Vezio De Lucia  
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NATURA? LA DISTRUZIONE CONTINUA ...


Commento al libro di Antonio Cederna



Vezio De Lucia


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A quasi mezzo secolo dalla prima edizione (Einaudi, 1975), La distruzione della natura in Italia di Antonio Cederna è stato nuovamente pubblicato quest’anno da Castelvecchi, con prefazione di Tomaso Montanari e introduzione di Maria Pia Guermandi. È il terzo libro scritto da Cederna dopo I vandali in casa (Laterza, 1956) e Mirabilia Urbis (Einaudi, 1965) ed è anch’esso soprattutto una raccolta di articoli. Il quarto libro, Mussolini urbanista (Laterza, 1981), è invece un’accurata ricerca storica sullo sventramento del centro di Roma negli anni del fascismo. Diverso dai precedenti è l’ultimo libro, Brandelli d’Italia. Come distruggere il bel paese (Newton Compton, 1991), che comprende: la sola poesia di Cederna a noi nota (A un architetto impegnato), il racconto dell’unico scavo condotto da Cederna archeologo a Carsoli in Abruzzo, l’introduzione a I vandali, un’accurata selezione di articoli (dal “Mondo” e dal “Corriere della Sera”) dal 1950 al 1980 (compreso un articolo dell’agosto 1979 che anticipa il Progetto Fori).

Torniamo a La distruzione della natura. “Il tema dell’opera – si legge nella premessa – è il malgoverno del territorio, il disfacimento delle città, l’abrogazione del paesaggio, la distruzione della natura, l’eliminazione dello spazio fisico necessario alla salute pubblica, lo smantellamento di un’immensa e insostituibile eredità di cultura, la privatizzazione sistematica del suolo nazionale in nome della rendita parassitaria”. E fiorisce la lingua di Cederna diventata celebre, per esempio: “nella maggioranza dei politici al potere si riscontra (parliamo in generale), prima ancora di ogni comprovata malizia, una vera e propria forma di imbecillità”; in Italia la cultura è fatta “in maggioranza di letterati e laureati in legge, eredi di secoli di cortigianeria, accademia, arcadia e arti belle, il cui massimo sforzo è quello di ridurre la natura a paesaggio e il paesaggio a stato d’animo”; i nostri antichi vizi, “come quello che considera ‘notizia’ solo l’evento catastrofico o quasi. Si aspetta a scoprire l’urbanistica quando frana Agrigento, la difesa del suolo quando l’Italia è sommersa dall’alluvione, l’importanza della vegetazione quando d’estate i boschi vanno a fuoco, il problema dell’edilizia popolare quando per conquistare un alloggio si è ammazzati, la necessità del verde quando un bambino annega nei fossi di periferia, la depurazione quando viene il colera”.

Aggiungo: “perché l’Italia frana quando piove”, endecasillabo famosissimo, più volte ripetuto da Cederna, che è anche il titolo di un paragrafo del primo capitolo del libro nel quale sono elencati e commentati i disastri che hanno funestato l’Italia, dalle alluvioni del Polesine del 1951 al Vajont del 1963, al naufragio del novembre 1966 che devastò Venezia e Firenze e un terzo dell’Italia andò sott’acqua, all’inondazione di Genova del 1970, all’alluvione in Calabria e Sicilia tra dicembre e gennaio 1972-1973.

Alla premessa seguono cinque capitoli: Lo sfacelo del Bel Paese, Lo scempio dei parchi nazionali, Quello che fu il giardino d’Europa, L’erba di Roma e di Milano e un’Appendice che comprende un breve articolo Olimpiadi e salute pubblica e un lungo saggio, Traffico e ambiente. Quest’ultimo testo è la relazione di Cederna alla XXX conferenza di Stresa dell’Automobile Club d’Italia del settembre 1973 e merita di essere ricordato. Nel luogo e nell’occasione più importanti per il mondo dell’automobilismo, Cederna si scatena da par suo contro l’automobile. Ecco il sommario della sua relazione: “I guasti causati al territorio dal culto della motorizzazione privata, dall’arretratezza della nostra ingegneria stradale, dalla mancanza di qualsiasi politica urbanistica generale”. Un’ampia relazione, animata da vistosa e ben argomentata ostilità all’automobile articolata nei seguenti paragrafi: l’automobile contro la città, lo sventramento del paesaggio, le autostrade sbagliate, asfalto e natura, i guasti lungo le coste, i guasti in montagna, anche i parchi nazionali, qualche proposta.

Lo sventramento del paesaggio mi pare che sia il paragrafo dov’è più evidente lo spirito di Cederna indignato speciale, come lo chiamavano al “Corriere”. Il punto di partenza è che nella costruzione delle strade prevalgono le stesse regole che hanno determinato l’espansione edilizia e ogni altro intervento sul territorio, quest’ultimo considerato res nullius, terra di conquista da sfruttare guidati solo dagli interessi della rendita fondiaria e “dal culto della mappa catastale”. Per cambiare rotta è indispensabile riconoscere gli errori commessi, non si tratta “di piangere sul latte versato: non con latte infatti abbiamo a che fare ma con asfalto e cemento, permanenti, inalterabili, ineliminabili, che hanno semidistrutto il Bel Paese”.

Fra le conseguenze negative del traffico sull’ambiente che ci circonda, Cederna si sofferma sulla degradazione dello stesso paesaggio stradale, a cominciare dal disastro compiuto verso la fine degli anni Cinquanta quando l’Anas mise mano “alla più ingloriosa delle sue operazioni: l’abbattimento degli alberi che senza colpa né peccato sorgono lungo le strade statali della penisola”. Fu calcolato in 150-200 mila il numero degli alberi segati, invano si cercò di far capire che “nessun albero aveva mai attraversato la strada a nessuno”, che si potevano sistemare guard rail e che se era necessario ampliare la capacità delle strade bastava costruire una nuova carreggiata ai lati dei filari lasciati indenni, che soprattutto era ridicolo prendersela con gli alberi quando si tollerava il disordine urbanistico ai lati delle strade con edifici di ogni genere, “case, palazzi, fabbriche, negozi e quindi muri, fossati, pali, recinti, spigoli, pilastri, chioschi e via dicendo, trasformandoli in corridoi e moltiplicando all’infinito le cause dei disastri”.

Il libro è preceduto da una lunga e argomentata introduzione di Maria Pia Guermandi e da una prefazione di Tomaso Montanari. Per Maria Pia Guermandi “l’inesauribile attualità” di Cederna è confermata dalle riedizioni e riproposizione dei suoi scritti. Un’attualità che “non sta solo nei contenuti specifici della sua denuncia (anche se rileggendo queste pagine si sorride amaramente di fronte all’evidenza dell’imperturbabile continuità dei fenomeni e dei meccanismi contro i quali il giornalista aveva appuntato la sua critica), quanto piuttosto nella validità del suo metodo e della sua proposta”. Un metodo fondato sulla puntigliosa conoscenza dei dati, sull’assunzione a modello degli esempi virtuosi, “pressoché sempre stranieri”, sulla fiducia del sapere scientifico. Cederna è perciò un “classico” che è riuscito “a fornire a un genere specifico, quello della denuncia in ambito urbanistico, paesaggistico e della tutela del patrimonio, una dignità culturale piena”. E l’articolo 52 della Costituzione – “La difesa della patria è un sacro dovere del cittadino” – da Cederna collocato in esergo a La distruzione della natura, non può che intendersi, scrive Maria Pia Guermandi, come “protezione del nostro contesto di vita naturale, del nostro paesaggio, di un bene comune limitato e irriproducibile”.

Per Tomaso Montanari “riproporre oggi questo libro è necessario. Fin dal suo titolo, che allora poteva sembrare apocalittico e oggi è puramente notarile, esso parla di noi, del nostro tempo: di quella porzione italica di una distruzione globale della natura che minaccia ogni giorno più concretamente la stessa sopravvivenza della vita sulla Terra”. Montanari legge La distruzione della natura “come una terribile radiografia profetica di ciò che, puntualmente, saremmo diventati mezzo secolo dopo. Il tono è quello dei profeti: ardente, contundente, apocalittico, a tratti davvero senza speranza. Ed è così che deve essere: se vogliamo una qualunque catarsi, a ognuna di queste pagine dobbiamo piangere, strapparci i capelli, batterci il petto, di fronte a una bellezza ci è stata strappata senza rimedio alcuno”.

Concludo con l’unico paragrafo del libro davvero ottimista, La difesa della costa maremmana, che racconta l’esperienza urbanistica coordinata dei comuni di Cecina, Bibbona, Castagneto Carducci, Sassetta e San Vincenzo, in provincia di Livorno (1), avviata all’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso: “un’iniziativa da additare ad esempio”, scrive Cederna. Il principio di fondo del piano sta nella tutela integrale della fascia litoranea, delle dune ricoperte di “vegetazione pioniera” e di bassa macchia, della pineta e di parte della piana agricola. I novi insediamenti turistici non sono disseminati, ma opportunamente separati da vaste aree agricole e collocati sulle prime pendici delle colline ricoperte di querce e lecci. Il piano prevede inoltre un “parco-riserva”, di circa tremila ettari, che comprende il famoso viale dei cipressi di Bolgheri e si espande fino a 600 metri di altitudine. Una conseguenza della pianificazione coordinata è stata l’istituzione del famoso parco naturale di Rimigliano che prevede un tratto di costa libera di oltre sette chilometri. Un raro pezzo d’Italia dove, nonostante tutto, da ottant’anni il buongoverno del territorio è una pratica corrente.

Vezio De Lucia

 

 

Note

1) Architetti Leonardo Benevolo, Lando Bortolotti, Luigi Gazzola, Vittorio Giorgini, Tommaso Giura Longo, Italo Insolera e Carlo Melograni

 

 

N.d.C. - Vezio De Lucia, urbanista, è stato presidente dell'Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli, segretario generale dell'Istituto Nazionale di Urbanistica, consigliere nazionale di Italia Nostra, consigliere della Regione Lazio e assessore all'Urbanistica del Comune di Napoli.

Tra i suoi libri: con Edoardo Salzano e Francesco Strobbe, Riforma urbanistica 1973 (Edizioni della Lega per le autonomie e i poteri locali, 1973); con Vincenzo Cabianca e Giovanna Censi, Sulla regolamentazione del regime del regime dei suoli (Ceres, 1975); Se questa è una città (Editori Riuniti, 1989; 1992; Donzelli, 2006); Peccato capitale. Storia urbanistica di Roma, da Argan a Carraro (il manifesto, 1993); Napoli. Cronache urbanistiche 1994-1997, a cura di Antonio Pastore (Baldini & Castoldi, 1998); Di mestiere urbanista. Scritti per Il Messaggero (Maggioli, 2008); Le opinioni di un urbanista. Scritti per Eddyburg (Maggioli, 2008); Le mie città. Mezzo secolo di urbanistica in Italia (Diabasis, 2010); con Maria Pia Gueramandi, a cura di, Paesaggio: la tutela negata. Primo rapporto nazionale sulla pianificazione paesaggistica (Italia Nostra, 2010); con Ella Baffoni, La Roma di Petroselli. Il sindaco più amato e il sogno spezzato di una città per tutti (Castelvecchi, 2011); Nella città dolente. Mezzo secolo di scempi, condoni e signori del cemento dalla sconfitta di Fiorentino Sullo a Silvio Berlusconi (Castelvecchi, 2013); con Francesco Erbani, Roma disfatta. Perché la capitale non è più una città e cosa fare per ridarle una dimensione pubblica (Castelvecchi, 2016); Napoli, promemoria. Storia e futuro di un progetto per la città (Donzelli, 2018); L’Italia era bellissima. Città e paesaggio nell’Italia repubblicana (DeriveApprodi, 2022).

Per Città Bene Comune, ha scritto: Crisi dell’urbanistica, crisi di civiltà (18 maggio 2017); La lezione del passato per il futuro di Roma (4 marzo 2022).

Sui libri di De Lucia, v. in questa rubrica: Sergio Brenna, Roma, ennesimo caso di fallimento urbanistico (10 marzo 2017); Federico Oliva, "Roma disfatta": può darsi, ma da prima del 2008 (17 marzo 2017); Francesco Erbani, Una linea rossa per il consumo di suolo (31 marzo 2023); Francesco Ventura, Edifici, città e paesaggi biodegradabili (20 luglio 2023).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri

R.R.

 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

21 SETTEMBRE 2023

CITTÀ BENE COMUNE

Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali

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2015: online/pubblicazione
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2021: online/pubblicazione
2022: online/pubblicazione
2023:

P. C. Palermo, Urbanistica? Necessaria e irrilevante, commento a: A. Clementi, Alla conquista della modernità (Carocci, 2020)

C. Merlini, L'insegnamento di un controesempio, commento a: A. Di Giovanni, J. Leveratto, Un quartiere mondo (Quodlibet, 2022)

I. Mariotti, Pandemie? Una questione anche geografica, commento a: E. Casti, F. Adobati, I. Negri (a cura di), Mapping the Epidemic (Elsevier, 2021)

A. di Campli, Prepararsi all'imprevedibile, commento a: S. Armondi, A. Balducci, M. Bovo, B. Galimberti (a cura di), Cities Learning from a Pandemic (Routledge, 2023)

L. Nucci, Roma, la città delle istituzioni, commento a: (a cura di) A. Bruschi, P. V. Dell'Aira, Roma città delle istituzioni (Quodlibet, 2022)

G. Azzoni, Per un'etica della forma architettonica, commento a: M. A. Crippa, Antoni Gaudì / Eladio Dieste. Semi di creatività nei sistemi geometrici (Torri del vento, 2022)

S. Spanu, Sociologia del territorio: quale contributo?, commento a: A. Mela, E. Battaglini (a cura di), Concetti chiave e innovazioni teoriche della sociologia dell’ambiente e del territorio del dopo Covid-19 ("Sociologia urbana e rurale", n. mon. 127/2022)

F. Camerin, La dissoluzione dell'urbanistica spagnola, commento a: M. Fernandez Maroto, Urbanismo y evolución urbana de Valladolid (Universidad de Valladolid, 2021)

M.Bernardi, Il futuro è nel glocalismo, commento a: P.Perulli, Nel 2050. Passaggio al nuovo mondo (il Mulino, 2021)

F.Ventura, Edifici, città e paesaggi biodegradabili, commento a: V. De Lucia, L’Italia era bellissima (DeriveApprodi, 2022)

M. Ruzzenenti, La natura? Un'invenzione dei tempi moderni, commento a: B. Charbonneau, Il Giardino di Babilonia (Edizioni degli animali, 2022)

G. Nuvolati, Il design è nei territori, commento a: A. Galli, P. Masini, I luoghi del design in Italia (Baldini & Castoldi, 2023)

C.Olmo, Un'urbanistica della materialità e del silenzio, commento a:C. Bianchetti, Le mura di Troia (Donzelli, 2023)

E. Scandurra, Dalle aree interne un'inedita modernità, commento a: L. Decandia,Territori in trasformazione (Donzelli, 2022)

M. Brusatin, Parlare al non-finito & altro, commento a: L. Crespi, Design del non-finito (Postmedia, 2023)

H. Porfyriou, L'urbanistica tra igiene, salute e potere, commento a: G. Zucconi, La città degli igienisti (Carocci, 2022)

G. Strappa, Ogni ricostruzione è progetto, note a partire a: E. Bordogna, T. Brighenti, Terremoti e strategie di ricostruzione (LetteraVentidue, 2022)

L. Bifulco, Essere preparati: città, disastri, futuro,
commento a: S. Armondi,
A. Balducci, M. Bovo,
B. Galimberti (a cura di), Cities Learning from a Pandemic: Towards Preparedness (Routledge, 2022)

A. Bruzzese, Una piazza per ogni scuola, commento a: P. Pileri, C. Renzoni, P. Savoldi, Piazze scolastiche (Corraini, 2022)

C. Sini, Più che l'ingegnere, ci vuole il bricoleur, commento a: G. Pasqui, Gli irregolari (FrancoAngeli, 2022)

G. De Luca, L'urbanistica tra politica e comorbilità, commento a: M. Carta, Futuro (Rubbettino, 2019)

F. Erbani, Una linea rossa per il consumo di suolo, commento a: V. De Lucia, L’Italia era bellissima (DeriveApprodi, 2022)

F. Ventura, L'urbanistica fatta coi piedi, commento a: G. Biondillo, Sentieri metropolitani (Bollati Boringhieri, 2022)

E. Battisti, La regia pubblica fa più bella la città, commento a: P. Sacerdoti, Via Dante a Milano (Gangemi, 2020)

G. Nuvolati, Emanciparsi (e partecipare camminando), commento a: L. Carrera, La flâneuse (Franco Angeli, 2022)

P. O. Rossi, Zevi: cinquant'annidi urbanistica italiana, commento a: R. Pavia, Bruno Zevi (Bordeaux, 2022)

C. Olmo, La memoria come progetto, commento a: L. Parola, Giù i monumenti? (Einaudi, 2022); B. Pedretti, Il culto dell’autore (Quodlibet, 2022); F. Barbera, D. Cersosimo, A. De Rossi (a cura di), Contro i borghi (Donzelli, 2022)

A. Calafati, La costruzione sociale di un disastro, commento a: A. Horowitz, Katrina. A History, 1915-2015 (Harvard University Press, 2020)

B. Bottero, Città vs cittadini? No grazie, commento a: M. Bernardi, F. Cognetti e A. Delera, Di-stanza. La casa a Milano (LetteraVentidue, 2021)

F. Indovina, La città è un desiderio, commento a: G. Amendola, Desideri di città (Progedit, 2022)

A. Mazzette, La cura come principio regolatore, F. C. Nigrelli (a cura di), Come cambieranno le città e i territori dopo il Covid-19 (Quodlibet Studio, 2021)

P. Pileri, La sostenibilità tradita ancora, commento a: L. Casanova, Ombre sulla neve. Milano-Cortina 2026 (Altreconomia, 2022)

A. Muntoni, L'urbanistica, sociologia che si fa forma, commento a: V. Lupo, Marcello Vittorini, ingegnere urbanista (Gangemi, 2020)