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DOVE VA MILANO?
Commento al libro di Lucia Tozzi
Agostino Petrillo
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Dove va Milano? Cos'è oggi Milano? Il libro di Lucia Tozzi – L’invenzione di Milano. Culto della comunicazione e politiche urbane (Cronopio, 2023) – coglie un passaggio d’epoca, in cui la questione della comunicazione diviene la spia di un cambiamento più profondo e radicale nella struttura produttiva e nell'organizzazione sociale della metropoli milanese. Qualche avvisaglia di quanto accade si poteva cogliere in testi precedenti della stessa Tozzi che segnalavano il salto in un terreno nuovo, lo spostamento di Milano in uno spazio inedito, in una “singolarità” per usare una metafora astrofisica, che non è riducibile unicamente alla transizione dal mondo dell’immobiliarismo casereccio alla Ligresti a quello globalizzato dei Catella. Passaggio che avviene quasi fatalmente, per un insieme di circostanze che prescindono probabilmente dalla stessa intenzionalità della amministrazione (non attribuiamole una eccessiva intelligenza progettuale), più spettatrice quasi inconsapevole che responsabile di quanto avviene, almeno nella fase della transizione.
A favorire il passaggio, l’ingresso nella “singolarità Milano”, contribuiscono infatti tutta una serie di fattori che fanno riferimento a un piano non solamente locale. Così come non si possono scaricare tutte le colpe della trasformazione intervenuta sulle miserie della “urbanistica contrattata”, la cui impotenza a intervenire in uno scenario dominato dai grandi capitali internazionali è semmai un sintomo della disparità delle forze in campo, più che una causa degli eventi. E d’altro canto la città segue per molti versi dinamiche note, già analizzate da Neil Brenner e Saskia Sassen, per cui gli stati non redistribuiscono più in maniera uniforme sui territori, ma concentrano le risorse nei centri urbani più competitivi, mentre l’insicurezza delle borse e l’instabilità del quadro geopolitico internazionale spingono i grandi capitali a tesaurizzare sul terreno delle città globali, investendo i profitti nel mattone.
A questi trend più generali va sommata la unevenness, la capricciosità del capitalismo contemporaneo, di cui ha a lungo parlato David Harvey, che agisce in maniera selettiva e imprevedibile, creando una nuova mappa dei territori e disegnando nuovi squilibri sociali e territoriali, privilegiando a volte in maniera casuale un luogo piuttosto che un altro. Qui, dunque, le origini della Milano attuale, in cui predomina una sorta di monocultura dell’immobiliare, alimentata e riprodotta dalla rincorsa continua a sempre nuovi “Grandi Eventi”, e in cui si accentuano le differenze di reddito tra quartieri, mentre giovani e abitanti a basso reddito vengono sfrattati, espulsi e ricacciati sempre più lontano dalle zone centrali, verso i comuni della fascia più esterna, che assurgono a nuova periferia. Milano cresce, ma macina abitanti, ne attira nuovi e ne allontana vecchi, in un incessante turn-over. Sono fenomeni rilevanti che dovrebbero alimentare qualche riflessione che è stata sinora parziale o completamente assente.
Il libro di Lucia Tozzi ha l’indubbio merito di gettare una pietra nello stagno. Denuncia infatti un impaludamento, una debolezza nella riflessione collettiva, che nasce sia da analisi spesso parziali, sia dalla incapacità di cogliere fino in fondo la funzione svolta dalla comunicazione in un simile contesto. È noto da decenni che le agenzie di comunicazione svolgono un ruolo importante oggi nello sviluppo urbano e possono contribuire allo sviluppo di dinamiche attrattive. Ma qui si mette in rilievo un altro aspetto di questa comunicazione che più che al piano internazionale, ai nomadi delle nuove professioni e ai venture capitals si rivolge a un'altra dimensione, quella sociale. La comunicazione del “modello Milano” così come è stata finora reiterata ha due facce: da un lato deve celebrare i fasti di una ritrovata “città del lusso”, rilanciata dopo gli anni opachi che precedono la Expo del 2015, dall’altro ricopre il ruolo di una sorta di blando farmaco sedativo, di promessa di benessere, di ricaduta “per sgocciolamento” di ricchezza, peraltro finora non mantenuta. Così la retorica comunicativa insiste su di una dimensione collettiva, sulla esibizione di un ruolo attivo della cittadinanza che in realtà i processi partecipativi sinora realizzati raramente sono stati in grado di ricoprire. Nemmeno l’idea di una Milano capace di attrarre “capitale umano”, all’insegna della innovazione, resiste alla monocultura dell’immobiliare, e l’obiettivo di una città delle tecnologie avanzate progressivamente illanguidisce dietro il vortice degli affari, mentre lo stesso Richard Florida ritratta la sua visione ottimistica delle magnifiche sorti e progressive delle “città creative”.
Con una divertita cattiveria tutta pamphlettistica l’autrice insiste fornendoci un catalogo delle illusioni e degli slogan di volta in volta agitati, passa in rassegna una sorta di zoo umano, i “mercenari”, che ha incrociato grandi brand e interessi spiccioli, demolisce progetti di rinnovamento altisonanti e spesso vuoti, guarda alle ambiguità di una rigenerazione urbana che sovente è stata un altro nome da dare alla gentrification. Ma forse sulla “singolarità Milano” ci sarebbe da dire di più di quanto non sia contenuto nel libro. In realtà gli studiosi del ciclo dei Grandi Eventi urbani, come Allen Scott hanno mostrato molto bene che questi possono avere un effetto positivo di stimolo solo in quanto sedimentano delle start-up, quando lasciano dietro di sé una scia di laboratori giovanili, di nuove opportunità, di nuovi lavori. Nella Milano dominata dal lavoro povero e a scarso contenuto tecnologico di tutto questo non si vede l’ombra, e le sbandierate smart factories per ora non fioriscono, mentre si continuano a costruire redditizie torri di abitazione.
Non si può vivere di sole fiere e grandi eventi, e lo mostrava bene una vecchia polemica tra Wener Sombart e Henri Pirenne riguardo alla rinascita delle città tra Medioevo e Rinascimento. Sombart sosteneva, non senza molte ragioni, in contrasto con il grande storico francese, che non bastano le “fiere” sia pure periodiche, a fare grande l’economia di una città, ma ci vuole ben altro: distribuzione di ricchezze per “emanazione”, produzione artigiana, capacità di esercizio di potere politico e religioso. Così nel velenoso pamphlet di Lucia Tozzi, se emerge una livida fotografia degli ultimi anni, manca una riflessione sul futuro della città, al di là di sparsi riferimenti, forse un po’ di maniera, alla conflittualità quale fattore di possibile rinnovamento della città. Ma dove va Milano? Quanto reggerà la “singolarità” che si è creata al crocevia tra speculazione immobiliare e Grandi Eventi alla prova degli anni venire, in un contesto internazionale che non appare certo facile e pacificato?
È vero che la bolla da molti vaticinata per il momento non è ancora scoppiata, e la stella di Milano appare sempre più splendente nel mondo degli affari immobiliari: il pericolo è che diventi una supernova! Certo, su tutto questo un’amministrazione minimamente lungimirante un pensierino lo dovrebbe fare…
Agostino Petrillo
N.d.C. - Agostino Petrillo è professore associato di Sociologia dell'Ambiente e del Territorio al Politecnico di Milano.
Tra i suoi libri: La città perduta. L'eclissi della dimensione urbana nel mondo contemporaneo (Dedalo, 2000); con Sandro Mezzadra (a cura di), I confini della globalizzazione. Lavoro, culture, cittadinanza (Manifestolibri, 2000); Max Weber e la sociologia della città (Franco Angeli, 2001); Città in rivolta. Los Angeles, Buenos Aires, Genova (Ombre corte, 2004); con Stefano Padovano, Sociologia (Vallardi, 2004; 2008); Identità urbane in trasformazione (Coedit, 2005); con Paolo Bossi e Emilio Guastamacchia, Progetti di infrastrutture nella regione urbana (Franco Angeli, 2006); Villaggi, città, megalopoli (Carocci, 2006); con Cesare Blasi e Gabriella Padovano, Nomadismo. Il futuro dei territori (Maggioli, 2011); con Laura Longoni (a cura di), Fiumara. Il nuovo polo urbano e la città(Ledizioni, 2012); Peripherein. Pensare diversamente la periferia (Franco Angeli, 2013); con Sonia Paone e Francesco Chiodelli, Governare l'ingovernabile. Politiche degli slum nel XXI secolo (ETS, 2018); con Paola Bellaviti (a cura di), Sustainable Urban Development and Globalization. New strategies for new challenges (Springer, 2018); La periferia nuova. Disuguaglianza, spazi, città (Franco Angeli, 2018); La periferia non è più quella di un tempo (Bordeaux, 2020); (a cura di), Una nuova questione urbana? (FrancoAngeli, 2023).
Per Città Bene Comune ha scritto: Oltre il confine (15 giugno 2019); La città che sale (19 giugno 2020).
Sui libri di Agostino Petrillo, v. in questa rubrica: Serena Vicari Haddock, Le periferie non sono più quelle di una volta (3 settembre 2019); Enzo Scandurra, Periferie oggi, tra disuguaglianza e creatività (18 ottobre 2019).
N.b. I grassetti nel testo sono nostri
R.R © RIPRODUZIONE RISERVATA 29 SETTEMBRE 2023 |
CITTÀ BENE COMUNE
Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, l'ambiente, il paesaggio e le relative culture progettuali
ideato e diretto da Renzo Riboldazzi
prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
in redazione: Elena Bertani Luca Bottini Oriana Codispoti
cittabenecomune@casadellacultura.it
iniziativa sostenuta da:
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2017: Salvatore Settis locandina/presentazione sintesi video/testo integrale
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Le letture
2015: online/pubblicazione 2016: online/pubblicazione 2017: online/pubblicazione 2018: online/pubblicazione 2019: online/pubblicazione 2020: online/pubblicazione 2021: online/pubblicazione 2022: online/pubblicazione 2023:
A. Clementi, Cercasi urbanista responsabile, commento a: A. Belli, G. Belli, Luigi Piccinato (Carocci, 2022)
F. Visconti, L'ordine necessario dell'architettura, commento a: R. Capozzi, Sull’ordine. Architettura come cosmogonìa (Mimesis, 2023)
V. De Lucia, Natura? La distruzione continua..., commento a: A. Cederna, La distruzione della natura in Italia (Castelvecchi, 2023)
P. C. Palermo, Urbanistica? Necessaria e irrilevante, commento a: A. Clementi, Alla conquista della modernità (Carocci, 2020)
C. Merlini, L'insegnamento di un controesempio, commento a: A. Di Giovanni, J. Leveratto, Un quartiere mondo (Quodlibet, 2022)
I. Mariotti, Pandemie? Una questione anche geografica, commento a: E. Casti, F. Adobati, I. Negri (a cura di), Mapping the Epidemic (Elsevier, 2021)
A. di Campli, Prepararsi all'imprevedibile, commento a: S. Armondi, A. Balducci, M. Bovo, B. Galimberti (a cura di), Cities Learning from a Pandemic (Routledge, 2023)
L. Nucci, Roma, la città delle istituzioni, commento a: (a cura di) A. Bruschi, P. V. Dell'Aira, Roma città delle istituzioni (Quodlibet, 2022)
G. Azzoni, Per un'etica della forma architettonica, commento a: M. A. Crippa, Antoni Gaudì / Eladio Dieste. Semi di creatività nei sistemi geometrici (Torri del vento, 2022)
S. Spanu, Sociologia del territorio: quale contributo?, commento a: A. Mela, E. Battaglini (a cura di), Concetti chiave e innovazioni teoriche della sociologia dell’ambiente e del territorio del dopo Covid-19 ("Sociologia urbana e rurale", n. mon. 127/2022)
F. Camerin, La dissoluzione dell'urbanistica spagnola, commento a: M. Fernandez Maroto, Urbanismo y evolución urbana de Valladolid (Universidad de Valladolid, 2021)
M.Bernardi, Il futuro è nel glocalismo, commento a: P.Perulli, Nel 2050. Passaggio al nuovo mondo (il Mulino, 2021)
F.Ventura, Edifici, città e paesaggi biodegradabili, commento a: V. De Lucia, L’Italia era bellissima (DeriveApprodi, 2022)
M. Ruzzenenti, La natura? Un'invenzione dei tempi moderni, commento a: B. Charbonneau, Il Giardino di Babilonia (Edizioni degli animali, 2022)
G. Nuvolati, Il design è nei territori, commento a: A. Galli, P. Masini, I luoghi del design in Italia (Baldini & Castoldi, 2023)
C.Olmo, Un'urbanistica della materialità e del silenzio, commento a:C. Bianchetti, Le mura di Troia (Donzelli, 2023)
E. Scandurra, Dalle aree interne un'inedita modernità, commento a: L. Decandia,Territori in trasformazione (Donzelli, 2022)
M. Brusatin, Parlare al non-finito & altro, commento a: L. Crespi, Design del non-finito (Postmedia, 2023)
H. Porfyriou, L'urbanistica tra igiene, salute e potere, commento a: G. Zucconi, La città degli igienisti (Carocci, 2022)
G. Strappa, Ogni ricostruzione è progetto, note a partire a: E. Bordogna, T. Brighenti, Terremoti e strategie di ricostruzione (LetteraVentidue, 2022)
L. Bifulco, Essere preparati: città, disastri, futuro, commento a: S. Armondi, A. Balducci, M. Bovo, B. Galimberti (a cura di), Cities Learning from a Pandemic: Towards Preparedness (Routledge, 2022)
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C. Sini, Più che l'ingegnere, ci vuole il bricoleur, commento a: G. Pasqui, Gli irregolari (FrancoAngeli, 2022)
G. De Luca, L'urbanistica tra politica e comorbilità, commento a: M. Carta, Futuro (Rubbettino, 2019)
F. Erbani, Una linea rossa per il consumo di suolo, commento a: V. De Lucia, L’Italia era bellissima (DeriveApprodi, 2022)
F. Ventura, L'urbanistica fatta coi piedi, commento a: G. Biondillo, Sentieri metropolitani (Bollati Boringhieri, 2022)
E. Battisti, La regia pubblica fa più bella la città, commento a: P. Sacerdoti, Via Dante a Milano (Gangemi, 2020)
G. Nuvolati, Emanciparsi (e partecipare camminando), commento a: L. Carrera, La flâneuse (Franco Angeli, 2022)
P. O. Rossi, Zevi: cinquant'annidi urbanistica italiana, commento a: R. Pavia, Bruno Zevi (Bordeaux, 2022)
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