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Di fronte a un nuovo spazio circolare milanese marcato Unicredit e intitolato a Gae Aulenti, impropriamente definito "piazza" (che sarebbe il nome del luogo antico di possibile riunione della popolazione), con tutto attorno una ventina di piani di troppo e oltre la metà del pavimento permanentemente allagata da una pseudo-fontana luminosa con patetici lampioncini centrali, che distanzia i cittadini dai buchi sfiatatoi dei parcheggi sottostanti e li costringe ai percorsi commerciali perimetrali (lo stesso obbiettivo dell'aberrante ristrutturazione a rampe mobili della Stazione Centrale milanese), e di fronte a una problematica scultura sonora di Alberto Garutti, in tubi di alluminio dorati che raccordano i diversi livelli di un altro sfiatatoio posto nell'androne di accesso dalla rampa di salita da Corso Como, vien voglia di ripassare per confronto l'opera dei grandi maestri del passato, architetti e artisti, e dei loro committenti e fruitori.
Quando papa Paolo III, per ricevere degnamente l'Imperatore Carlo V, ha chiesto a Michelangelo di sistemare la sommità del Campidoglio, lasciata da secoli ad attività di mercato e di pena con due eterogenei edifici di matrice medievale e del Rossellino, per primissima cosa è stata istallata al centro dello spazio sterrato, fra sterpi e sassi, la statua in bronzo dorato del Marco Aurelio che stava in Laterano (statua ritenuta impropriamente di Costantino, primo imperatore cristiano), poi si è operato sugli edifici, con la nuova scala simmetrica e la torre centrale che ridisegnano il Senatorio e con i due corpi laterali simmetrici (Palazzo dei Conservatori e Nuovo), leggermente inclinati e convergenti verso la scalinata di raccordo con la città nella direzione del Vaticano. Una statua diventava così il fulcro di un'intenzione politica e progettuale che voleva ripristinare Roma come caput mundi, questa volta cristiano, e che nel corso del tempo ridisegnava tutto: l'architettura, dai volumi edilizi alle loro decorazioni d'assieme e di dettaglio, compreso il basamento della statua e l'ovale incassato e leggermente convesso del pavimento stellato (finito quattro secoli dopo), e le diverse sculture, da quelle della fontana dei due Fiumi a quelle sopra le cornici balaustrate, in asse alle lesene giganti, a quelle della Cordonata.
Certo Unicredit non è Paolo III e César Pelli non è Michelangelo, e il tema delle due piazze sopraelevate è diverso, ma dal confronto può ancora emergere il valore di un antico principio urbanistico, quello della "convenienza dell'opera alla qualità dei luoghi", che sottende ovviamente una doppia qualità, quella dell'opera e quella del luogo (che, se non c'è, va generata).
Committenza (compresa la moderna auto-committenza), fare artistico e fruizione (pratica e/o estetica) di qualsiasi opera d'arte, sia essa architettura o una di quelle che una volta erano dette "visive", sono i tre momenti di un processo che lega insieme una pluralità di soggetti con finalità che non sempre convergono nella volontà di valorizzazione e comprensione del carattere e quindi del significato dell'opera, per quanto di specifico e di illuminante esso può dare al destino di tutti. Il massimo di complessità in questo processo si ha proprio nella generazione artistica dello spazio urbano, come luogo della possibile convenienza fra architettura e le altre arti (musica, scultura, pittura, istallazioni temporanee ecc.).
Nel libro L'arte nello spazio pubblico. L'esperienza italiana dal 1968 ad oggi (Johan&Levi editore, 2015), la critica e museologa Alessandra Pioselli ricostruisce mezzo secolo di storia di interventi di arte visiva realizzati in molti spazi aperti italiani (centri storici, periferie, paesaggi), con grandi oscillazioni o sbandamenti fra "anti-arte", "uso politico dell'arte", "generazione collettiva dell'arte" e opere "autoriali" (preesistenti o realizzate apposta per i luoghi). Non viene considerata l'architettura (il testo tratta di arte negli spazi pubblici e non degli spazi pubblici), ma si rileva l'opera di alcuni architetti (Dalisi, Forges Davanzati, La Pietra e altri) che hanno promosso processi trasformativi degli spazi pubblici, soprattutto nei loro terminali di attrezzatura e arredo o di comunicazione e dei relativi contenuti o messaggi.
Il grande tema e interrogativo, ancora attuale, sotteso a questa storia riguarda la "partecipazione", cioè il rapporto promozionale, generativo e fruitivo dell'arte da parte di gruppi o intere comunità, che in tali spazi vivono e ritrovano (o dovrebbero ritrovare) se stessi e la propria identità.
Va ricordato che c'è una differenza sostanziale fra essere "artista" o "operatore estetico". L'artista, di qualunque arte, è concentrato sull'opera, sulla costituzione della sua forma materiale e sul significato concettuale ed emotivo in essa inscritto: il "fare" artistico mira a una valenza conoscitiva e comunicativa che trascende qualsiasi altra utilità, compresa quella "funzionale", attribuita riduttivamente all'architettura e al disegno industriale, o quella "pedagogica", che vuole educare il pubblico o far esercitare gli inesperti.
L'operatore estetico usa invece il processo genetico della forma, e la forma stessa, per altre finalità, siano esse d'uso pratico oppure culturali (come "stupire i borghesi", rompendo gli stereotipi di ciò che viene ritenuto arte: il maestro è Duchamp) o politiche (come generare partecipazione e consenso o dissenso) o semplicemente commerciali.
Nei primi decenni considerati da Pioselli emerge l'attività di freno dell'arte pubblica da parte delle forze politiche tradizionali e delle amministrazioni pubbliche da esse governate (con la prima discontinuità operata dal Partito Comunista con le famose "estati romane" di Renato Nicolini), ma anche delle nuove forze politiche diversamente impegnate. Nello scontro frontale fra istituzioni e movimenti negli anni suggestionati dalle "guardie rosse" cinesi e poi in quelli "di piombo" (in Italia), l'arte non ha alcun gioco o dignità (nelle Facoltà di Architettura alcuni rivendicavano di non progettare, ma di prendersi la città). Ettore Sottsass, uno dei più rivoluzionari designer mondiali del secolo scorso, scrive nel 1973: "Mi dicono che sono cattivo […] perché faccio il mestiere del designer e lavoro per il sistema […] mi fanno diventare un dilettante, uno in più nell'esercito dei rivoluzionari dilettanti […] la politica, reale, la faccio dentro il mio mestiere".
Lasciando perdere l'architettura e la speranza degli architetti social-comunisti (fra cui i "giovani delle colonne" e poi post-moderni) di poter essere i nuovi "architetti della rivoluzione" e delle grandi opere pubbliche successive alla presunta andata al governo delle sinistre e i pochi accenni di presenza di opere d'arte visiva nei loro progetti di spazi urbani (come nel disegno di Carlo Aymonino per un Nerone gigantesco a lato del Colosseo), le arti visive negli spazi pubblici vengono rivalutate dai Collettivi politici che praticano processi molecolari di mappatura critica dei luoghi, di denuncia e ironia, e di auto-produzione "dal basso" di opere, solitamente effimere, di interferenza con la povertà o il degrado quotidiano dei luoghi. Stranamente, nel libro della Pioselli, forse perché troppo spontanee ed esterne a processi guidati, non vengono considerate le opere di scrittura e pittura sui muri urbani o sulle carrozze ferroviarie di tanti giovani che ancora oggi ripercorrono in modo spericolato l'opera delle avanguardie sovietiche degli anni '20 e di quelle americane ed europee degli anni '70 e '80.
Questa idea di una creatività collettiva, che libera il potenziale di un fare a valenza estetica presente in tutti, bambini compresi, se ha prodotto processi partecipativi importanti sul piano sociale e civile, non sembra aver lasciato tracce d'arte di valore intrinseco permanente (anche se perdute) per la qualità illuminante del loro modo di essere (o essere state) al mondo. Allo stesso modo, anche la cosiddetta "architettura della partecipazione" ha lasciato le tracce migliori (Lucien Kroll, Giancarlo De Carlo) là dove il processo era fortemente guidato da repertori di materiali e di soluzioni spaziali che i futuri abitanti potevano discutere, per poi scegliere: non ci si improvvisa, infatti, progettisti ed esperti di forma, l'arte (in tutte le arti) è un mestiere.
Proprio negli anni '80 e successivi, Pioselli rileva che "l'operatore estetico ridiventa artista", con quei valori soggettivi che egli sa infondere fattivamente nella forma materiale dell'opera d'arte. Salvo alcuni casi, come l'opera di Maria Lai in Sardegna, non si sofferma sulla descrizione e interpretazione dell'opera e del suo intrinseco significato. Forse la Montagna di sale in conglomerato di diversi materiali, con affioranti i cavalli neri in legno, che Mimmo Paladino realizza nel 1979 a Gibellina per una scenografia teatrale (ivi rimasta e poi replicata a Napoli, nel segno del rinnovamento artistico della città e delle sue linee metropolitane, e in altri luoghi) avrebbe meritato di essere più a fondo considerata come uno dei più straordinari e lirici esempi contemporanei di arte pubblica. Il riferimento a Gibellina è fondamentale, perché proprio qui, per opera del sindaco Ludovico Corrao, l'arte è stata posta come catalizzatore strategico della elaborazione della perdita e del lutto (il cretto di Burri) e della sperata rinascita urbana (Consagra, Francesco Venezia) dopo il terremoto del Belice.
Venendo all'oggi, si dovrebbe dire che fin che la città cresce a furia di bastoni-grattacielo piantati a caso sul terreno, landmark totalmente incapaci di generare e circoscrivere spazi tridimensionali abitabili, o continua l'alluvione edificatoria sugli interi territori, non si danno le condizioni per una nuova bellezza integrale degli spazi di vita urbana e, come riconosce la stessa Pioselli, ben poco può fare un'opera d'arte visuale inserita in essi per abbellimento.
Di fronte alla riconosciuta carenza in Italia di promozione, progettazione e gestione degli spazi pubblici, occorrerebbe riconsiderare daccapo, a partire dalle scuole e dalle università, cosa sono le diverse arti, in primo luogo l'architettura degli invasi spaziali aperti (quegli "interni urbani" fatti di luce e aria, in cui siamo dentro e che addirittura respiriamo), e il loro possibile rapporto, per dare forma e risposta alle nuove speranze civili del vivere.
Gianni Ottolini
NdC - Gianni Ottolini è professore onorario di Architettura degli Interni e Allestimento. È stato direttore del Dipartimento di Progettazione dell'Architettura del Politecnico di Milano, docente ordinario presso la Scuola di Architettura Civile e coordinatore del Dottorato di ricerca in Interni. Nell'attività di ricerca e didattica ha affrontato principalmente i problemi della residenza e dei servizi sociali legati al rinnovo dei tessuti urbani e al recupero dell'edilizia esistente, e si è concentrato sull'abitazione e il suo progetto, dalla scala dell'aggregato residenziale a quella degli arredi, in particolare per l'utenza sociale. Fra le pubblicazioni sui temi urbani, si segnalano: Conformazione e attrezzatura dello spazio aperto, in "QA" n.4, 1987, Milano, Clup; Urbanistica della luce, in Aa.Vv., Milano illuminata, Aem, Milano 1993; Il recupero del nucleo storico di Pianello Val Tidone, Banca di Piacenza, Piacenza 1994; Morfologie insediative e progetto della parte urbana, in R. Pugliese, La città e la ragione, Guerini, Milano 1997; Ricerca e progettazione per il recupero di un quartiere storico milanese, in R. Pugliese, C. Bergo, L'abitazione sociale, Unicopli, Milano 2007; Conformazione e attrezzatura degli interni paesaggistici, in I. Vesco, Allestire il paesaggio, Grafill, Palermo 2008; Interior architecture and nature, in Aa.Vv., Interior Wor(l)ds, Allemandi, Torino 2010; Progetto del museo e riqualificazione urbana, Libraccio, Milano 2012; Stupidità dei grattacieli e bellezza futura della città, in "Studi di Estetica", n.46, Clueb, Bologna 2012; Interni urbani, in V. Saitto, Interni urbani, Maggioli, Santarcangelo di Romagna 2013.
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© RIPRODUZIONE RISERVATA 23 GIUGNO 2016 |
CITTÀ BENE COMUNE
Ambito di dibattito sulla città, il territorio e la cultura del progetto urbano e territoriale
a cura di Renzo Riboldazzi cittabenecomune@casadellacultura.it
Gli incontri
- 2016: programma /presentazione
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- 2014: programma /presentazione
- 2013: programma /presentazione
Interventi, commenti, letture
- G. Laino, Se tutto è gentrification, comprendiamo poco, commento a: G. Semi, Gentrification. Tutte le città come Disneyland? (il Mulino, 2015)
- F. Gastaldi, Gentrification. Tutte le città come Disneyland?, recensione del libro di G. Semi (il Mulino, 2015)
- G. Consonni, Un pensiero argomentante, dialogico, sincretico, operante, commento a G. Becattini, La coscienza dei luoghi (Donzelli, 2015)
- V. Gregotti, Bernardo Secchi: il pensiero e l'opera
- R. Pavia, Il suolo come infrastruttura ambientale. Commento a: A. Lanzani, Città territorio urbanistica tra crisi e contrazione (FrancoAngeli, 2015)
- G. Tagliaventi, L'arte della città 100 anni dopo. Commento a: R. Milani, L'arte della città (il Mulino, 2015)
- A. Villani, Disegnare, prevedere, organizzare le città…, Commento a: F. La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- R. Milani, Per capire bisogna toccare, odorare, vedere... , Commento a: F. La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- M. Ponti, Il paradiso è davvero senza automobili? Commento a: A. Donati e F. Petracchini, Muoversi in città (Ed. Ambiente, 2015)
- S. Brenna, La strana disfatta dell'urbanistica pubblica. Note sullo stato della pianificazione italiana
- F. Ventura, Lo stato della pianificazione urbanistica. Qualche interrogativo per un dibattito
- G. Tonon, Città e urbanistica: un grande fallimento, intervento all'incontro con P. Berdini del 18 maggio 2015
- R. Mascarucci, A favore dell'urbanistica, commento a: F. La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- P.Colarossi, Fare piazze, commento a: M. Romano, La piazza europea (Marsilio 2015)
- J.Gardella, Mezzo secolo di architettura e urbanistica, dialogo immaginario sulla mostra "Comunità Italia", Triennale di Milano, 2015-16
- G.Pasqui, Pensare e fare Urbanistica oggi, recensione a A.Lanzani, Città territorio urbanistica tra crisi e contrazione (Franco Angeli, 2015)
- L.Colombo, Urbanistica e beni culturali, Riflessione a partire da La Cecla, Moroni e Montanari
- L.Meneghetti, Casa, lavoro, cittadinanza. Seconda parte
- F.Ventura, Urbanistica: tecnica o politica?, commento a: L. Mazza, Spazio e cittadinanza (Donzelli, 2015)
- P.C.Palermo, Per un'urbanistica che non sia un simulacro, commento a: L. Mazza, Spazio e cittadinanza (Donzelli, 2015)
- S.Moroni, Governo del territorio e cittadinanza, commento a L.Mazza, Spazio e cittadinanza.(Donzelli, 2015)
- P.Berdini, Quali regole per la bellezza della città?, commento a S.Moroni, Libertà e innovazione nella città sostenibile (Carocci, 2015)
- R.Riboldazzi, Perchè essere 'pro' e non 'contro' l'Urbanistica, commento a F.La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- P. Maddalena, Addio regole. E addio diritti e bellezza delle città, prefazione a: P. Berdini, Le città fallite (Donzelli, 2014)
- S. Settis, Beni comuni fra diritto alla città e azione popolare, introduzione a: P. Maddalena, Il territorio bene comune degli italiani (Donzelli, 2014)
- L. Meneghetti, Casa, lavoro cittadinanza. Il nodo irrisolto dell'immigrazione nelle città italiane
- M. Romano, Urbanistica: 'ingiustificata protervia', recensione a: S. Moroni, Libertà e innovazione nella città sostenibile (Carocci, 2015)
- P. Pileri, Laudato si': una sfida (anche) per l'urbanistica, commento all'enciclica di Papa Francesco (2015)
- P. Maddalena, La bellezza della casa comune, bene supremo. Commento alla Laudato si' di Papa Francesco (2015)
- S. Settis, Cieca invettiva o manifesto per una nuova urbanistica? Recensione a: F. La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- V. Gregotti, Città/cittadinanza: binomio inscindibile, Recensione a: L. Mazza, Spazio e cittadinanza (Donzelli, 2015)
- F. Indovina, Si può essere 'contro' l'urbanistica? Recensione a: F. La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- R. Riboldazzi, Città: e se ricominciassimo dall'uomo (e dai suoi rifiuti)? Recensione a: R. Pavia, Il passo della città (Donzelli 2015)
- R. Riboldazzi, Suolo: tanti buoni motivi per preservarlo, recensione a: P. Pileri, Che cosa c'è sotto (Altreconomia, 2015)
- L. Mazza, intervento all'incontro con P. Maddalena su Il territorio bene comune degli italiani (Donzelli, 2014)
- L. Meneghetti, Dov'è la bellezza di Milano? , commento sui temi dell'incontro con P. Berdini su Le città fallite(Donzelli, 2014)
- J. Muzio, intervento all'incontro con T. Montanari su Le pietre e il popolo(mimum fax, 2013)
- P. Panza, segnalazione (sul Corriere della Sera dell'11.05.2014)
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