Michele Mezza  
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OPEN DATA: LA POLITICA COME IMPRESA DI CITTADINANZA


Dove si gioca la partita fra decisione e deliberazione



Michele Mezza


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Ma quale luogo è mai questo dove non si coltiva e non si raccoglie?

E' questa la domanda che Pico della Mirandola si sente fare da un suo discepolo mentre rientrano nella Firenze di fine del XV secolo. 'E' il luogo dove si conta e si sogna' risponde. Era iniziata la grande corsa verso Data City, la città del big data.

Carlo Marx, con quel suo odio-amore verso il capitalismo trasformatore, definiva la città 'una macchina della borghesia'. Nel Manifesto spiegava: la borghesia ha posto la campagna sotto il dominio della città, così ha assoggettato i paesi barbari e semi barbari ai paesi civilizzati, le nazioni contadine a quelle borghesi, 'oriente all'occidente'. Non ha aggiunto 'meno male' solo per quel suo senso del rigore che lo prendeva quando scriveva di politica. Ma non è azzardato ritenere che lo pensasse.

Nel suo testo più maturo, che oggi viene studiato nelle università americane come uno straordinario manuale della società conoscenza, ossia i Grundrisse, ogni dubbio viene sfatato: la città è il luogo, spiega il Moro, dove la miseria del lavoro si nobiltà nell'economia del sapere. La sinistra in occidente non ha ancora misurato la straordinaria occasione persa per il fatto che quello straordinario e preveggente testo, che toglie ogni mitologia al lavoro, considerando il sapere il vero mulino della storia, fu pubblicato, non a caso, solo 70 anni dopo Il Capitale.

Marx aveva conosciuto e studiato il Commissioners’ Plan di New York, quella griglia di strade parallele che ancora oggi contraddistingue la grande mela, e che prefigura la grid dell'open data delle metropoli contemporanee. Le città americane, insieme a New York anche Chicago e Los Angeles, sono concentrazione di emisferi che si definiscono per la loro capacità, appunto come diceva Pico della Mirandola, 'di essere il luogo dove si conta e si sogna'. 

Il Commissioners’ Plan altro non è che il progenitore del piano regolatore dei dati e delle relazioni sociali. Misura e promuove la velocità di spostamento in città, sistematizza l'assetto residenziale e identifica gli spazi funzionali. Ma sopratutto rende trasparenti i punti di convergenza e di connessione. New York è di fatto una vera piattaforma multimediale naturale. E questo prima di telefono e telegrafo, quando gli stessi verbi connessione e commutazione non esistevano. Ma esisteva una figura sociale: il giovane, globalizzato, alfabetizzato e competitivo che sbarcava al porto e cominciava a muoversi in città, generando valore, nel bene e nel male.

Oggi quel fenomeno di nomadismo urbano è tracciato e graficizzato per ognuno dei milioni di cittadini. A Milano i sei mesi dell'Expo sono oggi sintetizzabili in grafici che raffigurano i movimenti e le condizioni di vita dei circa 6 milioni di persone che si sono affacciate nell'area urbana, superando il perimetro dell'expo. 400.000 hanno soggiornano in stanze condivise, in sharing economy, grazie a piattaforme come AIRBnB. Ognuno di questi ha navigato in rete, selezionato offerte, contatto operatori, negoziato condizioni, concordato prenotazioni, consumato servizi ed infine pagato il dovuto. Una stringa lunghissima di dati pregiatissimi che danno il profilo della potenza dell'offerta di servizi della città, e dei nuovi linguaggi che questi determinano: conti e sogni.

Su questa scia si sono agganciati da tempo i residenti. Milano è una delle capitali europee del car sharing: 2.300 auto e 340 mila account. Circa 20 su cento di questi utenti hanno già deciso di abbandonare la propria auto privata e affidarsi completamente a questo nuovo modo di spostarsi. Questa è la Uber culture, uno stile di vita che si basa sulla condivisione degli asset. Questo è il motore principale che genera dati e, questo è la vera novità politico-istituzionale, pretende di usare liberamente i dati della propria città.

Più che attardarsi sugli effetti speciali delle tecnologie che generano masse di dati stellari, credo che sia forse più opportuno analizzare i comportamenti delle persone, delle figure sociali, di ceti ed interessi che stanno ridisegnando la mappa geo politica della città. I dati sono la materia prima di questa fabbrica di conti e di sogni. Ma sono anche la base della relazione fra istituzione e cittadino, fra governanti e governati: i dati permettono all'amministrazione di rendere più aderente e sostenibile l'offerta di servizi, ma offre alla stessa amministrazione anche l'opportunità di diventare partner dei propri cittadini che vivono e prosperano proprio in virtù della rielaborazione di quei dati. La disponibilità, la condivisione, l'accesso ai flussi di dati, in tempo reale, accorcia drasticamente le distanze fra decisore e utente. Questo è il fenomeno che destabilizza la politica: open data diventa anche open administration, e sopratutto social administration. Se io so quello che sai tu io posso decidere come decidi tu. Qui si gioca la partita fra decisione e deliberazione: la prima è un atto verticale ed elitario che viene successivamente comunicato, il secondo è un processo condiviso e orizzontale che viene comunemente condotto. Open data è compatibile con il secondo ed è ostile al primo.

In questa partita diventa decisivo il fattore A, come algoritmo. 

Il processo tecnologico infatti non è ne indolore ne automatico, ne tanto meno neutro. La generazione e la condivisione di dati si basa su piattaforme, e dunque standard, e su sistemi di intelligenza artificiale, dunque algoritmi, che giocano un ruolo decisivo. La pubblica amministrazione ritrova in questo gorgo un ruolo leader: la tutela dell'autonomia e della sovranità della comunità locale rispetto ai monopoli dell'algoritmo. La politica può riconquistare un senso comune, di utilità e indispensabilità se ritrova le parole e i pensieri per giocare sull'algoritmo la grande partita che giocò negli anni '60 sulla rendita immobiliare: creare strumenti di trasparenza e di governo pubblico del territorio come il piano regolatore.

La città allora potrebbe ridiventare, rispetto ai grandi centri servizio della rete come Google, Amazon e Facebook, quella macchina da guerra di cui parlava Marx, 'assoggettare l'oriente all'occidente'

 


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01 DICEMBRE 2015