Le radici della Casa della Cultura, nella Resistenza e nella Milano antifascista del dopoguerra.
In ricordo di Ignazio Usiglio Ubaldi e di Grazia Curiel
1 - 78 anni dalla Fondazione della Casa della Cultura. Una lunga durata. Inconsueta
Al momento della fondazione, nel 1946, e per tanti anni successivi, la Casa della Cultura di Milano era un tassello – importante, ma pur sempre un tassello – di un tessuto vastissimo
Nel dopoguerra vi fu, infatti, una fioritura di Case della cultura – centri culturali – riviste – giornali – istituti di ricerca – case editrici: era il mondo vasto, articolato, autorevole, della cultura progressista che si riaffacciava e si insediava a Milano e in Italia
Quelle realtà sono oggi in larga parte chiuse, nella migliore delle ipotesi ridimensionate. Si veda il caso eclatante de L’Unità.
La Casa della Cultura di Milano, invece, resta e continua a dare prova di vitalità
2 - Svolge giorno per giorno la sua funzione.
Le radici della Casa della Cultura,
nella Resistenza e nella Milano antifascista del dopoguerra.
In ricordo di Ignazio Usiglio Ubaldi e di Grazia Curiel
È saldamente insediata in Rete (i nostri due canali, YouTube e Facebook, sono seguiti ogni giorno da migliaia di persone, in tutta Italia): sono diventati un “fenomeno” culturale una presenza significativa del panorama mediatico – culturale italiano.
Inoltre, ragiona sul suo futuro. Una generazione di maestri e amici ci ha appena lasciato (Veca, Eco, Papi, Vegetti, Giorello, Onida, Gregotti,Lunghini ecc ), ma altri stanno emergendo, come si è visto anche nel confronto di oggi pomeriggio.
Addirittura una generazione di giovanissimi si sta affacciando: trentenni che pongono domande nuove e che già scrivono testi importanti
3 - Di fatto questa Casa della Cultura svolge oggi una duplice funzione: è un centro culturale (centro del pensiero critico, della cultura progressista), ma anche un’istituzione culturale cittadina (tante volte mi capita di parlare con persone che sono convinte che siamo un’emanazione del Comune e devo sempre, scherzosamente, rispondere: purtroppo no … ): tanti dipartimenti universitari svolgono qui la loro “terza missione”
Da cosa nasce questo profilo particolare?
Evidentemente vi è qui tutta una storia del rapporto casa della cultura e cultura milanese. Una storia che meriterebbe di essere studiata nei suoi diversi sviluppi nel corso dei decenni.
Ma a noi oggi interessa mettere l’accento sullo snodo decisivo, sulle radici, sugli atti fondanti della Prima e della Seconda Casa della Cultura (la prima in via dei Filodrammatici e la seconda qui in via Borgogna 3)
3 – Andiamo subito al punto essenziale: la prima Casa della Cultura è stata pensata e fondata come espressione culturale dell’antifascismo milanese (pensiamo al suo atto fondativo: il discorso di Parri, il 16 marzo 1946 oppure ancora al documento fondativo dell’Associazione, con le firme di tante delle personalità più autorevoli dell’antifascismo milanese – con Banfi e Vittorini vi erano: Mattioli, Einaudi, Mondadori, Borsa, Adolfo Tino, Nathan Rogers e tanti altri). La prima Casa della Cultura nasce come punto di riferimento unitario dell’antifascismo milanese
Nel contempo, ecco il secondo punto essenziale, ebbe la fortuna di essere diretta e animata da Banfi e dai suoi allievi, la celebre “scuola di Milano”
Ecco i due tratti essenziali, l’impronta decisiva.
Confesso una qualche emozione a ragionare di questo con Aldo Tortorella, uomo della Resistenza milanese ma anche allievo di Banfi, ora ultimo testimone di quella storia, ma allora giovanissimo protagonista di questa particolare, feconda vicenda, vicenda politico – culturale
4 – La Casa della Cultura e l’antifascismo milanese.
A me piace sempre ricordare che è “nata nella Resistenza”, grazie all’incontro nella clandestinità tra Banfi, Vittorini ed Eugenio Curiel
L’antifascismo milanese era animato da un’ambizione profonda di rinnovamento culturale: sono nati allora la Casa della Cultura e il Piccolo Teatro, ma pensiamo alla stessa Scala che dopo il restauro a tempo record venne inaugurata da Toscanini che rientra dall’esilio.
Appaiono importanti riviste tra cui, ricordiamo, Il Politecnico, una rivista che stabilisce un rapporto strettissimo con la Casa della Cultura (Vittorini scriverà: il Politecnico è la Casa della cultura scritta, la Casa della Cultura è il Politecnico parlato)
5 – L’importanza di Banfi e della sua scuola, i suoi grandi allievi.
Banfi, il comunista Banfi, aveva elaborato negli anni un approccio particolare al marxismo, partendo dal razionalismo critico, problematico.
Era un’impostazione culturale che spingeva a un confronto a tutto campo con le varie espressioni del mondo culturale: dalla psicanalisi alle scienze e all’apertura verso le varie correnti del pensiero critico europeo. Vi è qui tutto il lavoro di Banfi professore insigne e direttore di fondamentali collane editoriali. Era un messaggio potente di svecchiamento e di apertura della cultura italiana
Tutto ciò si riflette nel programma dei primi mesi della Casa della Cultura, un programma che suscita ancora oggi ammirazione: arrivano a Milano Sartre, Lukacs e poi, qualche anno dopo, Brecht
6 – Fu un’operazione che ebbe un impatto profondo sulla vita cittadina.
Ma provocò anche contraccolpi nei rapporti con Roma e con la direzione del PCI.
Pensiamo alla polemica con il Politecnico, di Togliatti con Vittorini.
Oppure anche alla chiusura di Studi filosofici, la rivista di Banfi, a seguito di una surreale pressione dei comunisti francesi a causa di un articolo della rivista che esprimeva interesse per gli esistenzialisti francesi.
La Prima casa della cultura, in quanto istituzione unitaria cittadina, riuscì a uscire indenne da queste polemiche, ma di certo soffrì di questo clima di tensioni e di polemiche
7 – Ma sulla Prima Casa della Cultura pendono tra il 48 e il 49 ombre di ben altra natura:
Dopo le elezioni del 48 – nel clima “invenzione della guerra fredda”, di virulento anticomunismo, di scontro frontale con le sinistre – si mette in discussione il diritto della Casa della Cultura di restare nella ex sede del Club dei nobili, in via Filodrammatici.
Nel 49 arrivò implacabile lo sfratto: la pressione politica è inesorabile, la Casa della Cultura se ne deve andare da via Filodrammatici, da una sede di proprietà di un’azienda pubblica.
Poteva essere un colpo mortale
8 – Cosa salva la Casa della Cultura? Cosa gli permette di rinascere in una sede nuova, qui in via Borgogna 3, con una nuova direzione e con un rinnovato slancio?
Due cose si rivelarono decisive.
9 – Innanzitutto nel clima di oscurantismo politico – culturale del post 48, in mezzo a scomuniche del Vaticano e a Madonne pellegrine, tutta la sinistra avvertì la potenzialità, la valenza dell’impostazione culturale del mondo progressista milanese.
Di fronte all’oscurantismo si rivelò prezioso il razionalismo critico, l’impianto illuminista del mondo milanese.
Togliatti, con la consueta duttilità e rapidità, percepisce l’urgenza di recuperare i valori dell’illuminismo.
Pensiamo all’impegno personale di Togliatti nello spingere il giovane Feltrinelli a finanziare e lanciare la Colip, la Cooperativa del libro popolare, una piccola ma brillante casa editrice che si impegna nella battaglia per il recupero della cultura e dei valori dell’illuminismo. Togliatti stesso, in prima persona, si impegna nella pubblicazione, con sua prefazione, del Trattato sulla tolleranza di Voltaire.
In questo quadro ecco allora il bisogno di rilanciare ad ogni costo la Casa della Cultura. Che verrà affidata alla giovane e brillantissima allieva di Banfi, Rossana Rossanda. Vi dedicherà dodici anni della sua vita e realizzò, a giudizio di tutti, un autentico capolavoro.
Autonomia, apertura, unitarietà, rilancio dello spirito critico: ecco i tratti distintivi di una direzione che ha rilanciato la Seconda Casa della Cultura e gli ha garantito un prestigio e un credito di lunga durata.
10 – Ma restava un nodo da sciogliere: dove farla? Quale sede? Un ostacolo gigantesco. Gli ostacoli economici, come sappiamo, possono bloccare anche i migliori progetti. Ma questo nodo venne risolto di slancio grazie alla profondità dei vincoli, dei legami connessi all’opzione antifascista.
La soluzione, come forse troppo poco è stato ricordato – mi sono accorto che pochi ne sono a conoscenza -venne offerta dal grande gesto di due frequentatori assidui della Casa della Cultura, Ignazio Usiglio Ubaldi e di sua moglie Grazia Curiel.
Penso di poter dire, senza fare alcuna forzatura, che in questo gesto straordinario si sia stata anche l’omaggio alla memoria di Eugenio Curiel, fratello e cognato rispettivamente di Grazia e di Ignazio.
Curiel, uno scienziato che assunse, giovanissimo, ruoli importanti di direzione nel PCI clandestino, fondò durante la Resistenza il Fronte della Gioventù e partecipò alla direzione della Resistenza qui a Milano.
Venne ucciso pochi giorni prima della Liberazione da una squadra fascista in Piazza della Conciliazione.
Penso che le scelte, la vita, il sacrificio di Eugenio stiano sullo sfondo del grande gesto di Ignazio e di Grazia che hanno messo a disposizione, hanno donato, quella che era allora una cantina, ma una cantina in San Babila, in pieno centro di Milano. Uno scantinato destinato a lasciare un segno nella cultura milanese e italiana.
Se oggi siamo qui, se possiamo ragionare sul nostro futuro, è perché vi fu questo gesto. Abbiamo ritenuto giusto, doveroso, ricordarlo. Fra poco, a conclusione di questa serata, scopriremo un manifesto (abbiamo scelto questa formula grafica per valorizzare al meglio la splendida fotografia che il figlio Giorgio ci ha inviato) che ricorda Ignazio e Grazia.
Vogliamo che questo manifesto resti per sempre qui in Casa della Cultura. Da oltre vent’anni chi entra qui vede il manifesto che ricorda il discorso inaugurale di Ferruccio Parri: da oggi i visitatori, i frequentatori della Casa della Cultura non potranno non vedere anche il manifesto che ricorda il gesto di Ignazio e di Grazia. Esso sarà posizionato proprio all’ingresso di questa sala e ricorderà l’atto di nascita, nel 1951, della Seconda Casa della Cultura. E a fianco vi abbiamo messo un altro manifesto che ricorda i tratti essenziali delle finalità di questo centro e istituzione culturale (oggi si direbbe la Mission) come vennero fissate fin dal momento della fondazione della Prima Casa della Cultura, nel 1946.
Una perfetta continuità tra la prima e la seconda Casa della Cultura nel segno di quella straordinaria vicenda politica, culturale e umana che è stato l’antifascismo milanese e italiano.
Non voglio aggiungere altro: vi ringrazio per l’attenzione. Ora l’importante è ascoltare la testimonianza diretta di chi già allora era immerso in questa storia, di Aldo Tortorella.
VIDEO IN OCCASIONE DEL 78° DELLA CASA DELLA CULTURA
Inaugurazione di una targa dedicata a Grazia Curiel e Ignazio Usiglio in ricordo del loro grande gesto, la donazione della sede di via Borgogna, che ha garantito alla Casa della Cultura continuità e durata
- Una storia che continua
Marco Doria, Mario Ricciardi e Daniela Saresella
introduce Carmen Leccardi
- Le radici della Casa della Cultura, nella Resistenza e nella Milano antifascista del dopoguerra
Aldo Tortorella
introduce Ferruccio Capelli
- Intrattenimento musicale
Flavia Ubaldi (violino), nipote di Ignazio e Grazia