|
|
Cinquant'anni fa viene pubblicato, negli Usa, con dedica al Che, Monopoly Capital di Paul Baran e Paul Sweezy (Il capitale monopolistico, Einaudi, 1968). In un rapporto di insoddisfazione e continuazione con le loro opere precedenti, è il risultato di una riflessione/discussione iniziata nel '56 e interrottasi nel '64, con l'improvvisa scomparsa di Baran. Insieme a L'uomo a una dimensione di Marcuse, è il testo eretico di riferimento per il movimento studentesco e per la nuova generazione di sinistra, negli Usa e in Europa. Fuori dagli schemi del marxismo prevalente, contrastato dall'ortodossia politica e intellettuale di sinistra, Monopoly Capital punta a fare i conti con la società dell'opulenza, a dare spiegazione dello sviluppo nella nuova fase del capitalismo. Svolgendo una critica profonda dell'irrazionalità del sistema. Evidenziandone il potenziale di crisi. Dispiegando, in piena golden age, una teoria della stagnazione come stato normale del capitalismo monopolistico. E dando il via ad un grande dibattito.
Oggi, i principali economisti liberal sono costretti a richiamare la questione della stagnazione secolare e a discutere del ruolo crescente del monopolio. In Monopoly Capital si evidenziano punti di spiegazione, rifacentesi in modo innovativo a Marx, importanti anche per la crisi nel capitalismo monopolistico-finanziario.
In estrema sintesi. Il monopolio è posto al centro dell'analisi. La concorrenza permane, ma non è più sui prezzi. Modi nuovi di utilizzazione del prodotto dello sfruttamento, a larga incidenza di spreco - quali la promozione delle vendite (con pubblicità e induzione dei consumi), la spesa pubblica, in specie quella militare, la finanza, in senso lato, etc. - diventano determinanti accanto ai classici (profitto, interesse e rendita: in cui, sostanzialmente, Marx articola il plusvalore): per evidenziarlo il surplus prende il posto del plusvalore. La giant corporation assume un ruolo dominante. Con la sua capacità di ridurre i costi di produzione, la sua politica di prezzi monopolistici (in grado di trattenere gran parte degli aumenti di produttività), e, quindi, la sua incidenza nella distribuzione del prodotto, con la quota del profitto che cresce a scapito di quella del lavoro, si dà, qui, la generazione di un surplus crescente, sia in senso assoluto che relativo: è la legge di sistema del capitalismo monopolistico. La questione essenziale diventa l'assorbimento del surplus.
A base del discorso c'è, in modo dichiarato, l'elaborazione di Kalecki e di Steindl. L'oligopolio incrementa, in potentia, il saggio di plusvalore. Per la sua realizzazione, nel mercato, necessita che una domanda più elevata di investimento e consumo dei capitalisti sostituisca quella calante del consumo operaio. Mancando ciò - in linea con Marx che ha sottolineato la differenza sostanziale fra le condizioni della produzione di plusvalore e quelle della sua realizzazione - l'aumento del saggio di plusvalore a livello della produzione non si traduce in incremento del plusvalore a livello della realizzazione, ma soltanto in capacità in eccesso e disoccupazione.
Nella nuova dinamica indicata da Baran e Sweezy, il funzionamento del sistema necessita di spreco: uno dei tre modi in cui, insieme al consumo ed all'investimento dei capitalisti, può esser utilizzato il surplus crescente. Il surplus (insieme al profitto, scopo capitalistico precipuo) può esprimersi via via più intensamente nella misura in cui modi nuovi di sua utilizzazione vengano ad alzarne il livello di assorbimento.
Un'espansione forte dell'economia - è il caso degli anni '45-70 - può darsi quando intervengano anche fattori straordinari contrastanti il trend al ristagno: epoch-making innovations (l'auto, e prima la ferrovia) e guerre/dopoguerra. Il monopolio, strutturalmente, contiene gli sbocchi d'investimento per l'assorbimento del surplus. La chance dell'export di capitale è più che annullata dall'import di surplus, drenato dalle multinazionali dalle aree del sottosviluppo. In assenza, quindi, di forti impulsi esogeni il sistema si espone alla depressione. E' costituito, così, un modello teorico che, nel gioco fra dinamica sistemica endogena, tendente alla sovraccumulazione ed al ristagno, e forze che la contrastano, può spiegare sia la stagnazione che la prosperità.
La definizione di surplus è parsa fin dall'inizio non chiara. L'ultima corrispondenza fra gli autori, ora disponibile (Last Letters, Monthly Review, July-August 2012), ci consegna una discussione non risolta sul suo significato ed uso. L'idea di Sweezy è nota: il surplus è uguale al plusvalore totale (modi classici + modi nuovi di utilizzazione). Il surplus cui guarda Baran appare più largo del plusvalore. Muove da un punto di vista altro (contestativo, comparativo e alternativo) rispetto al sistema ed al suo funzionamento reale. Guarda allo spreco in forma sia effettiva che potenziale (anche produzione perduta per disoccupazione, etc.). E' evidente che lungo l'opera coesistono, in modo non esplicitato, più accezioni, con funzioni differenti.
Un importante sviluppo di Monopoly Capital, sta nella riflessione di Sweezy (e Magdoff) riguardante, oltre al grande indebitamento, l'esplosione finanziaria, alla cui base sta una crescente concentrazione di ricchezza e di reddito, in parallelo alla stagnazione economico-produttiva, e, quindi, la finanziarizzazione del processo di accumulazione, con il mantenersi del capitale in forma monetaria e l'agire dei suoi attori in modo speculativo in una sovrastruttura finanziaria grandemente espansa e con una sua vita autonoma; l'accrescersi della criticità sistemica (con un'attenzione, qui, a Minsky); l'esigenza di una più avanzata teoria che tenga insieme produzione e finanza al suo divenire il centro di gravità del sistema.
Rimane, senza dubbio, un'analisi con grandi punti di attualità.
Una riflessione, in tal senso, può essere l'occasione per un aperto confronto nell'area che si richiama a Marx e con quanti si pongano fuori dal pensiero economico mainstream. Senza ricostruzione di teoria e cultura politica, in specie per una forte offensiva contro il neo-liberismo, non può darsi una sinistra strategicamente all'altezza del compito, qui, in Europa, nel mondo.
MONOPOLY CAPITAL A HALF-CENTURY ON
IL NUMERO MONOGRAFICO DELLA RIVISTA MONTHLY REVIEW
Monthly Review, la rivista della sinistra neo-marxiana Usa, fondata nel 1949 da Paul Sweezy e Leo Hubermann, ha dedicato l'intero numero doppio di luglio-agosto, appena uscito, col titolo Monopoly Capital a half-century on, ai cinquant'anni di Monopoly Capital, l'opera scritta da Paul Baran e Paul Sweezy, apparsa nel 1966.
Con il titolo Monopoly Capital a half-century on, MR pubblica articoli di studiosi che operano in diverse parti del mondo.
J. B. Foster, l'attuale direttore della rivista ed autore di The Theory of Monopoly Capitalism (1986, 2014), ha scritto l'introduzione (Monopoly Capital at the Half-Century Mark), considerando l'importanza dell'opera, il dibattito suscitato, la sua influenza fino ad oggi. P. Patnaik (ex University of New Delhi), autore di Re-envisioning Socialism (2011), riflette su Monopoly Capital Then and Now, sottolineando la rilevanza del saggio per comprendere la tendenza stagnazionistica dell'economia mondiale. J.Toporowski (University of London), autore di un importante studio-biografia intellettuale di Kalecki, in Kalecki, Steindl in the Transition to Monopoly Capital, guarda al contributo basilare di Kalecki (La teoria della dinamica economica) e di Steindl (Maturità e ristagno nel capitalismo americano), riconosciuto dagli autori, alla formazione di MC. C. Lapavitsas (University of London) e I. Mendieta-Munoz (University of Kent), in The Profits of Financialization, intervengono su finanziarizzazione del capitale, alti profitti finanziari e ruolo di sostegno dello stato. M. V. Wrenn (University of Cambridge) affronta, in Surplus Absorption and Waste in Neoliberal Monopoly Capitalism, il problema della produzione di surplus, lo spreco nel capitalismo monopolistico, a guida neo-liberistica e l'alternativa. K. A. Klitgaard (Wells College), in Hydrocarbons and the Illusion of Sustainability, si concentra sul contrasto fra logica del capitalismo monopolistico e sviluppo sostenibile, indicando l'attualità di MC nella sua capacità di integrare nuove problematiche, come quella ambientale. M. Meeropol (ex Western New England University), in Monopoly Capital in the Classroom, spiega il rilievo di MC nella sua formazione e nell'insegnamento. D. Matthews (Llandrillo College, Northern Wales), in Monopoly Capital in the UK, discute l'impatto relativo di MC sul dibattito della sinistra inglese e la rilevanza dell'opera per la comprensione delle economie capitalistiche mature. I. Suwandi (University of Oregon), insieme a Foster, in Multinational Corporations and the Globalization of Monopoly Capital), a partire dal famoso saggio di Baran e Sweezy, Notes on the Theory of Imperialism, affronta il nodo dell'agire delle multinazionali, allora e oggi, e del ruolo degli Usa nella definizione di accordi di commercio e regole, in generale, in funzione degli interessi delle multinazionali. S. Amin, lo studioso dei tanti punti del contrasto organico fra centro e periferia nel capitalismo globale, qui, svolge una riflessione su Reading Capital, Reading Historical Capitalism, sottolineando l'importanza, su più piani, dell'opera innovatrice di Baran e Sweezy.
Pubblicato su Il manifesto il 24 agosto 2016. Ringraziamo l'autore per aver concesso la pubblicazione © RIPRODUZIONE RISERVATA 05 SETTEMBRE 2016 |