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La memoria ha bisogno di essere aiutata a non abbandonarci, quando se ne comprenda il valore esistenziale, il nesso inevitabile con il nostro presente e il futuro. Oggi possediamo innumerevoli tecniche e tecnologie utili a questo scopo, ma nessuna di esse possiede il potere, il fascino, la praticità dell'antica possibilità di salvare i nostri ricordi dall'oblio che la scrittura manuale o digitale sa e può offrirci.
Specialmente quando ad essa ci si rivolga come ad una modalità narrativa già intrinseca alle facoltà umane del comunicare, tra le più consuete e spontanee: rappresentate dal raccontarsi in prima persona e del raccontare le storie altrui che ci vengano affidate. Scrivere si rivela in tal modo una maniera di cura; un gesto di attenzione per il proprio passato e per quello degli altri; un' attività il cui senso oltrepassa ogni intento narcisistico spesso rimproverato ai generi autobiografici. Tanto più se gli intenti personali si accompagnano alla disponibilità, ad esempio, di non trascurare le narrazioni di chi ci è accanto o abbiamo incontrato in un tempo lontano, oppure, di chi ci è sconosciuto, ma la cui storia riteniamo sarebbe importante salvare; di chi abbia manifestato il desiderio di raccontarsi, affidandoci il compito di trascriverne la vicenda. In queste circostanze, in questa accezione, in entrambi i casi, la scrittura si rivela ancor più un'arte umile, fedele e semplice al servizio dei ricordi individuali e collettivi. Esercitiamo ad esempio l'umiltà di riconoscere che scriviamo senza pretese; ci mostriamo disponibili a correggere in continuazione i nostri scritti non per ragioni formali, bensì per trovare un senso nel nostro tragitto esistenziale. Per decifrare un filo conduttore in quanto abbiamo scelto o ci è accaduto. La scrittura è ricerca interiore e - al contempo -perseguimento di un rinnovato contatto con la vita, con i contesti di appartenenza, con i grandi temi vitali: le relazioni interpersonali, gli affetti, i passaggi d'età, il lavoro, le decisioni e i cambiamenti delle condotte e delle circostanze che ci hanno reso donne e uomini. E', questa, un' occupazione certamente impegnativa, che esprime una fedeltà all'esistenza anche nella sofferenza, la caparbia voglia di non dimenticarsi pur nei momenti più dolorosi. Non è però la scrittura di sé e il dedicarsi alla scrittura degli altri soltanto un genere narrativo senza ambizioni: la sua adozione continuativa - ancora una volta per sé o per la cura di coloro che ci affidino la propria - può divenire uno stile di vita, un'abitudine della mente, un'opportunità preziosa in grado di alleviare i momenti di solitudine e di attenuare il senso di isolamento di chi non abbia più qualcuno cui narrarsi. Diventa l'atto ripetuto dello scrivere, di conseguenza, oltre che un modo di essere, una condotta del pensiero e della riflessione; persino una sapiente disciplina intellettuale o un gesto d'affezione senza contropartite (di puro volontariato ) rivolto a chi versi in condizioni di emarginazione: una forma di solidarietà, di vicinanza, di accompagnamento esistenziale. Difatti le scritture di sé (autobiografiche) e degli altri (biografiche), di cui l' editoria non manca di occuparsi per altre finalità, sono in anni recenti ormai divenute una letteratura popolare fonte di interessi culturali in inarrestabile. Finalmente, sono anche al centro di valorizzazioni sociali, mediatiche e culturali plurime, ma per chiunque le coltivi e verso di esse si mostri sensibile, non costituiscono soltanto l'occasione di intriganti e affascinanti letture.
Il rendersi promotori, sollecitatori, tutori di scritture auto e biografiche nel mondo infantile, adolescenziale, adulto - nella scuola, nei quartieri metropolitani, nei servizi socioassistenziali e sanitari, o per la popolazione anziana, e in ogni dove - significa sviluppare pensosità, intelligenze non solo autoreferenziali, occasioni di riflessione sulle esperienze umane più significative, sui momenti della storia cui sia partecipato, sulla quotidianità del vivere.
Scrivere e raccontare equivale soprattutto ad offrire a chiunque vi si cimenti con passione disinteressata, direttamente, o tramite un aiuto richiesto e ben accetto, un' occasione per ripensarsi, per non smarrirsi. Scrivere è riaccendere coscienza di sé e del mondo; è dimostrare che la memoria è una risorsa non astratta, ma materiale: è riconsegnare alle voci, alle parole, ai racconti una loro legittimazione sociale altrimenti condannata a scomparire.
La scrittura autobiografica, in conclusione, quando sappia liberarsi da ogni sua possibile, atavica, natura edonistica e celebrativa, che pur tuttavia rappresenta una sorgente inesauribile per la ricerca storiografica, sociologica, antropologica, letteraria, psicoanalitica, può dunque divenire espressione e momento di comportamenti solidaristici più ispirati da etica sociale e generosità civile, specialmente quando il diritto a proteggere le memorie personali si incontri con la necessità sempre più urgente di non disperdere quelle di tutti.
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