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Dopo 71 anni la Casa della Cultura continua a Milano il suo cammino: già questo è un dato che stimola la riflessione. Al suo esordio la Casa della Cultura si trovava con tutti gli Italiani di fronte alla grande avventura della democrazia ritrovata, della libertà riconquistata e di un numero impressionante di problemi. Per parafrasare un famoso detto, la Repubblica era fatta, ora bisognava fare i cittadini repubblicani: un'impresa grandiosa e gigantesca per innumerevoli ragioni. Ragioni che affondavano le radici nei mali secolari del nostro paese, nella corruzione politica e culturale del ventennio fascista, nella situazione generale dell'Europa e del mondo, che uscivano dal conflitto drammaticamente divisi e ideologicamente ancora in guerra. Queste divisioni si ripercuotevano inevitabilmente anche da noi, sicché la miracolosa collaborazione che aveva accompagnato la resistenza partigiana e poi la stesura della costituzione repubblicana era ormai solo un ricordo. Il nostro paese doveva risollevarsi da un'immensa rovina materiale e morale, rovina nella quale l'avevano precipitato la follia e la tracotanza di Mussolini e di un'intera classe politica, per non dire della pusillanime acquiescenza della corona, che non si arrestò neppure di fronte alle leggi contro gli Ebrei: così la ragion di stato si consegnava e ci consegnava alla delinquente demenza di Hitler. Ora era giocoforza schierarsi, stringere nuove alleanze, che significavano però anche nuove ambiguità e nuovi compromessi, dai quali la nostra Repubblica non si è mai del tutto liberata. Di qui la necessità di una opposizione forte e viva, capace di rivendicare e di difendere gli ideali laici e progressisti che avevano in prevalenza nutrito la guerra partigiana e il sogno della futura Repubblica.
Su questo terreno si distinse l'attività generosa, capillare e assidua della Casa della Cultura, costretta ad attraversare anni difficili e a fronteggiare problemi di ogni genere, compresa la frattura, sempre più accentuata e irreversibile, delle stesse forze della opposizione di sinistra, a loro volta implicate in compromessi e ambiguità politiche inevitabili. Nel suo insieme, fu una grande notte e un grande inverno, ma la lampada della Casa della Cultura restò sempre accesa: luogo di compensazione e di riscatto intellettuale e morale per molti cittadini armati di buona volontà. Che ciò sia accaduto è assai più importante delle conseguenze pratiche che ne potremmo dedurre sul filo dei fatti misurati con il metro della semplice prassi politico-sociale: al di là e al di sopra dei fatti, la politica vive soprattutto e alla lunga di idee e di propositi morali, cioè di una dimensione che usciva dal ventennio fascista devastata e corrotta e che occorreva ripristinare. Mentre la prima Repubblica, un passo dopo l'altro, precipitava nella sua fatale dissoluzione, la Casa della Cultura proseguiva il suo cammino, fedele alla promozione di una coscienza critica che non si lasciava corrompere né da facili adesioni ideologiche, né dalla devastante decadenza dei costumi sociali.
E oggi? Oggi fronteggiamo una grave e diffusa crisi della politica democratica, delle rappresentanze partitiche, degli istituti statali, delle forze produttive, delle aggregazioni sociali. Alla lunga la distanza tra il formalismo inefficiente delle organizzazioni statali, peraltro intimamente corrotte, e i bisogni reali della popolazione si è fatta grande e insormontabile. Di qui il diffondersi delle sirene del populismo e, come suo opposto più apparente che reale, la deriva della politica come accentramento strategico da parte di leader di sempre più basso profilo. Di qui la separazione ormai totale fra politica e cultura, che è appunto il cuore della fine di una politica degna di questo nome. Molte ombre ci minacciano, molti pericoli forse mortali. Proprio ora è però necessario tenere viva la guardia della ragione, la forza della riflessione che non si lascia illudere da facili teoremi. Per esempio che non fa del populismo diffuso solo il nemico da combattere, ma anche lo stimolo a farsi davvero carico delle nuove esigenze dei cittadini, inventando nuovi modi di fare politica e di pensare e di realizzare la partecipazione attiva al governo delle cose e alla diffusione delle idee. Se non sapremo camminare per questa via, la notte, che non è mai passata davvero, diverrà ancora più buia e inquietante.
Mentre scrivo queste semplici note, la lampada della Casa della Cultura è ancora accesa, lo so bene. È lì a segnalare il buon pronostico di una via possibile e di un futuro più umano. Buon Compleanno alla Casa della Cultura e a tutti gli uomini, a tutti gli umani, di buona volontà.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 14 MARZO 2017 |