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UN RAZIONALISMO INTRISO DI UMANESIMO
Commento al libro di Rosario Pavia
Patrizia Gabellini
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Con una collana di saggi si può costruire un libro. Questo ha fatto Rosario Pavia (nel suo Il passo della città. Temi per la metropoli futura edito da Donzelli nel 2015) mettendo insieme alcuni suoi scritti che fissano i temi ineludibili per la costruzione della metropoli futura, legati da un motivo ricorrente - l'infrastruttura ambientale - e da una visione espressa attraverso la metafora del labirinto e il neologismo geo-urbanistica. Ci sono temi ampiamente condivisi (anche se non sempre praticati) come quelli legati al camminare e alle infrastrutture, e temi assai poco esplorati, come quelli legati ai rifiuti, che proprio Pavia ha già portato all'attenzione dei lettori con una bella monografia di "Piano Progetto Città" dedicata al Waste, poi con i suoi importanti contributi all'interno della ricerca Re-cycle.
Alcuni passaggi del libro mi sembrano particolarmente utili per sintetizzare il pensiero progettuale di Rosario Pavia e tratteggiare il significato che attribuisce all'infrastruttura ambientale. Come talvolta capita, il libro consente anche di cogliere il particolare profilo intellettuale dell'autore: un razionalista affascinato dalla tecnologia e intriso di umanesimo. "Occorre partire dall'ordinario, dalla domanda di una qualità urbana diffusa, sobria, accessibile, efficace" (p. 4). "Camminare, osservare, pensare, comunicare, in questo processo c'è tutta la storia dell'umanità" (p. 5).
Dopo un excursus che dalla Grecia di Aristotele approda alle esperienze più recenti di pedonalizzazione e a quelle che hanno integrato le infrastrutture della mobilità e ambientali, si delinea l'idea progettuale: "un'organizzazione della città per unità insediative riconoscibili nella loro identità spaziale e sociale, un sistema aggregativo molecolare che non rifiuta la grande dimensione urbana, ma la governa connettendo e innervando le unità con una rete infrastrutturale ambientale di cui fa parte lo spazio pubblico con le sue ramificazioni pedonali. In questa prospettiva le reti pedonali assumono la dimensione e lo spessore tecnologico di vere infrastrutture in grado di accogliere condotti ispezionabili e dispositivi intelligenti per l'informazione e il monitoraggio ambientale, di integrarsi con le altre reti, da quelle stradali a quelle naturali, di svolgere un ruolo attivo nell'assorbimento dell'anidride carbonica e nella produzione di energia rinnovabile, di rendere accessibili spazi oggi negletti come gli impianti di depurazione e i centri di raccolta e trattamento dei rifiuti" (p.27).
Pavia dichiara i propri riferimenti nella storia stessa della città moderna, ma quando si cala nella condizione attuale riconosce la necessità di meno eroismo e maggiore pragmatismo: "Un approccio 'lighter, faster, cheaper', in una condizione di perdurante crisi economica, sembra essere particolarmente indicato per le città italiane" (p.29). Da qui il depaving per recuperare nuovi spazi permeabili e azioni "tattiche" benché inserite in una strategia d'insieme, facendo i conti con una città contemporanea dove si è smarrita la "solida struttura narrativa" della città moderna e si trova un insieme di recinti, enclave, grandi interni, dove si rivela la separazione tra infrastruttura ("costruzione che sta al di sotto, che non si vede", ma che "unisce, che lega, che fa da tramite, che mette in relazione") e architettura, tra infrastruttura e paesaggio. Qualche riferimento storico e il richiamo ad alcune esperienze europee (una costante nella costruzione del discorso e nello sviluppo dell'argomentazione) servono, anche in questo caso, a marcare il problema italiano dove, tolta l'alta velocità e qualche passante o bretella autostradale, la modernizzazione di alcuni grandi porti e aeroporti, "Ogni rete è a sé stante: la razionalità di settore si impone su quella di sistema" (p.39), le opere infrastrutturali sono "realizzate in modo settoriale, contro le comunità locali, il paesaggio, l'ambiente" (p. 41).
Si prende atto che lo scenario che ci attende è quello di "un pianeta metropolitano": "Periferie urbane legali, ma spesso inospitali, e slum infernali ma vitali sono temi determinanti per una progettazione urbana che voglia ricercare non solo un nuovo equilibrio tra le diverse parti di città, ma anche una nuova struttura morfologica che le tenga insieme. Per questo obiettivo di ricomposizione, la questione ambientale diviene il nuovo paradigma, il nuovo contesto tematico per rielaborare le teorie e gli strumenti del progetto e del piano" (p. 49). Tuttavia, e questo mi sembra un passaggio non scontato, sostiene anche che "solo riportando l'ecologia all'interno di una storiografia che guarda al futuro (la sottolineatura dell'apparente paradosso è mia) che possiamo ritrovare il senso per un progetto di trasformazione e di riequilibrio dell'ambiente" (p.46).
Richiamando la letteratura sui limiti della crescita e sui temi ambientali aperti davanti al mondo, rilevando che tante sono le iniziative progettuali in atto, Pavia osserva che tuttavia sono ancora poca cosa, che non fanno "massa critica" e che per questo è necessario "un cambiamento culturale e politico dei modelli di crescita" (p. 53). Peraltro, già è possibile cogliere soluzioni preoccupanti. Accanto ad altri esempi di quartieri ecologici, richiama anche eco-città realizzate in Cina, Corea del sud, Emirati Arabi, da grandi società d'ingegneria e famosi architetti. Su queste il giudizio è acutamente critico: "appaiono recinti per élite sociali, complesse macchine di sperimentazione tecnologica, piuttosto che modelli operativi generalizzabili" (p. 56) data l'insostenibilità dei costi, il consumo di energia e di suoli, la subordinazione al mercato immobiliare. Ad esse oppone Cutiriba, Detroit, il progetto per il Grand Paris di Secchi-Viganò, la Promenade Plantée a Parigi e la High Line a Manhattan, ma anche le prospettive di artificializzazione della terra aperte dalla geoingegneria e visioni utopiche à la Soleri in quanto offrono indicazioni interessanti e utili per concepire reti infrastrutturali-ambientali che, attraversando i territori e le città, "diventano le matrici di altre reti, da quelle insediative a quelle industriali, a quella della mobilità", e costituiscono "la trama maggiore che dà efficienza ed equilibrio", promuovendo "la densificazione e la porosità" (p. 65).
La parte più nuova e originale, come ho anticipato, è quella dedicata ai rifiuti che vengono riconosciuti come parte integrante della città e così il loro trattamento: dalla raccolta, al riciclo, allo smaltimento. Sintetici richiami storici tornano anche in questo caso a supporto dell'affermazione che "I depositi di rifiuti, come i cimiteri, fanno parte della storia e della vita urbana" (p.71) e che "Nella prima fase della modernità la questione igienica promuoveva grandi opere e grandi visioni" (p.76). La riproposizione del tema in un mondo sempre più urbanizzato assume una portata addirittura strategica, "diventa determinante per la sopravvivenza dei sistemi urbani" (p. 72), e il richiamo di situazioni apocalittiche di terra e di mare, che si intrecciano con la criminalità, ne evidenzia la dimensione globale. "I rifiuti, con la loro diffusione e crescente accumulazione, compromettono l'equilibrio ambientale della Terra, minacciando la sua resilienza, la sua varietà, la sua capacità di riproduzione" (p. 85). Quello che ora è oscurato deve diventare evidente all'interno del progetto di architettura, di paesaggio, di città, di territorio.
La raccolta di esempi e l'elaborazione di suggestioni portano a ritenere che "La gestione dei rifiuti costituisce una rete all'interno dell'infrastruttura ambientale" (p.88), se si va verso un'organizzazione per unità di produzione e di consumo, unità insediative di base (comunità nella dispersione urbana e nelle concentrazioni metropolitane) che fanno riferimento a nodi di una filiera. Quindi la gestione dei rifiuti viene integrata con lo spazio pubblico e inclusa nel paesaggio, nella strumentazione urbanistica e nel progetto di architettura. Pavia, anche schematizzandolo con un disegno (che non compare in questo libro), propone un "modello policentrico" che conferisce alla filiera per la raccolta differenziata dei rifiuti un ruolo di rilievo nella composizione dello spazio alle diverse scale, fino a quella condominiale. "In un modello policentrico di gestione dei rifiuti urbani può essere prevista una distribuzione di "stazioni ecologiche" di dimensioni più contenute …, a servizio dei quartieri, in aree individuate con cura, tenendo conto del contesto e dell'accessibilità …, progettate con attenzione, puntando sulla qualità dell'architettura e del design. ... In una visione policentrica si potrebbe organizzare il compostaggio attraverso unità di dimensione contenuta, dal livello micro … (compostaggio domestico) al quartiere (centri di compostaggio di comunità) ai centri di compostaggio collocati nei parchi urbani, riservando ai grandi impianti regionali il trattamento residuo. … [U]n ruolo di rilievo va assegnato al deposito dei rifiuti all'interno dell'abitazione e del condominio" (p.108). Tutto ciò richiede, evidentemente, una riprogettazione dello spazio domestico, l'integrazione della gestione dei rifiuti nei piani urbanistici e territoriali, l'inclusione delle aree loro dedicate fra le dotazioni da esprimere in termini parametrici e prestazionali.
L'autore costruisce i suoi testi muovendosi nel tempo e nello spazio, con riferimenti storici ed esempi distanti gli uni dagli altri, con una forma espositiva che ormai riconosciamo essere tipica dei suoli libri e delle sue lezioni: una forma piana e incastonata da richiami inusuali che rendono accattivante la lettura e l'ascolto. Aspetto assai pregevole (ma raro) per l'importanza che assume la cattura dell'interesse, senza banalizzare, verso temi che possono modificare le pratiche solo se diventano senso comune. Infatti, si tratta di cambiare radicalmente il modo di pensare e agire progettualmente sulla metropoli futura, con tutte le fatiche che questo comporta. Una esposizione dei nuovi temi colta e allo stesso tempo familiare è presupposto per portare la comunicazione fuori dai recinti disciplinari. Quindi, questo di Rosario Pavia è un libro facile e difficile nello stesso tempo: facile per la scrittura, per come si porge; difficile per le allusioni e implicazioni: la riconciliazione dell'urbanistica con la terra (il geo-urbanism come strategia di conformazione, correlazione e integrazione delle infrastrutture ambientali) e la ricongiunzione dei labirinti che caratterizzano il sopra e il sotto, di reti sconnesse in superficie e più ancora nel sottosuolo, tra loro indipendenti.
In definitiva, un libro che presenta un progetto di città che si proietta sul lungo periodo ed è sorretto da una dichiarata tensione utopica.
Patrizia Gabellini
NdC - Patrizia Gabellini è professore ordinario di Urbanistica al Politecnico di Milano dove ha diretto il Dipartimento di Architettura e Pianificazione. Ha coordinato gruppi di ricerca internazionali e interuniversitari, è stata visiting professor all'Accademia di Mendrisio, visiting scholar presso l'Institute of Urban and Regional Development dell'Università di Berkeley e ha tenuto seminari, conferenze e lezioni in numerose università italiane e straniere. Ha diretto o preso parte alla redazione di strumenti urbanistici per Jesi, Bologna, Roma, Prato, Bergamo, Siena e l'Emilia-Romagna e ha ricoperto l'incarico di assessore all'Urbanistica, Città storica, Ambiente del Comune di Bologna. Dopo aver diretto "Urbanistica", rivista dell'Istituto Nazionale di Urbanistica, ha fondato e dirige l'e-magazine "Planum. The Journal of Urbanism".
Tra i suoi libri: Bologna e Milano. Temi e attori dell'urbanistica (Milano: FrancoAngeli, 1988); (a cura di) con P. Di Biagi, Urbanisti italiani: Piccinato, Marconi, Samonà, Quaroni, De Carlo, Astengo, Campos Venuti (Roma-Bari: Laterza, 1992); Il disegno urbanistico (Roma: Nuova Italia Scientifica, 1996); Tecniche urbanistiche (Roma: Carocci, 2001, 2005, 2012); con B. Bonfantini e G. Paoluzzi, Piani urbanistici in Italia. Catalogo e documenti dell'archivio RAPu (Santarcangelo di Romagna: Maggioli, 2007); Fare urbanistica. Esperienze, comunicazione, memoria (Roma: Carocci, 2010); con A. Di Giovanni, C. Gfeller, M. Mareggi, Immagini del cambiamento in Emilia-Romagna (Bologna: Compositori, 2012).
Sul libro di Rosario Pavia, v. anche: R. Riboldazzi, Città: e se ricominciassimo dall'uomo (e dai suoi rifiuti)?, (23 settembre 2015).
R.R.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 22 SETTEMBRE 2016 |
CITTÀ BENE COMUNE
Ambito di dibattito sulla città, il territorio e la cultura del progetto urbano e territoriale
a cura di Renzo Riboldazzi cittabenecomune@casadellacultura.it
Gli incontri
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Interventi, commenti, letture
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- M. Romano, I nemici della libertà commento a: A. Lanzani, Città territorio urbanistica tra crisi e contrazione (FrancoAngeli, 2015)
- F. Mancuso, Identità e cittadinanza nelle piazze d'Europa, commento a: M. Romano, La piazza europea (Marsilio, 2015)
- S. Tintori, Metropoli o città metropolitana? Verso l'irrazionale, lo spontaneo, il primitivo, l'immateriale.
- A. Villani, Progettare il futuro o gestire gli eventi? Le origini della pianificazione della città metropolitana
- L. Meneghetti, Città metropolitana, policentrismo, paesaggio
- A. Monestiroli, Quando è l'architettura a fare la città. Cosa ho imparato da Milano
- F. Ventura, Urbanistica: né etica, né diritto, commento a: S. Moroni, Libertà e innovazione nella città sostenibile (Carocci, 2015)
- G. Ottolini, Arte e spazio pubblico, commento a: A. Pioselli, L'arte nello spazio pubblico (Johan & Levi, 2015)
- G. Laino, Se tutto è gentrification, comprendiamo poco, commento a: G. Semi, Gentrification. Tutte le città come Disneyland? (il Mulino, 2015)
- F. Gastaldi, Gentrification. Tutte le città come Disneyland?, recensione del libro di G. Semi (il Mulino, 2015)
- G. Consonni, Un pensiero argomentante, dialogico, sincretico, operante, commento a G. Becattini, La coscienza dei luoghi (Donzelli, 2015)
- V. Gregotti, Bernardo Secchi: il pensiero e l'opera
- R. Pavia, Il suolo come infrastruttura ambientale. Commento a: A. Lanzani, Città territorio urbanistica tra crisi e contrazione (FrancoAngeli, 2015)
- G. Tagliaventi, L'arte della città 100 anni dopo. Commento a: R. Milani, L'arte della città (il Mulino, 2015)
- A. Villani, Disegnare, prevedere, organizzare le città…, Commento a: F. La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
- R. Milani, Per capire bisogna toccare, odorare, vedere... , Commento a: F. La Cecla, Contro l'urbanistica (Einaudi, 2015)
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- R. Riboldazzi, Suolo: tanti buoni motivi per preservarlo, recensione a: P. Pileri, Che cosa c'è sotto (Altreconomia, 2015)
- L. Mazza, intervento all'incontro con P. Maddalena su Il territorio bene comune degli italiani (Donzelli, 2014)
- L. Meneghetti, Dov'è la bellezza di Milano? , commento sui temi dell'incontro con P. Berdini su Le città fallite(Donzelli, 2014)
- J. Muzio, intervento all'incontro con T. Montanari su Le pietre e il popolo(mimum fax, 2013)
- P. Panza, segnalazione (sul Corriere della Sera dell'11.05.2014)
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