Elisabetta Ruspini  
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INTERSEZIONALITÀ E TEORIA SOCIALE CRITICA


Commento al libro di Patricia Hill Collins



Elisabetta Ruspini


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Intersezionalità è un concetto chiave per le scienze umane e sociali contemporanee e, più in generale, all’interno del dibattito scientifico e politico. L’intersezionalità è al contempo un quadro teorico, un approccio metodologico e uno strumento di policy che considera l’esperienza umana come plasmata congiuntamente da molteplici posizioni sociali influenzate dall’interazione tra sistemi di oppressione che agiscono a diversi livelli (individuale, di gruppo, istituzionale) (Choo & Ferree, 2010; Bowleg, 2012; McCall, 2015). Caratteristiche individuali ascritte e acquisite (ad esempio l’età, l’origine etnica, la nazionalità, il genere, l’orientamento sessuale, l’appartenenza religiosa, la classe sociale) interagiscono con i sistemi di potere esistenti (capitalismo, patriarcato, razzismo, sessismo, genderismo, abilismo, colonialismo, neocolonialismo…), determinando un diverso accesso alle risorse materiali e simboliche, ai diritti fondamentali, alle opportunità. L’intersezionalità coglie la molteplicità delle esperienze di discriminazione e oppressione, uniche per ogni soggetto. Non solo. La prospettiva consente di leggere simultaneamente le interconnessioni esistenti tra la struttura sociale e i divari sociali multipli, cogliendo le interrelazioni tra sistemi di dominio.

Il concetto è stato introdotto all’inizio degli anni Novanta dalla studiosa e attivista Kimberlé Crenshaw per descrivere le molteplici forme di discriminazione a danno delle donne nere, causate dagli effetti combinati di razzismo e sessismo (Crenshaw, 1989, 1991). Da allora è stato usato per descrivere forme intersecanti di oppressione e disuguaglianza che modellano le esperienze e le opportunità sociali di una persona o di un gruppo (Hill Collins & Bilge, 2020). Fare ricerca intersezionale non è semplice. Innanzitutto, resta aperto il dibattito su cosa sia l’intersezionalità, su come dovrebbe essere svolta una ricerca intersezionale e su quali tematiche applicarla. Nella letteratura scientifica l’intersezionalità assume diversi significati: concetto, paradigma, teoria, approccio metodologico. Inoltre, nel dibattito sul significato dell’intersezionalità alcune/i studiosi identificano il proprio lavoro come intersezionale, altre/i non usano questo termine e altre/i ancora lo definiscono intersezionale anche quando non lo è (Jones, Misra & McCurley 2013; Misra, Curington & Green, 2020). Infine, la ricerca intersezionale si può condurre combinando metodi e tecniche differenti. Se l’intersezionalità è stata utilizzata ampiamente nella ricerca qualitativa − per comprendere la natura complessa e dinamica delle relazioni sociali e dei processi di emarginazione (Bowleg, 2008; Rodriguez, 2018; Esposito & Evans-Winters, 2021) − la sua diffusione nella ricerca quantitativa è più recente ma in crescita (Harnois e Ifatunji 2011; McCall 2000; Penner & Saperstein 2013; Steinbugler, Press & Dias 2006; Bauer et al, 2021), così come sono in espansione gli studi mixed methods (Fehrenbacher & Patel, 2020; Watson-Singleton et al., 2023).

Il corposo volume Intersezionalità come teoria critica della società di Patricia Hill Collins (UTET Università, 2022) – ed. it. a cura di Fabio Corbisiero e Mariella Nocenzi, pref. di Kathy Davis e Vera Gheno, trad. di Pietro Maturi) – si inserisce in questo quadro complesso e dinamico con il fine di fornire a lettrici e lettori le basi teoriche e metodologiche necessarie per fare (cioè progettare, condurre, valutare) ricerca intersezionale. Il suo obiettivo è, da un lato, chiarire le molte possibilità teoriche dell'intersezionalità sia in ambito accademico sia al di fuori di esso. L'autrice afferma che le potenzialità della ricerca intersezionale sono molto più ampie di quanto si possa immaginare, in particolare come strumento per favorire il cambiamento sociale. Dall’altro lato, far comprendere che, affinché l’intersezionalità realizzi pienamente il suo potere, chi la pratica deve riflettere criticamente sulle questioni epistemologica e metodologica.

Il libro è diviso in quattro parti composte da due capitoli: “Inquadriamo le questioni: L'intersezionalità e la teoria critica della società”; “L'importanza del potere: Intersezionalità e resistenza intellettuale”; “Teorizzare l'intersezionalità: l’agire sociale come forma di sapere”; “Affinare il taglio critico dell’intersezionalità”.

La prima parte è dedicata all'inquadramento dell'intersezionalità come teoria sociale critica che “si colloca nel punto di equilibrio tra l’analisi critica e l’agire sociale” (pagina 9). Scrive Patricia Hill Collins: “Le teorie sociali giustificano gli ordini sociali esistenti oppure li mettono in discussione. Dentro questo universo delle teorie sociali, la teoria critica della società non solo spiega, ma critica le disuguaglianze sociali esistenti, con uno sguardo rivolto al cambiamento” (pagina 11). L’autrice si chiede al contempo quanto sia davvero critica l’intersezionalità (pagina 76) in quanto posizionata tra due mondi interconnessi: da un lato l’ambito accademico e le tradizioni teoriche delle scienze sociali e degli studi umanistici, dall’altro lato il contesto politico e intellettuale che travalica i confini dell’accademia. Tale ampiezza non facilita il consenso sul significato del termine critica; pertanto, l’autrice riflette su come diverse percezioni di tale termine possano avere implicazioni differenti per la teoria sociale dell’intersezionalità e i suoi processi di teorizzazione (pagine 76-77). Al fine di illustrare che non esiste un unico modo di fare teoria sociale critica, esamina le definizioni offerte dalla Scuola di Francoforte, dai Cultural Studies britannici (prestando specifica attenzione al Centre for Contemporary Cultural Studies dell’Università di Birmingham) e dalla teoria sociale francofona degli anni Cinquanta e Sessanta.

Nella seconda parte del volume Patricia Hill Collins indaga i legami tra intersezionalità e resistenza intellettuale. L’intersezionalità è una forma di sapere resistente, in quanto ispirata non solo da teorie sociali accademiche ma anche da progetti politici femministi, antirazzisti, decoloniali “nei quali la teorizzazione della resistenza è collegata alla prassi” (pagina 124). In questi progetti, termini quali genere, età, etnia, nazionalità, abilità, orientamento sessuale, classe indicano “importanti tradizioni di sapere resistente tra le categorie assoggettate, il cui sapere resistente critica le disuguaglianze sociali e le ingiustizie sociali che essi vivono” (pagina 124). Il capitolo 3, nello specifico, riflette su come la Critical Race Theory, la teoria femminista e la teoria postcoloniale rappresentino tre forme di teorizzazione critica espressione della resistenza intellettuale: si tratta di tre casi che “aggiungono uno sguardo originale alla sfida comune della teorizzazione critica in funzione del cambiamento sociale” (pagina 125). Il capitolo 4 affronta invece la relazione tra epistemologia, metodologia e intersezionalità. Tale riflessione è cruciale perché l’epistemologia e la metodologia sono due elementi chiave nella teorizzazione critica intersezionale. L’epistemologia studia i modelli usati per la valutazione del sapere e esercita autorità e controllo sulle teorie sociali; la metodologia stabilisce regole di condotta per la produzione del sapere all’interno degli assunti generali di una specifica epistemologia. L’epistemologia non è neutrale: il potere epistemico costituisce un elemento del meccanismo della dominazione, ad esempio escludendo alcuni gruppi dalle teorie sociali occidentali (pagina 172). Per tale ragione, la resistenza epistemica offre alle comunità indigene, alle donne, alla popolazione nera, ai soggetti LGBT+, ai soggetti disabili, alle minoranze etniche e religiose un importante elemento concettuale per l’analisi critica e per opporsi alle strutture di potere e dominio esistenti. Ciononostante, va tenuto presente che alcuni gruppi subordinati hanno introdotto il concetto di resistenza epistemica nelle proprie analisi critiche mentre per altri l’idea di resistenza epistemica è ancora proco praticata (pagina 172).

Nella terza parte sono esaminate due controversie che riguardano l'intersezionalità: (1) il modo in cui l’esperienza, importante strumento di teorizzazione critica, è definita e utilizzata dalla ricerca intersezionale e (2) come viene definita e utilizzata la struttura sociale nell’indagine intersezionale e, in particolare, l’importanza del concetto di comunità come cornice analitica in cui concettualizzare i contesti sociali strutturali che modellano l’agire sociale (pagine 219-220). Per capire come esperienza e comunità possano permettere una migliore comprensione dell’agire sociale come forma di sapere, Patricia Hill Collins mette in relazione l’intersezionalità con il pensiero femminista nero e il pragmatismo americano che offrono punti di vista diversi sui concetti. Il capitolo 6 si interroga invece su come la questione della libertà influenzi progetti di conoscenza come quello intersezionale. A tal fine l’autrice mette in dialogo il lavoro di Simone de Beauvoir e Pauli Murray, due importanti intellettuali femministe caratterizzate da esperienze e comunità interpretative differenti ma unite dalla critica nei riguardi dell’oppressione delle donne.

La parte finale del libro si sofferma sulla relazione tra relazionalità e intersezionalità. Secondo Hill Collins “L'intersezionalità ha tutto l’interesse a chiarire la sua posizione tra i molteplici e contrastanti sensi della parola relazionalità attualmente in uso” (pagina 309). Le domande alle quali l’autrice cerca di rispondere sono: “In che modo l’intersezionalità intende e usa la relazionalità oggi?” e “In che modo la sua interpretazione della relazionalità può informarne la teorizzazione critica?” Si tratta di domande essenziali per chiarire quanto il pensiero e la logica relazionali possano essere usati all’interno della ricerca e attivismo intersezionali. Il capitolo 7, nello specifico, analizza la questione della concettualizzazione delle dinamiche relazionali nell’indagine intersezionale e delinea tre modalità di pensiero relazionale che potrebbero essere utilizzate nella futura teorizzazione intellettuale: l'addizione, l'articolazione e la co-formazione. Il capitolo finale affronta l’assunto scontato che la giustizia sociale sia intrinsecamente parte dell'intersezionalità (pagina 347) domandando a lettrici e lettori: “La giustizia sociale è davvero un tratto distintivo dell’intersezionalità?” Per rispondere a tale quesito, Hill Collins fa dialogare l’intersezionalità con l’eugenetica, un discorso non impegnato per la giustizia sociale, al fine di chiarire l’importanza dei criteri etici nell’intersezionalità come teoria critica della società.

Il libro di Patricia Hill Collins amplia la comprensione dell’intersezionalità, evidenziando la sua capacità di scoprire le complessità del mondo sociale e, attraverso questo processo di scoperta, produrre nuove idee e azioni su come trasformarlo. L’argomentazione di Hill Collins è però complessa: sono molte le domande poste e le questioni non risolte. Ad esempio, tenendo conto del fatto che non vi è accordo su cosa significhi “teoria critica della società”, l’intersezionalità deve valutare con attenzione vantaggi e svantaggi nel praticare una teorica critica della società in ambito accademico (pagine 372-373). D’altra parte, sottolinea l’autrice, l’intersezionalità può smarrire il suo sguardo critico se si allontana troppo dalle sue radici politiche e dalle iniziative di giustizia di base per guadagnare rispettabilità accademica. In altre parole, “Quanto può essere efficace una critica lanciata dall’intersezionalità contro le ingiustizie sociali se a sua volta sembra avvantaggiarsi ed essere complice delle disuguaglianze sociali all’interno del contesto accademico”? (pagina 373). La questione complessa dei rapporti tra intersezionalità e giustizia sociale resta dunque aperta, richiamando la necessità, per l’intersezionalità, di una bussola etica più forte (pagina 379). A tale proposito, Hill Collins riconosce il ruolo cruciale svolto dalle tradizioni religiose: “L’analisi critica può chiarire le cose, ma l’impegno etico, soprattutto se organizzato attraverso convinzioni religiose, provoca l’azione. In questo senso, se è radicata nella comunità, l’etica religiosa può svolgere un grande lavoro politico” (pagina 382).

Il volume si chiude con domande, questioni aperte e visioni sul futuro dell’intersezionalità e sulle sue possibilità teoriche e critiche. La complessità insita nell’intersezionalità non permette, in effetti, conclusione definitive. La prospettiva è multidimensionale, caratterizzata da elasticità: si può rivelare utile sia per chi “cerca un senso nella propria vita quotidiana”, sia nel “mobilitare individui e comunità a sostegno di grandi obiettivi sociali e etici (ad esempio la giustizia sociale)”, sia perché capace di “poter rivestire significati diversi per distinti segmenti della società in relazione a abilità, classe sociale, etnia, razza, genere, orientamento sessuale, status di immigrazione, età e religione” (pagina 384). Tale elasticità, tuttavia, rappresenta al contempo una promessa e un rischio: per mantenere la promessa, l’intersezionalità deve essere autoriflessiva ed esaminare la propria posizione etica nei rapporti di potere intersezionali analizzati, cercando così di realizzare il suo potenziale di teoria critica della società (pagina 384).

Elisabetta Ruspini

 

 

Riferimenti bibliografici

Bauer G.R., Churchill S.M., Mahendran M., Walwyn C., Lizotte D. & Villa-Rueda A.A. (2021). Intersectionality in Quantitative Research: A Systematic Review of its Emergence and Applications of Theory and Methods. SSM Population Health, Vol. 14, 100798, ISSN 2352-8273, https://doi.org/10.1016/j.ssmph.2021.100798

Bowleg L. (2008). “When Black + Lesbian + Woman ≠ Black Lesbian Woman: The Methodological Challenges of Qualitative and Quantitative Intersectionality Research”. Sex Roles, 59, pp. 312–325. https://doi.org/10.1007/s11199-008-9400-z

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Choo H.Y. & Ferree M.M. (2010). “Practicing Intersectionality in Sociological Research: A Critical Analysis of Inclusions, Interactions, and Institutions in the Study”. Sociological Theory, 28(2), pp. 129–149. DOI: 10.1111/j.1467-9558.2010.01370.x.

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Esposito J. & Evans-Winters V. (2021). Introduction to Intersectional Qualitative Research, Sage: https://us.sagepub.com/en-us/nam/introduction-to-intersectional-qualitative-research/book265127#preview

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N.d.C. Elisabetta Ruspini è professoressa ordinaria di Sociologia presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Università di Milano-Bicocca. Tra il 2012 e il 2018 ha coordinato la Sezione "Studi di Genere" dell'AIS-Associazione Italiana di Sociologia. Dal 2018 è Direttrice di ABCD-Centro Interdipartimentale di Ricerca per gli Studi di Genere. Da 2019 coordina il Research Network 33 "Women's and Gender Studies" dell'ESA-European Sociological Association (co-Coordinatrice tra 2019-2021 e Coordinatrice dal 2021). Fa parte dell’Osservatorio per le Pari Opportunità dell'Università di Milano-Bicocca. Tra i suoi interessi scientifici: la costruzione sociale del genere; il genere come sistema di stratificazione; le disuguaglianze di genere; violenza contro le donne e GBV; femminismi e agency delle donne; la sociologia delle generazioni; la ricerca longitudinale. Su queste e altre tematiche ha pubblicato numerosi volumi e saggi su riviste nazionali e internazionali.

Tra i suoi libri: L'altra metà della povertà. Uno studio sull'impoverimento femminile in Germania e in Gran Bretagna (Carocci, 2000); con Angela Dale, a cura di, The gender dimension of social change. The contribution of dynamic research to the study of women's life courses (Policy Press, 2002); Introduction to longitudinal research (Routledge, 2002); Le identità di genere (Carocci, 2003; 2009; 2023); La ricerca longitudinale (Angeli, 2004); a cura di, Donne e uomini che cambiano. Relazioni di genere, identità sessuali e mutamento sociale (Guerini scientifica, 2005); con Elena dell'Agnese, a cura di Turismo al maschile turismo al femminile. L'esperienza del viaggio, il mercato del lavoro, il turismo sessuale (CEDAM, 2005); con Carmen Leccardi, a cura di, A new youth? Young people, generations and family life (Ashgate, 2006); con Elena dell'Agnese, a cura di, Mascolinità all'italiana, Costruzioni, narrazioni, mutamenti (UTET, 2007); con Giorgio Grossi, a cura di, Ofelia e Parsifal. Modelli e differenze di genere nel mondo dei media (Libreria Cortina, 2007); con Marco Inghilleri, a cura di, Transessualità e scienze sociali. Identità di genere nella postmodernità (Liguori, 2008); con Alessandro Rosina, a cura di, Un decalogo per i genitori italiani. Crescere capitani coraggiosi (V&P, 2009); con Ezio Marra, a cura di, Altri turismi. Viaggi, esperienze, emozioni (Angeli, 2010); con Simona Luciani, Nuovi genitori (Carocci, 2010); con Ezio Marra, a cura di, Altri turismi crescono. Turismi outdoor e turismi urbani (Angeli, 2011); con Marco Inghilleri, a cura di, Sessualità narrate. Esperienze di intimità a confronto (Angeli, 2011); a cura di, Studiare la famiglia che cambia (Carocci, 2011); con Costantino Cipolla e Antonio de Lillo, a cura di, Il sociologo, le sirene e gli avatar (Angeli, 2012) e ll sociologo, le sirene e le pratiche di integrazione (Angeli, 2012); Diversity in family life. Gender, relationships and social change (Policy Press, 2013); con Isabella Crespi, a cura di, Genere e religioni in Italia. Voci a confronto (Angeli, 2014); con Alessandra Decataldo, La ricerca di genere (Carocci, 2014); con Isabella Crespi, Balancing work and family in a changing society. The fathers' perspective (Palgrave Macmillan, 2016); con Fabio Corbisiero, a cura di, Sociologia del futuro. Studiare la società del ventunesimo secolo (CEDAM, 2016); con Glenda Tibe Bonifacio e Consuelo Corradi, a cura di, Women and Religion. Contemporary and future challenges in the Global Era (Policy Press, 2019); con Silvia Fornari e Mariella Nocenzi, a cura di, Violenza di genere. L'agency femminile in linee di intervento e buone pratiche (Angeli, 2020).

N.B. I grassetti nel testo sono nostri.

R.R.


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16 FEBBRAIO 2024

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