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Il recente libro di Luigi Mazza, Spazio e cittadinanza. Politica e governo del territorio (Donzelli, 2015) può essere riguardato alla luce di quattro punti focali, uno analitico, uno valoriale, uno storiografico e uno normativo. Ad essi se ne aggiunge almeno un quinto, di carattere metateorico. Provo a sviluppare qui i cinque punti menzionati (riprendendo e ampliando una nota già apparsa sulla rivista Territorio).
Il primo punto (analitico) è la distinzione tra governo del territorio e pianificazione spaziale. Con 'governo del territorio' Mazza intende i processi politici che sviluppano e legittimano le trasformazioni del territorio; con 'pianificazione spaziale' individua il sapere tecnico e professionale che contribuisce alla formazione delle decisioni di governo del territorio. Non sono i termini scelti ovviamente a rilevare, ma il senso della distinzione. Posta tale demarcazione è infatti possibile entrare nel cuore del discorso evitando consueti e ricorrenti equivoci: ad esempio, la frequente confusione e sovrapposizione tra attività politica e attività tecnica. Politica e tecnica sono in genere compresenti nelle pratiche di trasformazione della città, ma ciò non vieta - anzi forse richiede con ancor maggiore forza - una demarcazione analitica chiara (su ciò si veda già L. Mazza, Piani, progetti, strategie, Angeli, 2004). Un primo aspetto fondamentale da sottolineare qui è che le soluzioni di governo del territorio possono anche essere discusse e negoziate tra gli interessi coinvolti, ma produrranno sempre, alla fine, una distribuzione di vantaggi e svantaggi tra le parti in gioco (come è inevitabile in situazioni di conflitto relativamente all'uso di risorse scarse): 'Il governo del territorio non tratta tutti con la stessa misura, non tutti sono uguali di fronte alle regole del piano, anzi la coercizione di alcuni è condizione per la 'facilitazione' degli altri' (Mazza, Spazio e cittadinanza, p. 178; su ciò si vedano già Mazza, 'Distribuzione e giustificazione nei processi di pianificazione' in S. Moroni, a cura di, Territorio e giustizia distributiva, Angeli, 1994 e Mazza, Trasformazioni del piano, Angeli, 1997). Un secondo aspetto cruciale è che le soluzioni di governo del territorio dovranno, comunque, essere imposte con forza di legge. 'Dunque il governo del territorio per assolvere i suoi compiti deve avere necessariamente un carattere impositivo' (ibid.; su ciò si veda anche L. Mazza, Piani, progetti, strategie, Angeli, 2004).
Il secondo punto (valoriale) prevede di riportare al centro dell'attenzione una particolare idea di cittadinanza. Il cuore del libro è, in effetti, proprio il rapporto tra 'governo del territorio' e 'cittadinanza'. Il concetto generale di 'cittadinanza' indica l'appartenenza a una comunità politica. Mazza ricorda però immediatamente come siano possibili in realtà (almeno) due concezioni specifiche di cittadinanza (per la distinzione tra concetto e concezioni si veda J. Rawls, A Theory of Justice, Harvard University Press, 1971). L'una intende la cittadinanza in modo per dir così statico: si tratta di una sorta di status formale istituzionalizzato che accomuna a priori i membri di una comunità. L'altra interpreta invece la cittadinanza in maniera dinamica, non solo come uno status ma anche (e soprattutto) come un modus vivendi: un progetto collettivo che vede i membri della comunità attivamente impegnati nel tempo. Mazza accoglie e difende la seconda accezione come cruciale e, lungo l'intero libro, ne indaga i legami con il governo del territorio. Come appare evidente, l'idea di cittadinanza prediletta risente profondamente della teoria istituzionale nota come 'repubblicanesimo' (recente, discusso ingresso nel campo delle dottrine politiche). Mazza ripete spesso, nel corso del libro, che ci serve, in effetti, una nozione 'ricca' di comunità politica; probabilmente, una nuova 'religione civile' (Mazza, Spazio e cittadinanza, pp. 170-174).
Il terzo punto (storiografico) consiste nel proporre una ricostruzione storico-teorica delle vicende dell'idea di cittadinanza che consente di rileggere in modo nuovo e originale la storia stessa del governo del territorio. Riconsiderare il passato della disciplina e della pratica urbanistica con la lente della cittadinanza fornisce infatti un quadro genealogico in parte inusuale. Mazza avverte da subito che la narrazione non pretende alcuna completezza, ma procede unicamente per esemplificazioni significative. In quest'ottica si sottolinea, anzitutto, come la connessione tra cittadinanza e governo del territorio sia rinvenibile sin dalle origini; a questo proposito si indagano tre archetipi in cui ciò appare evidente: la griglia di Ippodamo (che ci giunge, peraltro, dalla prima documentazione letteraria occidentale in cui si parla esplicitamente di un pianificatore urbano), la fondazione (a cavallo tra mito e storia) di Roma, la gerarchia spaziale e simbolica delle antiche città cinesi. In questi tre archetipi si rinviene l'essenza del governo del territorio come pratica di controllo spaziale e, contemporaneamente, sociale. 'Questi caratteri fondativi indicano che il governo del territorio ha forti radici politiche ed è un fattore di cittadinanza, positivo o negativo' (Mazza, Spazio e cittadinanza, p. 4). Si passa successivamente ad analizzare tre casi americani novecenteschi in cui il governo del territorio diventa strumento di trasformazioni radicali della cittadinanza: le osteggiate lavanderie cinesi a Modesto in California, i poveri espulsi a Mount Laurel in New Jersey, la nascita dello zoning statunitense a Euclid in Ohio. Nella prima vicenda, la cittadinanza viene negata a un gruppo di immigrati; nella seconda, rifiutata al gruppo sociale più povero; nella terza, si impone un'idea di cittadinanza che nega la trasformazione, da prevalentemente contadina a industriale, di una comunità locale. In tutti e tre i frangenti viene messo in luce il problema dell'imposizione di una certa idea di cittadinanza da parte della maggioranza ('Di solito, e in particolare nei tre casi considerati, l'interesse pubblico è identificato con l'interesse della maggioranza. Un'identificazione non del tutto convincente: ci sono casi in cui una maggioranza può orientarsi verso soluzioni che non potrebbero mai essere considerate nell'interesse pubblico': Mazza, Spazio e cittadinanza, p. 178). Si prosegue indagando il legame tra cittadinanza e governo del territorio in quattro pionieri della pianificazione contemporanea: Patrick Geddes, Ebenezer Howard, Ildefonso Cerdà, Patrick Abercrombie. In tal caso si mostra come le idee di pianificazione accolte da tali autori implichino particolari profili di cittadinanza attraverso il tentativo di spazializzare diritti sociali. Si giunge, infine, a riconcettualizzazioni più recenti dell'idea di cittadinanza: in particolare, in Herny Lefebvre, cui si deve, come noto, il fortunatissimo, anche se non proprio trasparente, concetto di diritto alla città (si vedano in particolare H. Lefebvre, Le droit à la ville, Anthropos, 1968 e Espace et politique, Anthropos, 1972). 'Il diritto alla città è [...] il programma di una rivoluzione sociale e di riordinamento spaziale che consiste nel riappropriarsi della città' (Mazza, Spazio e cittadinanza, p. 161). 'Se il primo punto di forza del diritto alla città è la soddisfazione di un ampio spettro di bisogni, il secondo punto di forza è il riconoscimento dell'importanza e del ruolo dello spazio' (Spazio e cittadinanza, p. 159). 'I nuovi bisogni richiedono luoghi qualificati, luoghi di simultaneità e d'incontro, e quindi una forma adatta di città, a cui si accompagni il tempo libero necessario per permettere incontri e scambi' (Spazio e cittadinanza, p. 160). L'ampia, originale ricostruzione storica fornita consente anche di mostrare il ricorrere di alcuni elementi tecnici fondamentali, come le griglie e la zonizzazione (che, ovviamente, possono assumere significati diversi a seconda delle finalità per cui sono impiegati - da tempo Mazza sottolinea, in particolare, la necessità di non confondere lo strumento della zonizzazione, come strumento di assegnazione di diritti e doveri differenziati a varie parti del territorio, con specifici usi dello stesso, ad esempio la zonizzazione funzionale modernista: si veda ad esempio L. Mazza, Progettare gli squilibri, Angeli, 2004). Accogliendo la distinzione proposta dall'autore tra 'logiche' del governo del territorio e 'grammatiche' del governo del territorio, si potrebbe forse dire che griglie e zonizzazione sono elementi imprescindibili delle seconde. In conclusione: la ricostruzione storica compiuta (che comprende in realtà vari altri rivoli, oltre a quelli sommariamente richiamati) ha sia valore in sé, sia diventa essa stessa parte del progetto più generale del libro: 'Per superare aporia e crisi di legittimazione del [...] governo del territorio è necessario ricostruire un mondo normativo che includa non solo un corpo di prescrizioni, ma anche un linguaggio, delle narrative e dei miti in cui collocare il corpo prescrittivo' (Mazza, Spazio e cittadinanza, p. 181). (Ci tornerò al termine).
Il quarto punto (normativo) consiste nel chiedersi come sia possibile oggi - in un periodo di secolarizzazione, che vede una frammentazione e polverizzazione delle convinzioni e appartenenze morali - evitare la paralisi dell'attività pubblica. In effetti: 'Il venir meno di un'idea condivisa di cittadinanza è anche il venir meno di un senso civico che renda possibili la condivisione di progetti e interventi di interesse collettivo da realizzare con il governo del territorio' (Mazza, Spazio e cittadinanza, p. 167). (L'autore sembra ritenere anche la tradizione liberale, con il suo presunto individualismo monadico, responsabile di questa situazione; non sono del tutto sicuro di ciò, ma qui si entra nelle fissazioni di chi scrive che possono tranquillamente rimanere in secondo piano qui: sia comunque concesso rimandare a S. Moroni, La città del liberalismo attivo, CittàStudi, 2007 e alle riflessioni di D. Johnston, The Idea of a Liberal Theory, Princeton University Press, 1994, pp. 18-21 e T. Machan, Libertarianism Defended, Asghate, 2006, pp. 125-144). Per uscire dall'impasse, Mazza ritiene sia possibile e indispensabile un lavoro comune e continuo di ricostruzione costituzionale e ridisegno della cittadinanza stessa. Il governo del territorio viene indicato come un'occasione e uno spazio particolare per avviare e mantenere questo particolare tipo di dialogo tra cittadini. In tal modo, in un certo senso, si chiude il circolo: 'Il governo del territorio è lo spazio politico per la costruzione o ricostruzione di un'idea di cittadinanza, ma a sua volta l'idea di cittadinanza è il mondo normativo in cui il governo del territorio si colloca' (Mazza, Spazio e cittadinanza, p. 181). Il rapporto tra cittadinanza e governo del territorio non è perciò unidirezionale, ma bidirezionale. Si propone qui una sorta di fondazione mutua dei due concetti, che si sosterrebbero reciprocamente. Tutto ciò sembra in parte basarsi anche su due assunti cruciali dell'autore. In primo luogo, il riconoscimento che la terra è un bene del tutto particolare (essendo in quantità finita e a localizzazione fissa); il mercato della terra e degli immobili, di conseguenza, avrebbe caratteristiche peculiari, che gli impedirebbero di funzionare senza particolari interventi di regolazione (recentemente questo punto è stato autorevolmente rimarcato anche da E. Alexander, 'There is no planning - Only planning practices: Notes for spatial planning theories', Planning Theory, 2015). In secondo luogo, l'idea che, mentre il livello costituzionale appare come quello adatto per definire e difendere diritti civili e politici, è soprattutto il livello post-costituzionale (ossia il livello delle ridistribuzioni di natura politica) quello fondamentale per garantire diritti sociali. In conclusione, la prospettiva normativa suggerita - che lega governo del territorio e cittadinanza in maniera forte - consentirebbe, secondo l'autore, di superare anche il cosiddetto 'neo-liberismo' (prospettiva e pratica invero poco liberista e poco liberale: ma quando ci decideremo a trovargli un nome meno fuorviante? Sia concesso rinviare per ciò a S. Moroni, Libertà e innovazione nella città sostenibile, Carocci, 2015).
I quattro punti richiamati sono rilevanti sia in quanto tali (ognuno di essi si rivela interessante e solleva questioni stimolanti: il tentativo, più che paziente, di far chiarezza nella fumosa prospettiva di Lefebvre è, ad esempio, una delle letture più affilate che siano state fatte di tale autore), sia in quanto connessi l'un l'altro in una sorta di progetto complessivo che (nelle intenzioni dell'autore) parrebbe implicare un rinforzo plurimo vicendevole. Una sorta di 'equilibrio riflessivo dinamico' che tiene in positiva tensione elementi e ricostruzioni concettuali di natura diversa. Questo è in realtà, forse, un quinto punto - metateorico - che suggerisce un'idea particolare di quali siano, o possano essere, forme e possibilità di 'giustificazione' di una visione generale: esclusa, sembrerebbe, l'eventualità di una 'fondazione', l'argomentazione di sostegno procede a più livelli, accumulando elementi costruttivi compatibili ad ogni passaggio.
In conclusione: il libro è una sorta di prisma di cui si possono apprezzare - e discutere - le singole facce, così come l'insieme (nonché le forze interne che lavorano per tenerlo unito).
Stefano Moroni
Stefano Moroni è professore ordinario di urbanistica del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DAStU) del Politecnico di Milano. Insegna Teorie della pianificazione e Etica degli usi territoriali alla Scuola di Architettura, Urbanistica e Ingegneria delle Costruzioni dello stesso ateneo. Tra le sue pubblicazioni recenti: La città responsabile. Rinnovamento istituzionale e rinascita civica (Carocci 2013) - di cui si è discusso alla Casa della Cultura il 19 maggio 2014 con Luca Beltrami Gadola, Marco Romano ed Eugenio Somaini nell'ambito del ciclo Città Bene Comune - e Libertà e innovazione nella città sostenibile. Ridurre lo spreco di energie umane (Carocci, 2015) - di cui sono stati pubblicati in questa rubrica i commenti di Marco Romano (Urbanistica: 'ingiustificata protervia') e di Paolo Berdini (Quali regole per la bellezza della citta?).
Sul libro di Luigi Mazza - Spazio e cittadinanza. Politica e governo del territorio (Donzelli, 2015) - si veda anche il commento di Vittorio Gregotti comparso sul 'Corriere della Sera' del 12 ottobre 2015 e pubblicato in questa rubrica il 10 novembre con il titolo Città/cittadinanza binomio inscindibile .
RR
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