografica attualizzata. Nel suo essere strumento di correlazione tra forma, numero e forze, la geometria viene posta al centro dello studio perché luogo privilegiato della formalizzazione progettuale, che, se interpretata come espressione del pensiero, può costituire il punto focale di una possibile connessione critica tra l’architettura storicizzata (analogica) e le frontiere dell’attuale architettura parametrica (digitale).

Il volume inaugura la collana Semi di architettura (distinguere e paragonare) diretta da Antonietta Jolanda Lima, che mediante una lettura comparata di protagonisti del Novecento intende individuare possibili risposte alla complessità del progetto e della sua realizzazione. La nuova collana offre l’occasione per riletture e revisioni critiche e, riconoscendo aspetti di fecondità nell’opera di maestri dell’architettura, suggerisce ricerche qualificate e coerenti in grado di arricchire il dibattito contemporaneo, particolarmente complesso e a tratti disorganico.

Lo studio di Maria Antonietta Crippa appare esemplare sia per la scelta dei protagonisti che per i nodi tematici individuati, inscrivibili in metodi progettuali e costruttivi d’ispirazione umanistica rivolti a creare luoghi di qualità a servizio della comunità degli uomini. L’architettura è così intesa come fenomeno più generale del solo fatto edilizio e rappresenta l’attività che meglio fornisce espressione formale alle relazioni, installando un ordine geometrico negli spazi creati e alle attività umane. Tra questi nodi assume significativa ed attuale evidenza il senso di responsabilità civile che ha animato l’opera dei due grandi costruttori e la loro particolare dedizione alla progettazione e all’attività edificatoria come fatto culturale di valenza sociale, condotta a stretto contatto con la natura semplice dei materiali e il lavoro delle maestranze. L’autrice sceglie infatti una lettura parallela che indaga, nelle biografie e nei metodi operativi di Gaudì e Dieste, quanto la loro ricerca sia stata sostenuta da un’ispirazione etica, ricordando che “ambedue sono stati costruttori di architetture di grande valore sociale, artistico e tecnico” la cui opera non è racchiudibile nei soli confini della ricerca strutturale.

È però il sottotitolo scelto da Crippa, Semi di creatività nei sistemi geometrici, a contenere la chiave di lettura dello studio comparato che presuppone un rilancio attualizzabile, particolarmente oggi, nell’epoca della progettazione digitale. L’autrice evidenzia come le idee più feconde della loro inventiva siano rintracciabili all’interno della logica spaziale dei sistemi geometrici utilizzati per comporre forme architettoniche e strutturali. Gaudì e Dieste mostrano la capacità d’interpretare e tradurre antichi e tradizionali sistemi costruttivi in nuove forme proprio attraverso l’attento studio e l’uso intelligente di geometrie, semplici e complesse, che permettono di ottimizzare il comportamento statico e massimizzare i benefici in termini di efficienza ed economicità. La loro ricerca appare particolarmente ricca di connessioni e implicazioni, come ricorda Crippa: Gaudì era architetto con notevole capacità di indagine della logica statico costruttiva degli edifici secondo i principi della statica grafica, prima emergenza della moderna scienza meccanica al cui interno si è sviluppata l’attuale scienza delle costruzioni. È stato inoltre assiduo sperimentatore delle potenzialità, non solo estetiche, dei materiali più diversi, compreso il calcestruzzo armato. Dieste invece era ingegnere esperto calcolatore di strutture in calcestruzzo armato, affascinato dalle potenzialità formali della tecnologia costruttiva basata sul mattone, delle quali ebbe conoscenza per un complesso transfer culturale dalla Spagna alle Americhe”(3).

Come nella pratica di altri grandi ingegneri e architetti del Novecento, il loro processo di ottimizzazione strutturale è stato supportato in maniera decisiva dall’utilizzo dei modelli fisici e dall’esperienza di cantiere, mentre oggi la modellazione tridimensionale avviene prevalentemente in modo virtuale. I programmi software producono simulazioni più complesse e precise sul piano formale ma talvolta meno attendibili su quello costruttivo. È cambiato radicalmente il modo di progettare e di sperimentare i sistemi edilizi e con essi il ruolo (anche sociale) del progettista. Nel corso degli ultimi trent’anni de-costruzione, de-composizione e dis-locazione hanno fondato progettualità spesso provocatorie (talvolta con tratti di cinismo) che agiscono sull’immaginario con l’immediatezza della suggestione istantanea proponendo volumi plastici concepiti secondo criteri dell’animazione multimediale, orientata essenzialmente a produrre un godimento visivo. Oltre a ciò, alcuni progettisti hanno recentemente tentato di formulare nuove teorizzazioni sia di tipo tematico che procedurale, partendo dalle possibilità offerte dalla progettazione assistita digitale e dagli intrecci permessi dall’utilizzo di software derivati da altri ambiti (aeronautico, biologico ecc.) che ogni volta spostano il core creativo in prossimità di altri campi tematici e disciplinari. Tratto comune a queste dinamiche di ibridazione, collettive ma interne alle comunità digitali, è interpretare il liquido dinamismo della contemporaneità nel suo incessante divenire. Anche nei progetti di maggior valore, attualmente si tende ad utilizzare sempre più sistemi in grado di produrre continui adattamenti alle mutabili situazioni utilizzando le logiche matematiche, combinatorie e probabilistiche dei sistemi algoritmici. Deduzione logica, ottimizzazione, previsione e classificazione sono oggi i risultati di un processo finalizzato alla creazione di forme architettonicamente inedite, mentre per Gaudì e Dieste sono conformi a una visione unitaria del processo creativo quale combinazione esatta di tecnica e bellezza.

In entrambi, il legame di coerenza fra geometria, statica e tecniche costruttive si àncora con precisione al nucleo produttivo del metodo architettonico, armonizzando strumenti di pensiero con leggi e materialità proprie dell’edificare. In entrambi lo strumento principale per concepire innovazione spaziale e costruttiva è l’uso creativo (nella sua accezione logica) dei sistemi geometrici, analizzati, scelti e applicati per ottenere forme che nascono dall’ottimizzazione di strumenti e materiali edilizi rendendo il processo praticabile e sostenibile, come ricorda l’autrice del volume: la padronanza di regole geometriche ha generato in Gaudì e in Dieste straordinarie capacità compositive raggiunte nel dominio di dimensioni e proporzioni e nell’ordine delle componenti costruttive, sempre ricondotte a combinazioni tra piani, superfici, rette, curve e volumi. Così osservato, l’uso della geometria risulta analogo a quello della grammatica e della sintassi nel controllo del linguaggio elaborato per comunicare un senso intenzionale. Ovviamente questo suo carattere infrastrutturale, essenziale per un progetto d’architettura, non è garanzia di alti esiti formali o artistici. Non lo è stato da solo, in particolare, per l’architetto catalano e per l’ingegnere uruguayano oggetto qui di indagine. Ha però consentito a loro variazioni ritmiche collegate ad efficienza costruttiva in organismi complessi, a noi, in un processo critico dapprima de-costruttivo e poi ricostruttivo, la comprensione di genesi e iter dei loro percorsi progettuali ed esecutivi. In altri termini: ci hanno consegnato patrimoni materiali ed immateriali, in costruzioni e in principi guida del progetto, di cui occorre divenire eredi consapevoli percependone potenzialità e limiti”(4).

Con questo lavoro Crippa indica vie di ricerca e riflessione che non possiamo disattendere. Studiando la morfogenesi delle costruzioni architettoniche di Gaudì e Dieste risulta evidente come in essa sia centrale il tema originario (ed attuale) di quel sapere della forma insito nella capacità dei grandi sistemi o tipologie strutturali di resistere alle forze e contemporaneamente creare spazi di qualità abitabile. Anche declinato nell’ambito delle strutture resistenti per forma si tratta del più ampio tema dell’architettura come téchne o ars per gli antichi, arte del corretto costruire per Pier Luigi Nervi, “chiarezza costruttiva portata alla sua espressione esatta” per Ludwig Mies van der Rohe.

Come insegna l’esempio dei maestri, per ottenere un’alta qualità complessiva sia del prodotto edilizio che del processo nel suo insieme è necessario operare saldature sempre più accurate nella relazione tra progetto e costruzione, tra forme disegnate e opere realizzate. La ricerca sperimentale dei due progettisti, con tratti pionieristici, ha offerto infatti un contributo metodologico ricco d’intuizioni e foriero di novità nell’ambito della progettazione, anche dei grandi involucri (oggi di grande attualità). Questo tema, così come le altre questioni poste da Crippa nel volume, è tuttora aperto e viene offerto alla nostra discussione e ad altri contributi che l’utile e opportuna collana Semi di architettura potrà accogliere. I ‘semi’ di creatività insiti nei sistemi geometrici che sottendono alle forme strutturali aprono molteplici prospettive di analisi, discussione e ricerca, e sono estendibili a buona parte delle più interessanti ricerche costruttive del Novecento e contemporanee.

Per ampliare il dialogo riprendiamo, per sintesi, alcuni temi affrontati dal libro.

1- L’indagine svolta nel volumetto appare preziosa in quanto indirizza l’attenzione verso aspetti spesso trascurati sia dagli storici che dagli studiosi del mondo delle costruzioni, questi ultimi prevalentemente orientati a svolgere analisi quantitative e a occuparsi astrattamente dei soli aspetti tecnici. Il mondo della tecnologia al contrario è oggi un campo di incontro tra architettura, ingegneria e altri saperi, molto dinamico e in divenire.

Nel rapporto fra arte del costruire e tecnologia vi è qualcosa di essenziale e originario che ne costituisce il carattere di reciprocità. Se l’architettura, per merito dei suoi più alti interpreti, è anche una forma simbolica della razionalità in grado di tradurre la precisione scientifica (geometrica e matematica) in fenomeno materiale, proprio le tecniche edilizie possono essere considerate una categoria di riferimento per riflettere sul senso del produrre architettonico. Così come la progettazione strutturale non può essere considerata un ambito autonomo in grado di autoregolare il progetto in base alle sole leggi statiche, così la volontà di forma (anche di certa architettura contemporanea) non può prescindere dalla realizzabilità tecnica e sociale, in termini di logica ed economia costruttiva, gestionale e politica.

2- Per comprendere l’incontro tra ingegneria e architettura sia come fatto tecnico-costruttivo che come fenomeno culturale ed umano è fondamentale occuparsi degli aspetti contestuali, di saperi e luoghi da cui derivano tali risultati. Perciò, assumono particolare importanza le condizioni culturali, sociali ed economiche in cui i progettisti e i costruttori si trovano ad operare.

La Catalogna con le sue tradizioni costruttive per Gaudì e l’Uruguay ricco solo di terra e mano d’opera per Dieste rientrano nell’analisi come fattori essenziali della loro esperienza architettonica. Piuttosto che guardare allo sviluppo delle tecnologie industriali avanzate dei paesi occidentali, entrambi decisero di far maturare una nuova concezione spaziale e strutturale dal contesto e dalle capacità costruttive delle maestranze, operando quindi da riformatori sensibili dei saperi locali.

Essi tradussero la pratica costruttiva tradizionale della bòveda tabicada in un sistema particolarmente efficiente anche per volumi di grande dimensione, mediante lo studio geometrico delle forme più adatte a sopportarne le spinte e della sua stratificazione accoppiata ad armature leggere in calcestruzzo. In questo modo “le tradizionali prestazioni di questa tecnica, oggi ritenute fattori di sostenibilità, e lo scatto innovativo messo a punto da Gaudì, nel suo utilizzo connesso alle superfici rigate, divennero in Dieste il punto di leva per realizzare un’organica architettura moderna, innovatrice e insieme carica di rimandi alla tradizione sul piano tecnologico”(5). Un processo sperimentale così innovativo, ma realizzato con pochi e tradizionali mezzi, non poteva che nascere in una situazione culturale consolidata, all’interno del quale il progettista assumeva quindi il ruolo dell’innovatore partecipato, sensibile e prossimo a culture locali e a processi condivisi.

L’utilizzo costruttivamente non convenzionale o creativo di materiali e tecniche tradizionali è ancor oggi una pratica possibile (e perseguita) nei molti luoghi dove, per ragioni geografiche o geomorfologiche, non sia possibile installare cantieri di tecnologia avanzata (aree interne, località montane, luoghi isolati) e suggerisce l’idea che l’architettura sia pensabile e attuabile in chiave evolutiva, anche in aree decentrate. Il tema dell’innovazione tecnologica, spesso ritenuto centrale nei processi di modernizzazione, viene trattato da Dieste in termini problematici ma con chiarezza di percorso: “Un dubbio che affiora quando si parla di tecnica è cercare di capire se dobbiamo orientarci verso l'assimilazione dell'atteggiamento dei paesi industrializzati, o se, invece, dobbiamo sviluppare un nostro modello di comportamento. Posto in questi termini, tale dubbio esprime una contrapposizione errata poiché, certamente, dovremo fare entrambe le cose”(6).

Trasformare la ridotta disponibilità economica e tecnologica in energia creativa è un tema molto presente anche nel dibattito contemporaneo. La responsabilità sociale dell’architettura viene affrontata da alcuni anni secondo parametri tipicamente ambientali quali il clima, la disponibilità delle risorse e il loro uso oculato (low cost, low tech), ma raramente si estende all’innovazione strutturale, tema più difficile che richiede doti non comuni, senso pratico, una forte capacità di sintesi intuitiva e precise competenze, tecniche e relazionali.

3 - L’impostazione e l’analisi di Crippa implicano un’architettura e un’ingegneria intese come fatti costruttivi attuati entro processi e pratiche fondate sulla triangolazione tra progetto, leggi di natura e tecniche di cantiere. Fattore di mediazione tra questi ambiti è la geometria, componente fondamentale della struttura mentale del progettista, strumento indispensabile per la redazione di ogni progetto architettonico e suo fattore d’ordine. Se ipotizziamo, come ricorda Leon Battista Alberti nel De re Aedificatoria, che “L’Architettura nel suo complesso si compone del disegno e della costruzione”, ci poniamo nella condizione di cogliere quanto l’espressione grafica del pensiero costruttivo sia finalizzata alla sua realizzazione.

Come, in termini generali, la geometria è parte fondamentale del processo conoscitivo altrettanto le strutture formali definite dalla sua logica esprimono la connessione tra il pensiero astratto e la composta efficienza degli oggetti costruiti. Terminato il compito ordinatore la geometria ‘si ritrae’, assorbita dalle forme realizzate che rendono percepibile il sistema delle molteplici forze in atto. Alla fine del processo solo l’opera diviene centro del sapere architettonico.

Gaudì, convinto che La geometria, per l’esecuzione delle superfici, non complica, anzi ne semplifica il processo costruttivo”(7), conformò lo spazio sulla base di superfici curve derivate dalla logica della catenaria, il più semplice ed elementare punto d’unione tra natura e statica. La sua progettazione, sintesi di materiali, tecniche costruttive, dinamica delle forze e leggi fisiche, si traduce tridimensionalmente in volumi definiti da superfici geometriche mai viste in architettura. Resta tuttavia sorprendente “il sintetico utilizzo di sole tre superfici rigate - l’iperboloide, il paraboloide iperbolico, l’elicoide - che gli consentirono concavità e convessità senza soluzione di continuità di una modellazione coerente con quella di fenomeni naturali. A titolo esemplificativo si possono indicare tre analogie naturali facilmente riconoscibili: per l’iperboloide le strutture ossee; per il paraboloide iperbolico la forma a salto tra le dita di una mano e il raccordo con il terreno del tronco di un albero; per l’elicoide la forma del DNA e la crescita cellulare degli alberi”(8). Proprio perché “dall’uso che Gaudì fece di questo ridotto insieme di forme basilari risulta evidente che la definizione dell’ordinamento geometrico precedette il calcolo strutturale che ne fu verifica” ci è possibile derivare che la geometria sia stata da lui utilizzata in modo generativo, occupando, in un certo senso, il ruolo svolto delle attuali elaborazioni informatiche del progetto.

Queste precisazioni consentono di comprendere come, a livello di metodo e forme realizzate, il geniale architetto catalano possa essere ritenuto inconsapevole precursore di una certa modellazione curvilinea parametrica o computazionale oggi attuale (9). Come già rilevato però, è importante considerare quanto la sua ricerca strutturale fosse finalizzata ad una economia più generale (di ordine anche visivo), perseguita ottimizzando l’uso dei materiali impiegati per ottenere forme correlate al diramarsi degli sforzi e alla loro distribuzione spaziale. In entrambi i progettisti, pur nell’ambito della geometria classica, possiamo pertanto individuare archetipi progettuali del contemporaneo: La novità della geometria di Gaudì emerse nel suo agile utilizzo di catenarie e figure spaziali rigate prima di lui non utilizzate, collegato a verifica statica delle prime secondo il criterio geometrico della funicolare dei carichi. Facendo tesoro di questa stessa tradizione ancorata all’ordinamento della geometria descrittiva euclidea, ma a partire da approfondite conoscenze del calcestruzzo armato e dei suoi processi di calcolo matematico applicati all’esclusivo utilizzo di laterizio, Dieste inventò le volte che chiamò gaussiane in omaggio a un prodigioso moderno calcolatore mentale, il matematico tedesco vissuto tra Settecento e Ottocento Carl F. Gauss”(10).

Più precisamente queste volte gaussiane di Dieste, realizzate in gusci sottili a doppia curvatura con un minimo di armatura “Possono essere descritte anche come forme geometriche generate dalla traslazione rettilinea di una catenaria, a freccia variabile, in sequenza ondulatoria”(11) e, come altre sue strutture, da ritenere dunque come veri “capolavori di essenzialità geometrica”.

4 - La coerenza fra strutture geometriche, tipi e tecniche costruttive rappresenta una chiave di lettura significativa delle ricerche d’innovazione strutturale, sia nel corso della storia che in epoca moderna. A partire dal secolo scorso, ad esempio, l’esplorazione del rapporto tra forma architettonica e struttura resistente è divenuto tema costante soprattutto nell’utilizzo delle geometrie spaziali più complesse, con esiti formali di grande qualità.

Non solo catenarie ma anche superfici rigate a doppia curvatura come conoidi, iperboloidi, paraboloidi iperbolici sono state utilizzate prima da Gaudì e poi da vari costruttori e protagonisti dell’architettura moderna come Eduardo Torroja, Félix Candela e altri. Come sottolinea Gaudì: "II paraboloide è il padre di tutta la Geometria, perché in esso ci sono la proiezione parallela (ortogonale oppure obliqua) e quella radiale (polare)”(12).

In un contesto edilizio rapidamente investito dall’uso prevalente del calcestruzzo armato con funzione portante, sin dagli inizi del Novecento questi e altri importanti progettisti hanno voluto limitarne l’utilizzo entro telai ortogonali. Privilegiando le forme morbide delle sagome curvilinee, hanno pertanto adottato geometrie complesse rese possibili dalla plasmabilità del calcestruzzo, conglomerato privo di forma propria e pertanto facilmente adattabile. Dal punto di vista della pratica esecutiva questa ricerca di evidente fascino e complessità formale è stata gestita secondo principi di risparmio e conduzione contestuale, grazie alla semplicità di costruzione delle casseforme, segno evidente della convergenza verso forme geometriche particolarmente efficienti sia dal punto di vista statico che costruttivo.

5- La linea di ricerca fondata sul rapporto tra forma e struttura, sopra sinteticamente ricordata, ha stimolato l’elaborazione di un linguaggio architettonico che ampliava le potenzialità messe a punto nell’ambito del razionalismo, con risultati particolarmente favorevoli nel progetto di grandi edifici ad aula e a spazialità continua. Tale processo, condotto con adesione sperimentale, non ha sempre raggiunto esiti convincenti sul piano dell’efficacia costruttiva ma offre grandi stimoli alla riflessione critica.

I gusci generati dalla geometria delle coniche hanno consentito negli anni cinquanta del Novecento di realizzare architetture di grande effetto spaziale, mentre parallelamente con altri involucri iniziarono a diffondersi forme estetizzanti prive di coerenze strutturali sconfinando in un formalismo che tuttora ci accompagna. Lo ha ben chiarito Pier Luigi Nervi sulla rivista “Casabella” stigmatizzando, in Critica delle strutture del 1959, le soluzioni prive di una naturale logica costruttiva. Scrisse: “All’inizio di un qualsiasi esame del problema strutturale non è fuor di luogo richiamare l’attenzione sulla duplice finalità: statica, in senso assoluto, ed economico-costruttiva in senso più relativo, di qualsiasi organismo strutturale. La stabilità statica, l’autentico «primum vivere», può ottenersi attraverso una grande varietà di schemi strutturali, tra i quali tuttavia mi pare possibile distinguere due orientamenti di carattere generale corrispondenti a due diverse concezioni del problema e che possono così definirsi: da una parte il tranquillo desiderio di seguire strettamente i sistemi statici più semplici e consoni alle caratteristiche del materiale impiegato, cosicché la struttura diventa quasi la visibile materializzazione del sistema di forze e reazioni in giuoco; dall’altra una ambiziosa ricerca formale che, utilizzando le possibilità della tecnica e dei materiali, raggiunge l’indispensabile equilibrio attraverso giuochi di azioni e reazioni non appariscenti e che non costituiscono elemento visibile della composizione architettonica. I sistemi resistenti di queste strutture sono, a volte, vere e proprie acrobazie tecniche”(13).

Caratterizzato da pragmatico realismo, il pensiero di Nervi è esempio del perseguimento progettuale di una coerenza formale, riconoscibile come concezione modernamente umanistica dell’architettura, dove l’intelligenza del progetto si fa interprete di una bellezza estetica in cui anche le componenti strutturali del manufatto rispondono con coerenza allo svolgersi ordinato e logico delle leggi statiche. È la bellezza definita da Leon Battista Alberti come “l’armonia tra tutte le membra, nell’unità di cui fan parte, fondata sopra una legge precisa per modo che non si possa aggiungere o togliere o cambiare nulla se non in peggio”(14).

6- Questa armonia complessiva delle forme, sia per ragioni strutturali che per una risposta alle leggi dell’equilibrio, non può che trarre stimolo dalla natura. Ancora per Nervi: l’avvicinarsi con animo modesto alle misteriose leggi di natura, lo sforzo di interpretarle e quel comandarle ubbidendo che è l’unico modo per portare la loro maestosa eternità a servizio dei nostri limitati e contingenti scopi, ha in sé una profonda poesia, che può tradursi in forme di una elevata espressività estetica ed artistica”(15). In esse, nel rapporto biunivoco (“comandarle ubbidendo”), egli esprimeva un sentire etico a cui guardare ancora oggi con grande attenzione.

Tornando ai primi passi delle riflessioni qui sviluppate, per Gaudì l’osservazione della natura e il ragionamento sulle strutture geometriche divennero il campo sperimentale su cui innestare, oltre che un pensiero di natura spirituale, anche l’interpretazione per via empirica dei problemi statici. Nella natura egli riscontrò ragioni strutturali dei corpi architettonici, verificate nella loro logica geometrica e matematica applicata sperimentalmente a modelli, realizzati con un team di artigiani multidisciplinare.

Oggi lo studio delle morfologie generatrici ricorrenti in natura deriva da competenze non solo fisico-tecniche ma anche biologiche, indirizzate a comprendere quella poetica delle forze che viene posta alla base di sperimentazioni progettuali nei settori dell'architettura e del product design. Nuovi modi di concepire la progettazione, costruiti entro scenari di ricerca orientati alla definizione delle dinamiche generative della forma, costruiscono l’iter creativo sulla relazione tra diagrammi di forze e l’interconnessione tra spazio, struttura e materia, cercando essenzialmente nei processi una coerenza con i fenomeni di natura. Diversamente, i grandi costruttori del Novecento hanno sottoposto le proprie realizzazioni alla verifica delle leggi naturali sapendo di inserirsi in un Ordine più ampio e superiore, cercando di comprenderlo attraverso la correttezza strutturale e formale delle forme realizzate.

Nell’età che si caratterizza come ibrida, siamo convinti che “le pratiche architettoniche, la loro diffusività, il loro essere mondo nel mondo, attualità come costruzione e costruzione come attualità, debbano essere oggi valutate in un nuovo orizzonte sia etico che estetico”(16), in modo che i parametri un tempo fissi possano tradursi in adattivi, ma nella chiara percezione che progettare e costruire sia un modo per prendersi cura di chi abiterà la Terra dopo di noi.

Crippa sapientemente dunque indica Gaudì e Dieste come maestri anche nel ‘pensiero’ perché l’architettura sia antidoto a squilibri abitativi e dissesti ambientali e possa continuare a svolgere i compiti di cui ha disponibilità, nel definire priorità e urgenze, studiare problemi e fornire soluzioni, facendo in modo che l’uomo possa continuare a dare senso al suo dimorare nel mondo, in quanto abitare è, non solo percepirsi protetti e ben organizzati, ma anche aver coscienza, stando in un contesto singolare, di ‘possedere’ una cultura che dice chi siamo”(17).

Giorgio Azzoni

 

Note
1) M. A. Crippa, estratto dalla sintesi di presentazione della collana Saggi di Architettura da lei diretta per Jaca Book.
2) R. Masiero, L’architettura è (ancora) un’arte?, “Op.Cit.”, n. 163 settembre 2018, p.13.
3) M. A. Crippa, Antoni Gaudì / Eladio Dieste. Semi di creatività nei sistemi geometrici, Torri del Vento Edizioni, Palermo 2022, p. 7.
4) Ivi, p. 75-76.
5) Ivi, p. 34.
6) Eladio Dieste, Tecnologie appropriate e creatività, in E. Dieste, C. Gonzàlez Lobo, Architettura, partecipazione sociale e tecnologie appropriate, Jaca Book, Milano 1996, pp. 9-10.
7) Antoni Gaudì, Idee per l’architettura. Scritti e pensieri raccolti dagli allievi, a cura di I. Puig Boada, Jaca Book, Milano 2011, p.169.
8) M. A. Crippa, Antoni Gaudì / Eladio Diest, cit., p. 24.
9) CFR. Hernan C.R.B. (2004), “Parametric Gaudí”, SIGraID 2004 Conference Proceeding, Unisinos.
10) M. A. Crippa, Antoni Gaudì / Eladio Dieste, cit., pp. 8-9.
11) Ivi, p. 57.
12) Antoni Gaudì, Idee per l’architettura, cit., p. 172.
13) Pier Luigi Nervi, Critica delle strutture, in Casabella-Continuità n.223, gennaio 1959, p.55; ora in Pier Luigi Nervi, Ingegneria, architettura, costruzione, a cura di G. Neri, CittàStudi edizioni, Milano 2014, pp. 176-177.
14) Leon Battista Alberti, De re aedificatoria. libro VI, traduzione italiana vol. II cap.2, p. 446.
15) Pier Luigi Nervi, L’architettura verso forme e caratteri immutabili?, in Scienza o arte del costruire?, Città Studi edizioni, Milano 2014, p. 73.
16) Roberto Masiero, L’architettura è (ancora) un’arte?, cit., p. 9.
17) Maria Antonietta Crippa, Architettura per una ecologia umana integrale. urgenze e prospettive aperte, Speciale N° 30: atti dal simposio Formazione ed evoluzione dell’ambiente: misure e modelli, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Laboratori Nazionali del Gran Sasso, 27 e 28 ottobre 2016, p. 2.



N.d.C. - Giorgio Azzoni, architetto e curatore, è docente di Storia dell’architettura contemporanea, Teorie del paesaggio e Storia dell’arte Moderna all’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia. Consulente scientifico del MUSIL Museo dell’Energia idroelettrica/Museo dell’Industria e del Lavoro “E. Battisti” di Brescia, per la Comunità Montana di Valle Camonica è attualmente curatore scientifico del progetto pluriennale di architettura Vione laboratorio permanente ed è stato il direttore artistico della manifestazione di arte pubblica contemporanea aperto- art on the border, attiva dal 2010 al 2022).

Collabora con le riviste ISAL (Istituto per la Storia dell'Arte Lombarda), Munera (Rivista internazionale di cultura), AB (Atlante Bresciano), scrive su riviste online (Limina, Il Giornale dell’Architettura) ed è​​​​​​ ​corrispondente scientifico di ArchAlp, Rivista internazionale di architettura e paesaggio alpino dell'Istituto di Architettura Montana del Politecnico di Torino.

Autore di ricerche e scritti su modernità e contemporaneo, studia l’architettura e l’ingegneria italiana del Novecento in relazione ai contesti culturali. I suoi ambiti di ricerca riguardano l’abitare e l’arte e l’architettura nel rapporto tra società, tecnica e natura.

Pubblicazioni recenti: Abitare, un paese, in montagna (Catalogo 2021 e cura della mostra di architettura contemporanea dall’arco alpino); con P. Campanella (a cura di), Coabitare l’isola. Spazio pubblico e cura dei luoghi (Mimesis, 2022); Arte contemporanea nella cultura dei luoghi. Aperto 2010-2019 (Distretto Culturale, 2019); Microcosmi montani (Grafo, 2015); Il Museo dell'Energia Idroelettrica (Grafo, 2015)¸ con A. Scodro, Villa Dalegno (Flaneur & Dust, 2013). Ha inoltre curato: Aperto 2011-2013_art on the border (SilvanaEditoriale 2015); Nella Modernità. Architetture del Novecento (Grafo, 2014); Omaggio a Franca Ghitti_aperto art on the border (La Compagnia della Stampa 2014); con M.A. Crippa, La casa degli artisti in Valle Camonica. Un restauro esemplare per i nuovi linguaggi dell'arte (SilvanaEditoriale, 2013); con P. Mestriner, Abitare minimo nelle Alpi (LetteraVentidue, 2013).

Tra i saggi recenti: Arte contemporanea come cura per lo spazio pubblico, in Arte e Spazio Pubblico, a cura di Direzione generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura e Fondazione Scuola dei Beni e delle attività culturali (SilvanaEditoriale 2023); Paesaggio e forma dei luoghi in: Architettura rurale, la memoria del paese, ICOMOS Italia, Comitato scientifico nazionale architettura vernacolare (Roma 2022-23); Trame della cultura scientifica: la collaborazione tra Arturo Danusso, Pier Luigi Nervi e Guido Oberti. Ingegneria del calcestruzzo armato, in ISAL n.34 (Milano 2021); Verum factum del costruire. Ponti e dighe, in Arturo Danusso e il suo tempo. Intuito e scienza nell’arte del costruire, a cura di M.A. Crippa, P. Cimbolli Spagnesi, F. Zanzottera (PoliMi–La Sapienza, Quasar 2020); Bivacco: l’abitare minimo nelle Alpi, in Bivacco, a cura di C. Redake (Bozen 2019); Modernità montana. Scienza e arte del costruire idroelettrico, in Fotografia per l'architettura del XX secolo, a cura di M.A. Crippa e F. Zanzottera (Politecnico di Milano - SilvanaEditoriale 2018).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.




















 

 

 


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01 SETTEMBRE 2023

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

ideato e diretto da
Renzo Riboldazzi

prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano

in redazione:
Elena Bertani
Luca Bottini
Oriana Codispoti

cittabenecomune@casadellacultura.it

iniziativa sostenuta da:
DASTU - Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
 

 

 

Conferenze & dialoghi

2017: Salvatore Settis
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2018: Cesare de Seta
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2019: G. Pasqui | C. Sini
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

2021: V. Magnago Lampugnani | G. Nuvolati
locandina/presentazione
sintesi video/testo integrale

 

 

Gli incontri

2021: programma/1,2,3,4
2022: programma/1,2,3,4
2023: programma/1,2,3,4
 
 

 

Gli autoritratti

2017: Edoardo Salzano
2018: Silvano Tintori
2019: Alberto Magnaghi
2022: Pier Luigi Cervellati

 

 

Le letture

2015: online/pubblicazione
2016: online/pubblicazione
2017: online/pubblicazione
2018: online/pubblicazione
2019: online/pubblicazione
2020: online/pubblicazione
2021: online/pubblicazione
2022: online/pubblicazione
2023:

S. Spanu, Sociologia del territorio: quale contributo?, commento a: A. Mela, E. Battaglini (a cura di), Concetti chiave e innovazioni teoriche della sociologia dell’ambiente e del territorio del dopo Covid-19 ("Sociologia urbana e rurale", n. mon. 127/2022)

F. Camerin, La dissoluzione dell'urbanistica spagnola, commento a: M. Fernandez Maroto, Urbanismo y evolución urbana de Valladolid (Universidad de Valladolid, 2021)

M.Bernardi, Il futuro è nel glocalismo, commento a: P. Perulli, Nel 2050. Passaggio al nuovo mondo (il Mulino, 2021)

F.Ventura, Edifici, città e paesaggi biodegradabili, commento a: V. De Lucia, L’Italia era bellissima (DeriveApprodi, 2022)

M. Ruzzenenti, La natura? Un'invenzione dei tempi moderni, commento a: B. Charbonneau, Il Giardino di Babilonia (Edizioni degli animali, 2022)

G. Nuvolati, Il design è nei territori, commento a: A. Galli, P. Masini, I luoghi del design in Italia (Baldini & Castoldi, 2023)

C.Olmo, Un'urbanistica della materialità e del silenzio, commento a:C. Bianchetti, Le mura di Troia (Donzelli, 2023)

E. Scandurra, Dalle aree interne un'inedita modernità, commento a: L. Decandia,Territori in trasformazione (Donzelli, 2022)

M. Brusatin, Parlare al non-finito & altro, commento a: L. Crespi, Design del non-finito (Postmedia, 2023)

H. Porfyriou, L'urbanistica tra igiene, salute e potere, commento a: G. Zucconi, La città degli igienisti (Carocci, 2022)

G. Strappa, Ogni ricostruzione è progetto, note a partire a: E. Bordogna, T. Brighenti, Terremoti e strategie di ricostruzione (LetteraVentidue, 2022)

L. Bifulco, Essere preparati: città, disastri, futuro,
commento a: S. Armondi,
A. Balducci, M. Bovo,
B. Galimberti (a cura di), Cities Learning from a Pandemic: Towards Preparedness (Routledge, 2022)

A. Bruzzese, Una piazza per ogni scuola, commento a: P. Pileri, C. Renzoni, P. Savoldi, Piazze scolastiche (Corraini, 2022)

C. Sini, Più che l'ingegnere, ci vuole il bricoleur, commento a: G. Pasqui, Gli irregolari (FrancoAngeli, 2022)

G. De Luca, L'urbanistica tra politica e comorbilità, commento a: M. Carta, Futuro (Rubbettino, 2019)

F. Erbani, Una linea rossa per il consumo di suolo, commento a: V. De Lucia, L’Italia era bellissima (DeriveApprodi, 2022)

F. Ventura, L'urbanistica fatta coi piedi, commento a: G. Biondillo, Sentieri metropolitani (Bollati Boringhieri, 2022)

E. Battisti, La regia pubblica fa più bella la città, commento a: P. Sacerdoti, Via Dante a Milano (Gangemi, 2020)

G. Nuvolati, Emanciparsi (e partecipare camminando), commento a: L. Carrera, La flâneuse (Franco Angeli, 2022)

P. O. Rossi, Zevi: cinquant'annidi urbanistica italiana, commento a: R. Pavia, Bruno Zevi (Bordeaux, 2022)

C. Olmo, La memoria come progetto, commento a: L. Parola, Giù i monumenti? (Einaudi, 2022); B. Pedretti, Il culto dell’autore (Quodlibet, 2022); F. Barbera, D. Cersosimo, A. De Rossi (a cura di), Contro i borghi (Donzelli, 2022)

A. Calafati, La costruzione sociale di un disastro, commento a: A. Horowitz, Katrina. A History, 1915-2015 (Harvard University Press, 2020)

B. Bottero, Città vs cittadini? No grazie, commento a: M. Bernardi, F. Cognetti e A. Delera, Di-stanza. La casa a Milano (LetteraVentidue, 2021)

F. Indovina, La città è un desiderio, commento a: G. Amendola, Desideri di città (Progedit, 2022)

A. Mazzette, La cura come principio regolatore, F. C. Nigrelli (a cura di), Come cambieranno le città e i territori dopo il Covid-19 (Quodlibet Studio, 2021)

P. Pileri, La sostenibilità tradita ancora, commento a: L. Casanova, Ombre sulla neve. Milano-Cortina 2026 (Altreconomia, 2022)

A. Muntoni, L'urbanistica, sociologia che si fa forma, commento a: V. Lupo, Marcello Vittorini, ingegnere urbanista (Gangemi, 2020)