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Nelle società molto semplici (un tempo dette primitive) che noi ormai conosciamo attraverso gli studi di antropologia, la sapienza era la stessa cosa del modo di vita quotidiana: la divisione del lavoro nelle sue diverse fasi, il ruolo sociale del maschile e del femminile, i riti collettivi, l'educazione dei bambini. Una forma di esistenza che educava anche i sensi. Per esempio la vista e l'olfatto avevano uno sviluppo e un'efficacia relativa al modo di esistere in un ambiente naturale, condizione preliminare per un sapere 'teorico ' fondato sulla classificazione. Un mondo che ormai esiste per lo più nelle pagine della scienza antropologica, dato che esso appare in molti casi (spesso negativi) ibridato dalle forme di vita occidentale. Un sapere comune molto analitico e sviluppato intellettualmente è quello della torah ebraica, cioè dell'insieme di leggi, norme, obbligazioni, comportamenti, conoscenze che derivano tutte tramite il nucleo religioso fondamentale che costituiva il fondamento o la radice di una sapienza comune nella tradizione ebraica.
Nel mondo greco romano - che consideriamo come una figura storica delle nostre origini - dal processo di idealizzazione al sistema giuridico, il sapere, come riflessione sul sapere stesso, era un problema che interessava sostanzialmente i ceti privilegiati destinatari della cultura diffusa dai filosofi del tempo. Naturalmente le dottrine erano numerose e spesso in competizione tra loro, ma non credo sia sbagliato ritenere che un tema, in forma differente, veniva privilegiato, ed era quello del rapporto tra conoscenza e virtù. Era la sapienza a rendere possibile una vita virtuosa. Attraverso questa relazione tra conoscenza e virtù si selezionavano direttamente le possibili qualità dell'esistenza sia in senso politico che in quello personale, dalla osservanza delle leggi alla libertà individuale intorno alle scelte anche estreme della propria vita.
La Cristianizzazione del mondo classico non mutava l'attenzione fondamentale alla figura umana, ma ne trasformava la forma della sapienza collettiva che derivava, come tutti sanno, dalla fede in Dio, dalla sua provvidenzialità, dal rapporto d'amore con le sue creature, e dall'altra dalla carità che derivava dall'insegnamento di Gesù e quindi del modello evangelico, descritto nei testi dei Vangeli scritti, su tradizione orale, parecchi decenni dopo il compimento sacrificale e tragico della vita di Gesù. Ne derivava una sapienza comune che offriva una visione salvifica ad ogni individuo figlio di Dio. Credere in Dio nel suo amore e nella sua legge significa riconoscere in Cristo sia il Salvatore dalla colpa originaria sia un modello di vita collettiva in cui la fede si univa alla carità e alla speranza di un'altra vita.
Il fenomeno culturale che descriverò adesso è estremamente complesso. Nel periodo rinascimentale l'Europa fu scossa da un evento eccezionale: l'unità storica del Cristianesimo ruppe la sua identità scindendosi nella tradizione della Chiesa di Roma e della Riforma protestante. Fu l'origine di lotte e di guerre feroci. Tuttavia si può affermare che i temi della riforma protestante, uniti, nonostante la loro reciproca opposizione, alla tradizione naturalistico rinascimentale, consentirono i primordi di un sapere diffuso che considera l'uomo come capace di una sua dignità essenziale che si manifesta attraverso la sua libertà. Fu una sapienza che si diffuse lentamente nella gran parte d'Europa.
Da questo nucleo deriva storicamente una considerazione sempre più complessa del valore dell'uomo, di cui possiamo indicare solo tre tratti radicali. L'uomo le cui passioni vanno considerate positivamente in quanto costruttrice di vita(Spinoza). L'uomo libero, capace di una sua intrapresa economica. Infine l'uomo che, con la cultura che ha la sua radice nella propria essenza, reclama , consegue e difende i propri diritti politici: la promulgazione delle leggi, la loro esecutività nella vita pubblica, , la salvaguardia dei diritti di ognuno tramite il potere legislativo. Montesquieu vedeva in questo modello inglese la struttura dello stato moderno, il modello politico da realizzare.
Ed è proprio qui che l'uomo, l'individuo singolo e le aggregazioni sociali in ceti e classi hanno la loro radice per diventare forme comuni di sapere che, rispetto a Stati autoritari, rivendicano l'ampliamento delle condizioni di libertà. Su questa radice continentale europea si innestano positivamente i temi relativi alla libertà individuale della tradizione anglosassone. Non solo, ma lo sviluppo, nell'epoca positivistica della scienza e della tecnica accrescono l'immagine dell'uomo come creatore di un 'altro mondo ' più intelligente, e proprio perché più libero, tale da richiedere un ampliamento progressivo dei diritti politici, sociali e individuali. Due tragedie, la prima guerra mondiale(10 milioni di morti) e la seconda(50 milioni di morti)hanno mostrato che solo la condivisione di un sapere collettivo che elabori i temi della libertà, della giustizia, della tolleranza, può non solo essere la salvezza degli uomini, ma anche, fondamentale, quella dello stesso pianeta le cui risorse sono in grave crisi proprio per questa forma di espansione antropica, dominata dalla struttura capitalistica della riproduzione sociale.
Questo costume, che ho indicato come epilogo e interpretazione di dottrine e di eventi, costituisce in senso lato un sapere comune, dato che in esso interferiscono una pluralità di fattori che in una breve nota non si possono evocare. E allora è proprio qui che deve intervenire la riflessione filosofica e, alla luce di innumerevoli varianti, mettere in forma interrogativa il tema della 'sapere comune '.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 05 OTTOBRE 2015 |