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Violenza, frustrazione, ma anche lotta e tanta, tanta dignità. Essere donna in Turchia è un mestiere difficile e complesso, dove però al peggioramento della situazione è seguita una maggiore consapevolezza della propria condizione e dei propri diritti.
I numeri fanno a dire poco spavento. Nel 2013 le denunce per violenza domestica di vario tipo, fisica o psicologica, sono state 82.205, nel 2014 sono salite a 118.014. Impressionanti i dati sulle violenze sessuali, aumentati del 1400% dal 2002 al 2009. In realtà, dalle associazioni fanno sapere che questo incremento porta in sé un fatto positivo: molte donne oggi trovano il coraggio di andare alla polizia. Negli ultimi anni quasi 25 mila donne, che hanno sperimentato violenze particolarmente dure e pericolose per la loro stessa vita, sono state messe sotto protezione, spesso costrette a cambiare identità e città per scampare a una morte quasi sicura.
Nonostante l'aumento delle denunce e la volontà di non essere più vittime inerti, plagiate fisicamente e psicologicamente, ce ne sono migliaia che continuano a soffrire in silenzio, spesso sotto lo stretto controllo della famiglia. Perché la violenza sulle donne, in Turchia, è un fatto strettamente privato, che trova il suo epicentro in Anatolia, soprattutto nel sud-est del Paese a maggioranza curda, dove i nuclei sono veri e propri clan e la vita delle donne viene segnata già dalla loro nascita, spesso con l'impossibilità di studiare e matrimoni combinati dall'infanzia con uomini di clan alleati e celebrati quando sono poco più che adolescenti.
Il governo islamico-moderato nel 2011, quando era ancora Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan, ha varato una legge che prevedeva un programma di protezione e sostegno psicologico efficace. Sembra essere l'unico provvedimento preso dal governo per aiutare le donne del Paese. Per il resto, nei messaggi e negli atteggiamenti, il gentil sesso in Turchia ha poco da stare allegro. Le polemiche sulla legge sull'aborto, che Erdogan ha cercato di fare cambiare fino a questo momento senza successo, i suoi appelli alle donne a fare almeno tre figli, le dichiarazioni del vicepremier Bulent Arinc, secondo il quale ridere in pubblico per una donna è sconveniente, sono solo un esempio della mentalità con la quale le donne turche devono confrontarsi, spesso facendo i conti anche con pregiudizi che arrivano dall'esterno.
Molti sono convinti che i problemi che affrontano le donne turche siano vincolati alla questione del velo, quando invece nella società della Mezzaluna non mancano esempi di emancipazione in contesti conservatori, come al contrario storie drammatiche dove le condizioni di vita dovrebbero essere migliori. La verità è che il mondo femminile turco è il mezzo migliore per avvicinarsi e provare a comprendere le 1000 contraddizioni che contraddistinguono un Paese da anni candidato all'ingresso in Europa, ma che proprio in questi mesi sembra allontanarsi da quelli che sono i valori e i modelli occidentali. Un esempio, banale fino a un certo punto, è quello della partecipazione al lavoro, intorno al 24% come dato generale, ma che arriva a superare il 40% se si parla dell'ambiente accademico. La Turchia ha avuto un capo di governo donna, Tansu Ciller, e donne ai vertici delle principali istituzioni della magistratura. Eppure, sono a migliaia le ragazze alle quali, soprattutto nelle zone rurali, viene negato anche il diritto all'istruzione. Messaggi contrastanti, da un Paese che appare in perenne bilico fra cammino verso la piena democrazia e virata conservatrice.
L'aspetto più interessante da considerare è come le donne turche, con il peggioramento delle loro condizioni, siano diventate sempre più consapevoli dei loro diritti e delle loro possibilità di affermazione. Non è un caso che negli ultimi dieci anni siano sorte realtà importanti e trasversali. Da quelle che si occupano più direttamente delle donne che hanno subito violenza a quelle, formate da imprenditrici o intellettuali, che si occupano della valorizzazione del gentil sesso nella società turca. Segno che nessuna violenza è tanto efficace da eliminare la volontà. © RIPRODUZIONE RISERVATA 28 MARZO 2015 |