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Quali sono i contorni della città oggi, nel tempo della globalizzazione? Esiste ancora uno spirito della città che possa dare un senso al vissuto di metà della popolazione mondiale in sterminati habitat territoriali? Quali forme assumono le megalopoli in un'epoca della storia che ha deciso di eliminare la cultura contadina? Su questi interrogativi che riguardano il presente e il futuro del destino umano si sofferma Franco La Cecla, antropologo delle azioni, delle cose e dei corpi, con uno sguardo che si pone sulla scia della lezione di Lévi-Strauss, alla ricerca dei segni delle comunità in trasformazione, tra gli oggetti materiali e immateriali come tra le pratiche dei sensi, tra il mondo del gusto e del cibo come nelle forme dense del fare e dell'organizzare la vita associata. La città contemporanea, nel suo progetto umano e, allo stesso tempo, nella sua reale disumanizzazione, è come una nuvola di relazioni, di rappresentazioni e di azioni, ma anche di odori e di sapori, in cui s'addentra l'antropologo per descriverne la struttura e l'andamento, il suo essere qui e ora e il suo spostamento. Una nuvola in viaggio che, analizzata nella densità delle sue particelle, mostra spettri di vita umana, figure infinite della fatica e del sogno sociale. La Cecla descrive e interpreta le immagini e le cose della città anche con un intento polemico e civile, mettendo in luce il tradimento di certe formule tecniche che vogliono apparire risolutive dell'indigenza umana, della povertà delle genti, della miseria delle persone e dei beni. Contro l'artificio delle multinazionali s'eleva un canto disperato e dignitoso dalla terra dei poveri che l'autore non può non registrare, sul piano della verità e della storia, con ricchezza di documenti e pratiche di speranza.
La Cecla insegue anche aspetti della critica sociale di un Bruno Latour e non dimentica le eterotopie di un Foucault. Ricercatore alla Lévi-Strauss, si intride però dell'idea di risonanza elaborata da Unni Wikan. Per capire bisogna toccare, odorare, vedere, sentire il nostro oggetto, la città: quella esistente e quella che sta sparendo; quella storica, mutilata, avvilita, degradata e quella recuperata dai nuovi miserabili. E il nostro autore s'avventura infatti nell'esperienza e nel caso, il suo sguardo non offre teorie, ma vuole sperimentare la banalità per un fine di riconoscimento; è tra le cose e i comportamenti più comuni, ovvi, che rintracciamo infatti i segni straordinari di un'opera dell'umanità in cammino. Come aveva fatto anni fa con l'architettura delle star, l'autore ora si distacca dall'urbanistica che critica come sistema astratto di descrizione insieme alle sue soluzioni di tipo "scientifico"; al fine di comprendere le astuzie della nuova schiavitù che, muovendo da progetti di sostenibilità e di intelligenza, ne rovescia le prospettive riducendo tutto a un nuovo dominio della sensibilità e del cuore. Toccare, sentire, provare la gestualità del vivere, vuol dire anche sottolineare la corporeità dei singoli e dei popoli di fronte all'universo del web anestetizzante. Dietro la città come scena dei corpi appare una domanda centrale sulla natura dell'uomo e sugli universali umani: al sistema dei segni elaborato da Lévi-Strauss s'aggiunge, in modo congeniale, l'insegnamento di Ivan Illich e della sua visione utopica. Percepiamo in questo saggio la critica all'ipertrofia della produttività e al mito del consumismo di fronte al quale si pone il valore della libertà creativa dei poveri, possibile motore di una convivialità ritrovata.
La Cecla è un viaggiatore appassionato in una missione educativa nei confronti del mondo vivente e pratica una visione dell'antropologia attraverso l'anima della narrazione: dispiega una potenza d'indagine in maniera garbata, mite, raccontando situazioni di varie città del mondo sotto il profilo di idee chiave da conservare e aggiornare, quali la vera eco-sostenibilità, la distribuzione dei beni, l'umanizzazione dell'ambiente, la lotta allo sfruttamento e alla nuova servitù mondiale, la cultura del cibo come scambio simbolico e reale. Possiamo comprenderlo bene da questo libro sulla città del presente e del futuro. I vari punti dell'esposizione, incentrata in sostanza sul tema della speculazione delle materie prime, sulla catastrofe ambientale, sulla crisi energetica del pianeta, sono intercalati da ritratti di città come Yojakarta, Fukuoka, Istanbul, Shanghai, Kuala Lampur, Tashkent, Milano, Minsk, Ragusa. Dagli esempi muove tutto un campo di critica sociale e gestualità progettuale: il ritorno del corpo come protagonista di grandi rivolte sociali, gli equivoci e le occasioni perdute della partecipazione, la miseria e la produttività degli slums, il rito del mangiare per strada, la rivolta dei pigiami e dei panni stesi. La presenza fisica di milioni di corpi in piazza al Cairo, a Istanbul, a Hong Kong, in un'identificazione tra masse e luogo, mette in luce, in questa lettura, la miopia dell'antropologia e dell'urbanistica, incapaci, secondo l'autore, di comprendere l'uso che la corporeità politica fa dello spazio pubblico, soprattutto di quello anonimo dei non luoghi. Esempi di cittadinanza attiva, che narrano di un restare sul posto e non di un semplice transitarvi, invitano a nuove prospettive d'analisi delle scienze umane, fuori dell'interpretazione per mappature, percentuali, calcoli di probabilità, statistiche, fuori dall'inganno delle formule urban prosperity. Dobbiamo cogliere, dice La Cecla, la "risonanza" dell'esperienza vissuta così da poter osservare il modo di vivere della gente; è un'esperienza di condivisione della quotidianità attraverso uno straniamento da sé per sporgersi nel mondo altrui. La Cecla, distante dalla città finanza di un George Soros e dalla città spettacolo di un Guy Debord, si fa seguace della vocazione dettata da Tim Ingold, una forma di conoscenza per travestimento: "L'antropologia è la filosofia che ha il coraggio di vivere fuori".
Alla base di queste riflessioni, rintracciamo le modalità di una visione popolare, non specialistica, del come è e del come dovrebbe o potrebbe essere la natura del territorio edificato, lontano dal fatalismo omologante di Rem Koolhaas. La vita degli abitanti è alla base di uno spirito di città comune. Ciò che si vuole mettere in luce infatti, con lo "spirito della città comune", è la percezione interrogante dei cittadini sulle forme attuali della città in espansione, là dove i sensi vengono avviliti e umiliati dai vuoti spaziali, dalle mancanze del finito, dalle incongruenze stilistiche e ambientali, dalle aree dismesse, disadorne o insignificanti, e allo stesso tempo, dall'avvenirismo del "genio architettonico"; anche i grandi magazzini e i tracciati di viabilità sono da ricordare come siti del ripensamento inventivo da parte degli abitanti fino agli estremi esiti dello slum come città improvvisata. Lo spirito della città comune ha d'altronde più di duemila anni, perché affonda le sue radici nella cultura delle città, secondo la descrizioni che ne fece Lewis Mumford: un esperimento umano del convivere tra mercato, artigianato e arte in una dialettica di prossimità e passaggi, lungo percorsi, spazi, in una relazione continua tra persone e oggetti costruiti: muri, facciate, dislivelli, altezze, ponti e passerelle. Con l'automobile e l'industrializzazione le città si sono defisicizzate, si sono rese luoghi astratti del risiedere. E ora nelle città globali postmoderne, che sembra non abbiano più bisogno della campagna né della natura, "puri hub dell'ubiquità, porte d'accesso a una geografia smaterializzata", la cosa è ancora più evidente. Qui Google, Facebook, Amazon, Twitter possono essere visti come i quattro cavalieri dell'Apocalisse. È la fine della città giardino e del principio di autocostruzione, nonostante il grande sforzo di Architecture for Humanity. Gli slogan si sprecano: smart cities, creative cities, resilient cities, open source cities. Sono il segno della fine della città e dell'arte di modellare, da parte dell'umanità, il suo luogo eletto.
Raffaele Milani
NdC - Raffaele Milani, professore ordinario di Estetica del Dipartimento di Scienze dell'Educazione "Giovanni Maria Bertin" dell'Università di Bologna, dirige il Laboratorio di Studi sulle città. Tra le sue pubblicazioni: Il paesaggio è un'avventura (Feltrinelli, Milano 2005); con L. Falqui, L'atelier naturale. Cinema e giardini (Cadmo, Fiesole 2008); I volti della grazia. Filosofia, arte, natura (il Mulino, Bologna 2009); The Aesthetics of Grace (Peter Lang, New York 2013); I paesaggi del silenzio (Mimesis, Milano 2014); Forme del paesaggio (traduzione del titolo giapponese, Bruecke, Tokyo 2014); L'arte della città. Filosofia, natura, architettura (Il Mulino, Bologna 2015).
Quella riportata sopra è la Nota al testo al libro di Franco La Cecla, Contro l'urbanistica. La cultura delle città (Einaudi, 2015). Si ringraziano l'Autore e l'Editore per averne autorizzato la pubblicazione in questa rubrica. I grassetti sono nostri. Sullo stesso libro si vedano anche i commenti di: Francesco Indovina, Si può essere "contro" l'urbanistica? (20 ottobre 2015); Salvatore Settis, Cieca invettiva o manifesto per una nuova urbanistica? (17 novembre 2015); Renzo Riboldazzi, Perché essere "pro" (e non "contro") l'urbanistica (20 gennaio 2016); Roberto Mascarucci, A favore dell'urbanistica (16 marzo 2016).
Franco La Cecla sarà alla Casa della Cultura per discutere dei temi del suo libro lunedì 2 maggio alle 18.00, nell'ambito del ciclo di incontri "Città Bene Comune 2016" organizzato in collaborazione con il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano e patrocinato dall'Istituto Nazionale di Urbanistica.
RR
© RIPRODUZIONE RISERVATA 20 APRILE 2016 |
CITTÀ BENE COMUNE
Ambito di dibattito sulla città, il territorio e la cultura del progetto urbano e territoriale
a cura di Renzo Riboldazzi cittabenecomune@casadellacultura.it
Gli incontri
- 2016: programma /presentazione
- 2015: programma /presentazione
- 2014: programma /presentazione
- 2013: programma /presentazione
Interventi, commenti, letture
- M. Ponti, Il paradiso è davvero senza automobili? Commento a: A. Donati e F. Petracchini, Muoversi in città (Ed. Ambiente, 2015)
- S. Brenna, La strana disfatta dell'urbanistica pubblica. Note sullo stato della pianificazione italiana
- F. Ventura, Lo stato della pianificazione urbanistica. Qualche interrogativo per un dibattito
- G. Tonon, Città e urbanistica: un grande fallimento, intervento all'incontro con P. Berdini del 18 maggio 2015
- R. Mascarucci, A favore dell'urbanistica, commento a: F. La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- P.Colarossi, Fare piazze, commento a: M. Romano, La piazza europea (Marsilio 2015)
- J.Gardella, Mezzo secolo di architettura e urbanistica, dialogo immaginario sulla mostra "Comunità Italia", Triennale di Milano, 2015-16
- G.Pasqui, Pensare e fare Urbanistica oggi, recensione a A.Lanzani, Città territorio urbanistica tra crisi e contrazione (Franco Angeli, 2015)
- L.Colombo, Urbanistica e beni culturali, Riflessione a partire da La Cecla, Moroni e Montanari
- L.Meneghetti, Casa, lavoro, cittadinanza. Seconda parte
- F.Ventura, Urbanistica: tecnica o politica?, commento a: L. Mazza, Spazio e cittadinanza (Donzelli, 2015)
- P.C.Palermo, Per un'urbanistica che non sia un simulacro, commento a: L. Mazza, Spazio e cittadinanza (Donzelli, 2015)
- S.Moroni, Governo del territorio e cittadinanza, commento a L.Mazza, Spazio e cittadinanza.(Donzelli, 2015)
- P.Berdini, Quali regole per la bellezza della città?, commento a S.Moroni, Libertà e innovazione nella città sostenibile (Carocci, 2015)
- R.Riboldazzi, Perchè essere 'pro' e non 'contro' l'Urbanistica, commento a F.La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- P. Maddalena, Addio regole. E addio diritti e bellezza delle città, prefazione a: P. Berdini, Le città fallite (Donzelli, 2014)
- S. Settis, Beni comuni fra diritto alla città e azione popolare, introduzione a: P. Maddalena, Il territorio bene comune degli italiani (Donzelli, 2014)
- L. Meneghetti, Casa, lavoro cittadinanza. Il nodo irrisolto dell'immigrazione nelle città italiane
- M. Romano, Urbanistica: 'ingiustificata protervia', recensione a: S. Moroni, Libertà e innovazione nella città sostenibile (Carocci, 2015)
- P. Pileri, Laudato si': una sfida (anche) per l'urbanistica, commento all'enciclica di Papa Francesco (2015)
- P. Maddalena, La bellezza della casa comune, bene supremo. Commento alla Laudato si' di Papa Francesco (2015)
- S. Settis, Cieca invettiva o manifesto per una nuova urbanistica? Recensione a: F. La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- V. Gregotti, Città/cittadinanza: binomio inscindibile, Recensione a: L. Mazza, Spazio e cittadinanza (Donzelli, 2015)
- F. Indovina, Si può essere 'contro' l'urbanistica? Recensione a: F. La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- R. Riboldazzi, Città: e se ricominciassimo dall'uomo (e dai suoi rifiuti)? Recensione a: R. Pavia, Il passo della città (Donzelli 2015)
- R. Riboldazzi, Suolo: tanti buoni motivi per preservarlo, recensione a: P. Pileri, Che cosa c'è sotto (Altreconomia, 2015)
- L. Mazza, intervento all'incontro con P. Maddalena su Il territorio bene comune degli italiani (Donzelli, 2014)
- L. Meneghetti, Dov'è la bellezza di Milano? , commento sui temi dell'incontro con P. Berdini su Le città fallite(Donzelli, 2014)
- J. Muzio, intervento all'incontro con T. Montanari su Le pietre e il popolo(mimum fax, 2013)
- P. Panza, segnalazione (sul Corriere della Sera dell'11.05.2014)
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