|
|
Questo saggio è uscito in versione francese, con il titolo La révolution du désir pendant Mai 68: Houellebecq et Lacan via ?i?ek, in Le Roman français contemporain face à l’histoire. Thèmes et formes, a cura di G. Rubino e D. Viart, Macerata, Quodlibet, 2015, pp. 407-421. La traduzione è dell’autore
Osservatore acuto o, secondo alcuni, cinico dissettore dell’epoca contemporanea, Michel Houellebecq ha sempre sostenuto la necessità di uno sguardo storico retrospettivo per una comprensione profonda del presente. Uno degli assi principali della sua opera consiste nel tentativo di rispondere ad un quesito fondamentale: per quale motivo si è giunti alla situazione attuale? Una situazione ritenuta catastrofica e senza via d’uscita. È la domanda che si pongono molti personaggi delle Particelle elementari [1] , il romanzo su cui si concentrerà il mio discorso. Se Houellebecq non è certo l’unico autore contemporaneo a rivolgersi al passato per comprendere l’attuale stato delle cose, più rari sono coloro che delineano nella propria opera romanzesca una sorta di filosofia della storia[2], come accade all’inizio di questo libro in cui – nota il narratore – viene raccontata la storia «di un uomo che passò la maggior parte della propria vita in Europa occidentale nella seconda metà del Ventesimo Secolo» (p. 7). Si tratta qui di una concezione della storia secondo la quale l’umanità è manovrata e scandita da alcune rare «mutazioni metafisiche», ossia da alcune «trasformazioni radicali e globali della visione del mondo adottata dalla maggioranza» (pp. 7-8). Ciò che colpisce, in questa teoria, è il carattere assolutamente impersonale, ma implacabile e inevitabile, di tali trasformazioni : «Appena prodottasi, la mutazione metafisica si sviluppa fino alle proprie estreme conseguenze, senza mai incontrare resistenza. Imperturbabile, essa travolge sistemi economici e politici, giudizi estetici, gerarchie sociali. Non esistono forze in grado di interrompere il corso – né umane né d’altro genere, a parte l’avvento di una nuova mutazione metafisica» (p. 8). Tale concezione del mondo, che determina l’economia, la politica e i costumi di una società, viene dunque passivamente assunta dalla maggior parte delle persone ed è il prodotto di un agente totalmente anonimo («prodottasi»; «imperturbabile») e talmente potente («travolge») che nessuna forza umana è in grado di opporvisi. Tanto più che finora tali mutazioni hanno sconvolto delle società tutt’altro che fragili o indebolite, come sottolinea il narratore mentre descrive le due maggiori trasformazioni dell’umanità:
All’avvento del cristianesimo, l’Impero romano era al culmine della propria potenza; perfettamente organizzato, esso dominava l’universo conosciuto; la sua superiorità tecnica e militare era senza uguali. Eppure, non aveva speranze. All’avvento della scienza moderna, il cristianesimo medievale costituiva un sistema completo di comprensione dell’uomo e dell’universo; serviva da base al governo dei popoli, produceva conoscenza e opere, decideva tanto la pace quanto la guerra, organizzava la produzione e la ripartizione delle ricchezze. Tutto ciò non riuscì ad impedirne il tracollo (p. 8).
Tuttavia, se l’intervento umano è stato finora del tutto assente in questa concezione della storia, le cose cambiano in modo paradigmatico nella «terza mutazione metafisica», la «più radicale», quella che dovrebbe «inaugurare una nuova era nella storia del mondo» (p. 8). Di questa trasformazione, descritta alla fine del romanzo, Michel Djerzinski – uno degli eroi, o antieroi, del libro – è stato infatti uno degli artigiani più lucidi. E vedremo a cosa è dovuta questa differenza fondamentale che riguarda l’unica mutazione metafisica operata in modo volontario e cosciente dall’essere umano. Ma prima è necessario considerare la seconda mutazione all’interno della quale, verso fine degli anni Sessanta, si è prodotto un fenomeno di cui viene sottolineato a più riprese il carattere di totale novità e irreversibilità [3]. Si tratta di trasformazioni politiche e sociali in cui il narratore scorge l’origine di una catastrofe mondiale senza via d’uscita, la cui responsabilità principale viene attribuita al movimento del Sessantotto; movimento tanto ben noto quanto complesso e controverso, oggetto di una enorme quantità di interpretazioni estremamente contrastanti e divergenti. Quella proposta da Houellebecq, condivisibile o meno, ha senz’altro il merito di essere chiara e decisa. A suo vedere, se il Sessantotto [4] si è proposto come movimento di liberazione, in particolare nell’ambito sessuale, il problema fondamentale risiede proprio nel senso profondo di questa pretesa emancipazione. Perché attribuendo un valore capitale all’individuo [5], la liberazione cancella ogni possibilità di «legame»[6] all’interno della società in modo così efficace che i suoi effetti sono tuttora evidenti:
Fa un certo effetto osservare come spesso tale liberazione sessuale venisse presentata sotto forma di ideale collettivo mentre in realtà si trattava di un nuovo stadio nell’ascesa storica dell’individualismo. Coppia e famiglia rappresentavano l’ultima isola di comunismo primitivo in seno alla società liberale. La liberazione sessuale ebbe come effetto la distruzione di queste comunità intermedie, ultime a separare l’individuo dal mercato. Un processo di distruzione che continuo oggigiorno (p. 116).
Dopo aver descritto questo fenomeno storico come rottura radicale e sconvolgimento di un’intera civiltà, Houellebecq – attraverso la voce di Michel che commenta Il mondo nuovo di Aldous Huxley – riconosce in esso una conseguenza logica della seconda mutazione metafisica:
La mutazione metafisica che ha creato materialismo e scienza moderna ha avuto due grandi conseguenze: il razionalismo e l’individualismo. L’errore di Huxley è stato quello di non aver valutato adeguatamente il rapporto di forza tra queste due conseguenze. In dettaglio, il suo errore sta nell’aver sottovalutato l’aumento di individualismo prodotto da una incrementata coscienza della morte. Dall’individualismo nascono la libertà, il senso dell’io, il bisogno di distinguersi e di essere superiori al prossimo (p. 161).
Perciò in ragione di questa libertà individuale, contrariamente a quanto pensava Huxley, sorgono la competizione economica e quella sessuale [7]:
In una società razionale com’è quella descritta da Il mondo nuovo, lo scontro più essere attenuato. In una società ricca dove i flussi economici siano sotto controllo, la competizione economica, metafora del dominio dello spazio, non ha più ragione di esistere. La competizione sessuale, metafora, tramite la procreazione, del dominio del tempo, non ha più ragione di esistere in una società dove la dissociazione sesso/procreazione sia perfettamente realizzata; ma Huxley ha dimenticato di tener conto dell’individualismo. Non ha saputo capire che il sesso, una volta dissociato dalla procreazione, sussiste meno come principio di piacere che come principio di differenziazione narcisistica; lo stesso dicasi per il desiderio di ricchezza (p. 161).
Si giunge così ad una esacerbazione del desiderio:
Perché la mutazione metafisica operata dalla scienza moderna si porta dietro l’individuazione, la vanità, l’odio e il desiderio. Di per sé il desiderio – contrariamente al piacere – è fonte di sofferenza, di odio e di infelicità. E, questo, tutti i filosofi – non solo i buddisti, non solo i cristiani, ma tutti i filosofi degni di questo nome – l’hanno capito e insegnato. La soluzione degli utopisti – da Platone a Huxley passando per Fourier – consiste nell’annientare il desiderio, e le sofferenze connesse, organizzandone l’immediata soddisfazione (p. 161).
Continua la lettura su Le parole e le cose
Note:
[1] Secondo la madre di Janine: «[…] doveva esserci uno sbaglio. Da qualche parte doveva esserci uno sbaglio» (Michel Houellebecq, Le particelle elementari, Milano, Bompiani, 1999, p. 42; d’ora in poi le indicazioni di pagina di questa edizione verranno inserite tra parentesi direttamente nel testo); Christiane osserva: «È andato storto qualcosa; non so cosa, ma nella mia vita è andato storto qualcosa» (p. 150); Bruno si chiede: «Com’era stato possibile che le cose arrivassero a quel punto?» (p. 167); Annabelle, a sua volta: «Non riesco a capire come abbiano fatto le cose a rovinarsi a questo punto. Non riesco ad accettarlo» (p. 236).
[2] Per Aurélien Bellanger si tratterebbe di una filosofia della storia «romantica». Cfr. A. Bellanger, Houellebecq écrivain romantique, Parigi, Léo Scheer, 2010, pp. 45-49.
[3] «Qualcosa di radicalmente nuovo» (p. 31); «una nuova tendenza ben più concreta di una semplice moda e destinata a scuotere l’intera civiltà occidentale» (p. 81); una «inedita trasformazione» (p. 121); «Nel 1974-75 […] nella società occidentale si era prodotto uno slittamento sottile ma definitivo» (p. 155).
[4] Secondo Liza Steiner «L’opera di Houellebecq appare come la costatazione critica delle conseguenze del Sessantotto, in particolare di quelle che riguardano la liberazione dei costumi», (L. Steiner, Sade-Houellebecq, du boudoir au sex-shop, Paris, L’Harmattan, coll. «Approches littéraires», 2009, pp. 48; traduzione mia). E più precisamente: «L’antiumanismo caratteristico dei protagonisti houellebechiani appare uno sviluppo logico dell’evento Sessantotto» (ibid., p. 68).
[5] Secondo Bruno Viart, Houellebecq mutua la nozione di «individualismo», sia pur riattualizzandola, da Comte; cfr. B. Viard, Houellebecq au laser. La faute à Mai 68, Nizza, Les Éditions Ovadia, coll. « Chemins de la pensée », 2008, p. 36-37. Secondo Pierre Jourde la problematica principale di Houellebecq è costituita proprio dalla «differenza individuale»; cfr. Pierre Jourde, La Littérature sans estomac, Parigi, L’Esprit des péninsules/Pocket, 2002, p. 277-278.
[6] Sul concetto di «déliaison» (frattura o assenza di legami) tra gli individui nelle Particelle elementari, cfr. Ph. Muray, Et, en tout, apercevoir la fin…, «L’Atelier du roman», n. 18, 1999, pp. 23-32.
[7] Il prolungamento della competizione economica nell’ambito sessuale era stato diagnosticato e analizzato da Houellebecq nel suo primo romanzo Estensione del dominio della lotta (1994). Sulla dimensione economica nell’opera di Houellebecq cfr. E. Dion, La Comédie économique. Le monde marchand selon Houellebecq, Parigi, Le Retour aux Sources éditeur, 2011. © RIPRODUZIONE RISERVATA 16 GENNAIO 2016 |