|
|
Dicembre 2024
Il capitalismo si è sviluppato, soprattutto nell’ 800, in concomitanza con un diritto caratterizzato (almeno nelle aspirazioni) da criteri di razionalità formale (Weber), dalla promozione dell’ uguaglianza (anch’essa formale), dalla esaltazione della signoria del volere, intesa come massima espressione di libertà, dall’idealizzazione della rule of law, ecc.
Era il diritto governato, come diceva Marx, da Freedom, Equality, Property and Bentham, che garantiva ai sistemi giuridici capitalistici quello di cui il capitalismo sembrava avere più bisogno: una prevedibilità e calcolabilità simili a quelle che si imponevano in tanti altri campi (ancora Weber), dai valori di scambio mercantili, alla burocrazia, alla contabilità d’impresa basata sulla partita doppia, ecc.
Nel corso del ‘900 il diritto si è “materializzato” (Habermas e tanti altri), è divenuto sensibile a, e influenzabile da, argomenti di razionalità materiale. È divenuto largamente “ incalcolabile “.
Questo vuole dire che quel modo di regolare la società che Weber, e anche Marx, consideravano tipico del capitalismo non è più necessario al capitalismo attuale? Quando osserviamo o lamentiamo che il diritto attuale regola, o non regola, certi fenomeni, riconosce, o non riconosce, certi diritti, ecc. pensiamo che ciò dipenda non da una struttura (una forma) che governa tutto il sistema, come all’epoca esaltata da Weber, ma solo da casuali rapporti di forza che si stabiliscono nell’una o nell’altra situazione? O esiste invece anche oggi un modo di regolare che è diverso da quello dell’ ottocento ma è pur sempre anch’ esso tipicamente capitalistico e che definisce le linee generali su cosa si regola e come?
Il che ci porta ad una seconda serie di quesiti ed a chiederci se anche nell’attuale diritto del capitalismo sia possibile decifrare una ideologia dominante che ha preso il posto di quella ottocentesca basata sui pilastri di cui si è detto (razionalità, uguaglianza, libertà formali, autosufficienza, calcolabilità, ecc.).
A mio avviso, e saltando quello che è avvenuto nel periodo Keynesiano – Fordista, il nocciolo teorico dell’ideologia del diritto neoliberale attuale può essere oggi rinvenuto nelle teorizzazioni della c.d. Analisi economica del diritto (EAL) e della Nuova economia istituzionale (NIE) e in genere di coloro che si richiamano alle impostazioni di Coase.
Il diritto influenzato da queste correnti di pensiero non esalta più la libertà come valore in sé, ma come strumento di efficienza; non esalta più l’uguaglianza, neppure quella formale, ma predica l’ efficiente sfruttamento delle disuguaglianze (l’efficienza richiede che i diritti siano assegnati a chi li valuta di più; così il più ricco avrà più diritti e diventerà ancora più ricco); è disposto (entro certi limiti) a sacrificare la calcolabilità (il diritto contemporaneo è apparentemente molto meno calcolabile di quello ottocentesco) in cambio di una evoluzione capace di stare al passo con le mutevoli esigenze dell’efficienza , ecc.
Scendendo dalla congerie delle regole, alla ideologia che le ispira e alle esigenze della realtà regolata, ecco che i quesiti relativi all’attuale realtà del capitalismo diventano, anche dal punto di vista qui considerato, complicati e molteplici.
Weber aveva in definitiva torto, e la calcolabilità (vogliamo dire: l’operatività, sostanzialmente incontrastata, della marxiana legge del valore?) non è una esigenza coessenziale al capitalismo? Oppure quello attuale non è più capitalismo? Oppure, ancora, si tratta di fasi: la razionalità formale era necessaria nella fase concorrenziale, mentre nel capitalismo monopolistico non funziona più (che è quello che più o meno pensavano i giuristi - soprattutto Neumann - legati alla Scuola di Francoforte e probabilmente, in modo diverso, lo stesso Pollock)? Ma allora, da questo punto di vista, il capitalismo attuale in che fase si trova? Le categorie della teoria del capitale monopolistico possono spiegare l’evoluzione del capitalismo, e del “suo” diritto fino alla fase attuale oppure occorre un cambio più o meno radicale dei paradigmi di riferimento?
Scarica l'articolo qui
© RIPRODUZIONE RISERVATA 05 FEBBRAIO 2010 |