Il 13 maggio era ospite in Casa della Cultura Richard Sennet. Nel suo intervento lasciò cadere una previsione: nelle prossime elezioni americane vincerà Donald Trump. In pochi fecero caso alla sua affermazione. Ma le cose sono andate proprio così.
Il celebre sociologo aveva colto in tempo la brutta aria che tirava in America: un pezzo grande del paese era animato da rabbia e ostilità verso l'establishment. Sennet argomentava che i Democrats avrebbero fatto cosa saggia a valutare con attenzione i sondaggi che in quel periodo indicavano in Bernie Sanders l'unica possibilità per stoppare l'ascesa di Trump.
Non si sa e non si potrà mai più dimostrare se il ragionamento di Sennet avesse o meno qualche fondamento: dinanzi alla brutale evidenza dei fatti una discussione a posteriori basata sui "se" è priva di senso.
Restano però, ingigantiti dalle enormi ripercussioni di questi risultati elettorali, i problemi da tempo focalizzati nelle discussioni in Casa della Cultura. Ovvero il divario crescente tra i problemi e le aspettative di tanti cittadini, soprattutto i più disagiati, e le politiche delle forze progressiste. Il problema sta esplodendo, in modo più o meno dirompente, in tutti i paesi occidentali: quasi dappertutto si è aperta un'autostrada per la demagogia dei populisti.
Urge una riflessione vera, profonda, a tutto campo: essa deve mettere in discussione i valori e la cultura cui ancorare le forze progressiste. Per imprimere al più presto una correzione di rotta. Con la speranza che vi siano forze capaci di ascoltare, discutere, mettersi in discussione e imboccare strade nuove.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 09 NOVEMBRE 2016 |