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IL PAESAGGIO (IN SICILIA) È SACRO
Commento al libro di Antonietta Iolanda Lima
Maria Antonietta Crippa
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La chiave di volta per comprendere passione e intenzioni che animano questo volume di Antonietta Iolanda Lima – La dimensione sacrale del paesaggio. Ambiente e architettura popolare in Sicilia, Palermo University Press, Palermo 2023 (riedizione del volume stampato nell’ottobre 1984 per conto di S. F. Flaccovio Editore in Palermo, con aggiunta di tre nuove presentazioni) – è, a mio parere, il lucido impeto intellettuale con il quale l’autrice, senza porre premesse teoriche, entra in medias res. Documenta cioè ed argomenta quanto sia imponente il dato di fatto della capillare presenza, nel territorio della Sicilia intera, di un paesaggio rurale e contadino qualificato per lunga stratificazione dalla dimensione sacrale. Dato quest’ultimo permanente, in spazi e segni dell’abitare e in relazioni di vita vissuta, e non di carattere statico bensì intrinsecamente mutevole all’interno di una propria stabilità d’orizzonte antropologico.
A Lima non è necessaria una sia pur minima disanima di ciò che intende con il termine sacro: nella narrazione testuale, fotografica e grafica che ne documenta plasticamente le varianti, con puntuale precisione, il fenomeno emerge con un’evidenza imponente. Lo propone, inoltre, in tutta la complessa problematicità del suo emergere contemporaneo all’interno di una confessione viva, quella cristiana, connessa però con la lunga durata della religiosità popolare che affonda le proprie radici in eventi pre-cristiani quanto mai tra loro diversi e al contempo storicamente concatenati, tuttora affioranti in leggende, tradizioni, legami magici, culti, devozioni.
Non vi è traccia in questo libro di retorica celebrativa, di struggimento sentimentale, di nostalgia. Eppure esso è stato pensato e prodotto a partire dalla presa di coscienza di una imminente scomposizione, forse persino distruzione afferma l’autrice, di un paesaggio rurale “di una bellezza tale da poter parlare di una creatività che fa sentire lo spirituale dell'arte”. Nell’introduzione alla prima edizione del volume nel 1984, Lima segnalava due cause principali generatrici dell’incombenza del tragico degrado umano e ambientale siciliano, di un’evidenza lampante oggi ancor più di allora.
L’una, vibrante per partecipe esperienza personale, è la costatazione di una mutazione antropologica in corso, non accompagnata però da volontà alcuna di affermazione di solidi valori universalmente condivisi, tra i quali essenziale risulta il rispetto per la natura e per il pianeta Terra. La seconda, più squisitamente professionale, da architetto, è la convinzione che il rapido e massiccio esodo degli abitanti dal loro mondo rurale e dalle loro ‘città-paese’ tipiche del territorio siciliano, incentivato da esasperate suggestioni di facile consumismo, avrebbe rapidamente depauperato loro stessi e i loro habitat, le loro architetture e i loro paesaggi, della sensibilità maturata nel corso dei secoli per le vitali risorse naturali, chiamate con efficacia da Paolo Soleri, fin dagli anni cinquanta, ‘potenziali cosmici’. Convinzione questa seconda rafforzata in Lima dall’autorevolezza dell’architetto Giuseppe Pagano, che nel 1935 aveva puntato a innovare l’idea di architettura tramite sondaggi sul patrimonio rurale e contadino italiano, e del pensiero-testamento di Le Corbusier che aveva affermato, a metà anni sessanta, la necessità di ‘ritrovare l’uomo’ nell'asse che lega biologia con natura e cosmo.
In quest’intreccio – fra preziose indicazioni di architetti contemporanei, personale conoscenza dell’inconsapevole e profondo senso ecologico del popolo contadino siciliano e urgenza di farlo comprendere al più grande numero possibile di uomini di cultura, per poterne promuovere la valorizzazione e maturarne ricadute operative sui processi progettuali e pianificatori in corso attestati in modo esclusivo sull’ambigua nozione di centro storico – sta, ritengo, la molla che spinse Lima ad un’indagine che nulla ha perso oggi della sua forza persuasiva.
Le introduzioni alla nuova edizione del 2023 che qui si presenta – di Paolo d’Angelo (professore di Estetica nell’Università degli Studi Roma 3), dell’antropologo Franco La Cecla e di Flavia Schiavo (professoressa di Fondamenti di Urbanistica e della Pianificazione, dell’Università La Sapienza di Roma) – aggiunte a quella di Enrico Guidoni del 1984, affermano l’attualità della sua attuale riedizione. In un mondo segnato da gravi crisi generalizzate e in una Sicilia sulla quale incombono spopolamento e diffusa devastazione paesaggistica, esso può infatti generare rinnovata attenzione per il millenario assetto paesaggistico rurale oltre che per l’indagine che lo esplora secondo un metodo che merita di essere esteso, oltre l’isola, all’intero territorio italiano ed oltre. Di tale efficace potenzialità si erano subito accorti due importanti studiosi attivi negli anni ottanta del secolo scorso: Jacques Le Goff, che lo segnalò nelle “Annales” (marzo-aprile 1985), e Brunò Zevi che lo recensì con cura ne “L’Espresso” (2 giugno 1985).
Molti sono i fattori che lo qualificano. Il libro consente in primo luogo di aprire in tutta la sua organicità, insieme alla tuttora persistente strutturazione del territorio rurale isolano, una nuova “prospettiva anche per il cosiddetto paesaggio urbano” e una purtroppo “insolita attenzione alla variabilità stagionale” dello stesso (d’Angelo). Nella “testimonianza di uno svecchiamento coraggioso”, esso segnala anche che, rispetto alla ricerca storica dell’architettura più accademicamente frequentata, esiste un’altra via da prendere, per due importanti ragioni. In primo luogo: “Perché la dimensione antropologica del paesaggio è istallata dentro a derive che spesso non sono visibili, ma sono persistenti”, quindi riattivabili. In seconda battuta perché urge riaprire la stagione messa in moto da questo libro e dagli studi di Tito Spini per l’architettura africana Dogon, l’uno e gli altri capaci di coniugare per la prima volta l’attenzione antropologica con la competenza architettonica e storica (La Cecla).
A proposito della dimensione sacrale, il volume documenta inoltre come “la sua permanenza e la sua presenza emergano dal radicamento comunitario, dagli anti-monumenti del quotidiano, dal progetto (senza progetto) storico del territorio abitato, dai tempi naturali delle stagioni da cui nascono le configurazioni antropiche e i riti qui indagati” (Schiavo). Non da ultimo risveglia un vivo interesse per l’immagine che il popolo siciliano ha prodotto di sé in luoghi nei quali “ogni cosa esiste solo in quanto necessaria, tessera di un mosaico complessivo, anello di una catena” (Guidoni). Questo libro di Lima, dunque, troppo poco studiato nel 1984 benché profetico nell’aprire “un campo che poteva essere ampliato, seguito, fare scuola, formare all’etica della professione progettuale di nuove generazioni” (La Cecla), può risultare oggi strumento prezioso di stimolo e di aiuto alla costruzione di una mentalità progettuale in linea con esigenze sociali, ambientali ed ecologiche improcrastinabili.
Illuminante è la strutturazione del corpus bibliografico e di documenti raccolti da varie sedi. La bibliografia ragionata, costruita con il richiamo di pubblicazioni nazionali e internazionali di carattere generale e pertinenti alla Sicilia, riguarda questi temi: paesaggio; ambiente; insediamento; simbolismo, magia, diavoleria; santuari; fiere. Da dati recuperati dagli archivi della Camera di Commercio, Industria, Agricoltura, ricostruisce i calendari di fiere e di mercati siciliani. Offre una bibliografia specifica su Rituali, generale e per la sola Sicilia e, da questa distinta ma con taglio analogo, una su Edicole e Calvari. Segnala le informazioni raccolte sugli insediamenti popolari dell’isola nell’Archivio di Stato di Palermo, Sede Catena. Elenca in modo dettagliato, con identificazione delle persone contattate, le fonti orali raccolte in ogni provincia. Dettaglia infine i numerosi ‘viaggi sul campo’.
Ricchissima è anche la documentazione fotografica, con indice dei luoghi e autori degli scatti, e quella grafica, con elaborazioni davvero straordinarie estese all’intero territorio insulare che consentono un colpo d’occhio sulla diffusione capillare di fenomeni diversi, ad esempio riti, chiese e santuari, distinti tra quelli gestiti dall’istituzione ecclesiastica e quelli più squisitamente popolari.
Non meno singolare è l’organizzazione del corpus dei testi, nella sequenza degli argomenti e nelle corpose note. Lo scopo dell’autrice è evidentemente quello di consentire una lettura agevole delle connessioni tra i diversi temi. Ad essa dà forma concettualmente precisa e narrativa, accattivante più che descrittiva di tutte le varianti. Le note sono in ogni caso fondamentali per lo studioso interessato alla storia rurale siciliana.
Nell’insieme emerge un mondo di ‘cose’ concrete – chiese, santuari, tabernacoli, croci, calvari, altari, vie sacre – appartenenti alla realtà complessa e varia – di un territorio fittamente disegnato da comportamenti di grandi e piccoli gruppi umani in riti strutturanti processioni, feste di paese, fiere – che Lima ha voluto depotenziare il meno possibile nell’inevitabile analisi critica e nell’esercizio interpretativo. Avevo letto questo libro nel lontano 1984; ne ho rigustato, credo con maggiore consapevolezza per l’occasione di questa lettura, il gioco di composizione discorsiva per primi piani, approfondimenti per casi esemplari, note, incroci di immagini disegnate e fotografate, lunghe didascalie descrittive, spunti per ulteriori esplorazioni e altro ancora.
In sintesi: come raramente accade, il volume sembra possedere la logica di un progetto d’architettura offerto in più scale metriche, tutte indispensabili per capirne le sequenze inventive e la realizzazione costruttiva. Forse ciò accade perché l’autrice, da architetto, con la sua appassionata e razionale immersione nel mondo rurale siciliano, ha inteso restituire in massimo grado la densità, di bellezza dei luoghi e della vita quotidiana, di una cultura popolare che sente propria in senso assolutamente non sciovinista. Anzi, proprio nell’ambizioso obiettivo di non perdere, dettagliandola, la sacrale e quotidiana modellazione dello spazio contadino siciliano, emerge mi pare, quasi come matrice di molti studi successivi fino ad oggi, il suo impegno etico professionale che un rapido sguardo alla sua bibliografia consente facilmente di cogliere.
Quanto fin qui segnalato è solo cornice introduttiva all’esplorazione del grande arco fenomenologico della cultura siciliana – umana ma non umanistica, non elitaria – dell’abitare rurale e contadino proposto da Lima tracciato con maestria fra due estremi: i toponimi dei luoghi da una parte svelano, ai primi passi della narrazione, i culti locali, i santi prediletti, i simboli prevalenti spesso carichi di mistero e di magia; dall’altra i grandi segni architettonici, di un’economia frugale nelle fiere e della religiosità festosa dei santuari, restituiscono in chiusura la vitalità tutt’altro che esaurita, benché profondamente ferita, del popolo siciliano.
Maria Antonietta Crippa
N.d.C. - Maria Antonietta Crippa, architetto, già professore ordinario di Storia dell'architettura al Politecnico di Milano, è stata attiva anche nel campo della conservazione e del restauro di edifici antichi e moderni, dirige la collana Fonti e saggi edita da Jaca Book, l'Istituto per la Storia dell'Arte Lombarda e la "Rivista dell'Istituto per la storia dell'Arte lombarda".
Tra i suoi libri: Carlo Scarpa. Il pensiero, il disegno, i progetti (Jaca Book, 1984); Storia dell'architettura. Il mondo delle costruzioni e le sue immagini (Jaca Book, 1992); Storie e storiografia dell'architettura dell'Ottocento (Jaca Book, 1994); Luigi Caccia Dominioni. Flussi, spazi e architettura (Testo & immagine, 1996); Cremona. il Museo civico Ala Ponzone in Palazzo Affaitati. Il contributo museografico di Antonio Piva (Electa, 2001); Antoni Gaudí, 1852-1926. De la nature à l'architecture (Taschen, 2003; ed. it. 2004, 2007, 2015); con C. Capponi, (a cura di), Gio Ponti e l'architettura sacra. Finestre aperte sulla natura, sul mistero, su Dio (Pizzi, 2005); con D. Cattaneo (a cura di), È Dio il vero tema. Cesare Cattaneo e il sacro (Archivio Cattaneo, 2011); con C. Ajroldi, G. Doti, L. Guardamagna, C. Lenza, M. L. Neri (a cura di), I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento (Mondadori Electa, 2013); con Françoise Caussé, Le Corbusier, Ronchamp. La Cappella di Notre-Dame du Haut (Jaca Book, 2014); Avvicinamento alla storia dell'architettura. Racconto, costruzioni, immagini (Jaca Book, 2016); con F. Zanzottera (a cura di), Fotografia per l'architettura del XX secolo in Italia (Silvana Ed., 2018); a cura di, Antoni Gaudì. Paesaggio come dimora. Progetti di un dialogo tra natura e architettura; fotografie di Marc Llimargas (Jaca Book, 2018); a cura di, Padre Costantino Ruggeri. Artista francescano (Silvana Ed., 2019); a cura di, Italia dall'alto. Storia dell'arte e del paesaggio, fotografie di BAMSphoto Rodella (Jaca Book, 2020); con Piero Cimbolli Spagnesi, Ferdinando Zanzottera, a cura di, Arturo Danusso e il suo tempo. Intuito e scienza nell'arte del costruire (Quasar, 2020); a cura di, Eugène Viollet-le-Duc, Conversazioni sull'architettura. Selezione e presentazione di alcuni Entretiens (Jaca Book, 2021); Antoni Gaudì / Eladio Dieste. Semi di creatività nei sistemi geometrici (Torri del vento, 2022); Gaudì, la Sagrada Familia. Sfide di un cantiere in corso d'opera (Jaca Book, 2022).
Per Città Bene Comune ha scritto: Uno scatto di 'coscienza storica' per le città (20 ottobre 2017); Chiese e città: un tema non solo storiografico (16 novembre 2018); Culto e cultura: una relazione complessa (11 marzo 2022).
Sui libri Maria Antonietta Crippa, v. in questa rubrica: Maddalena d'Alfonso, La fotografia come critica e progetto (5 aprile 2019); Giorgio Azzoni, Per un’etica della forma architettonica (1 settembre 2023).
N.B. I grassetti nel testo sono nostri
R.R.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 06 OTTOBRE 2023 |
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