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In memoriam di Ugo Fabietti






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In Medio Oriente [...] i contemporanei tendono ad essere trasformati in consociati, nel senso che quando due individui si trovano ad interagire cercano di stabilire immediatamente un rapporto che tenda a personalizzare la relazione. Come ci spiega Rosen, invece di stabilire le posizioni rispettive per mezzo di titoli, nomi o altri "indicatori strutturali", i Marocchini "utilizzano le informazioni relative al retroterra reciproco per esplorare le basi sulle quali la loro relazione particolare può essere fatta funzionare entro la catena complessiva di consociazione che unisce tutti gli individui in una singola comunità di uomini" (idem: 167-8). Allo scopo di illustrare praticamente questa situazione Rosen (1972 : 168-9) riferisce questo dialogo, per sua stessa ammissione alquanto idealizzato, tra un mercante arabo (A) ed un potenziale cliente berbero (B).

B - As-salamu aleikum
A - W-alaikum salam
B - Hai stoffa per vestiti da bambino?
A - Guarda, ne ho di ogni tipo.
B - Quanto viene questa?
A - Sessanta rial al metro
B - E' molto. Fammi un prezzo ragionevole
A - E secondo te quale sarebbe?
B - Quaranta, non di più
A - Oh no, questa stoffa è buona. Prima qualità
B - Quaranta è abbastanza. Perfino Mulay Ali la vende a questo prezzo.
A - Ah, conosci Mulay Ali?
B - Certo. E conosco anche suo cugino Mulay Ahmed. Compro molti generi di prima necessità da Mulay Ahmed. Sono suo buon cliente.
A - Ha delle terre vicino al tuo villaggio?
B - No, le sue sono oltre Kerruz, lungo il fiume. Io vivo a pochi chilometri , dopo il villaggio degli Ait Yahya.
A - Allora sei degli Ait Mohand (un segmento tribale berbero)
B - Proprio così.
A - Conosco della gente laggiù. Moha u Hadu e suo fratello Hamu.
B - Davvero? Sono qui oggi. Siamo venuti insieme per vendere delle pecore.
A - C'è abbastanza pascolo per le tue pecore quest'anno?
B - Non vicino al nostro villaggio. Così tengo le mie presso i miei parenti, sulle colline. Eccetto quelle che vendo a Si Mustafa, il macellaio. E' un mio buon amico.
A - Anch'io mi servo da lui. Conosci proprio tutti in città.
B - Naturalmente. Allora quanto mi fai per questa stoffa?
A - Guarda fratello. Ti farò un favore speciale. Prendilo per quarantacinque.
B - E'davvero un buon tessuto?
A- Ma certo, per il mio antenato Mulay Idriss. Te lo assicuro.
B - Va bene. Allora incartamelo. E se mi farai buoni prezzi diventerò tuo cliente.
A- Inshallah
B- Inshallah

 

 

***

 

"Leila aveva ancora la cuffia in testa, quando si buttò sul materasso ricamando col pensiero sulla figura meschina che il suo ragazzo le aveva fatto fare … Era stata ai grandi magazzini, per comprare una risma di carta a quadretti, utile per gli esercizi di algebra. Quel mammalucco le aveva detto che ne avrebbe trovata a tariffe ridotte: "Un taccuino dal cartolaio ti costerebbe una cifra, ma se fai bene i conti un foglio di quella risma viene quasi zero." C'era andata di corsa, in carovana con le sue amiche, guadando la folla di quel sabato pomeriggio, torrido per il vento di scirocco. Avevano girato dappertutto, un vero safari tra i reparti, ma non avevano trovato che almanacchi alla rinfusa in un bailamme da bazar. Le aveva dato per l'ennesima volta un'indicazione sbagliata, che fardello sopportare i suoi scherzi! Con lei era sempre uno zucchero, come un alfiere che la scortava fin nei posti più remoti: baite in montagna, darsene sul lungomare … ma le sue amiche proprio non le sopportava: "Carciofi che si scambiano salamelecchi sul sofà" le definiva grattandosi la nuca e facendo lo sguardo d'assassino. Bisognava sempre dare la tara a quel che diceva, e ne diceva a bizzeffe. Era proprio un fanfarone, quando non esagerava e faceva macabri scherzi di cattivo gusto. La razzia di carta nuova di zecca l'aveva fatta chissà dove, e che venisse dai grandi magazzini loro l'erano bevuta come un sorbetto! Ancora una volta le aveva battute con uno scaccomatto".

Alfiere, dall'arabo al-fàris = "cavaliere"
Algebra, dall'arabo al-jabr, ricorrente nel titolo di un'opera del matematico al-Khwàrizmi (dal cui nome deriva 'algoritmo')
Almanacchi, dall'arabo al-manàkh = clima
Assassino, dall'arabo hashshàshi = fumatore di hashish
Bailamme, dal turco Bayram, festa di fine Ramadan
Baita, dall'arabo al-bayt = 'la casa'
Bazar, dal persiano = mercato
Bizzeffe, dall'arabo bi-l-ziyàda = a volontà
Carciofo, dall'arabo al-kharshùf
Carovana, dall'arabo karwàn
Cifra, dall'arabo sifr = zero
Cuffia, dall'arabo al-kùfiyya, copricapo tipico della città di Kufa in Iraq
Darsena, dall'arabo dàr al-sina'a = casa dell'industria
Fardello, dall'arabo fardiyya, precetto religioso
Fanfarone, dall'arabo fanfara = chiacchierare, palare a vuoto
Guado, dall'arabo wàdi, corso d'acqua
Leila, nome femminile arabo che significa 'notte'
Macabro, dall'arabo maqàbir = tombe
Magazzino, dall'arabo makhàzin, deposito
Mammalucco, dall'arabo mamlùk, nome di una dinastia che deriva dal termine 'schiavo'
Materasso, dall'arabo matrah, cosa gettata in terra
Meschino, dall'arabo miskìn = povero
Nuca, dall'arabo nùqra = buco occipitale
Ragazzo, dall'arabo raqqàs = lett. Ballerino, usato per i garzoni e i camerieri
Razzia, dall'arabo al-ghàzia = spedizione dei predoni
Ricamo, dall'arabo raqm = disegno
Risma, dall'arabo rizma = pacco
Safari, dall'arabo safar = viaggio
Salamelecco, dal saluto islamico al-salàm 'alaykum = pace su di voi
Scacco matto, dal persiano-arabo shàh màt = il re è morto
Scirocco, dall'arabo sharqi = (vento) orientale
Sofà, dall'arabo suffa = cuscino
Sorbetto, dall'arabo sharìb = bevanda
Taccuino, dall'arabo taqwìm = calendario
Tara, dall'arabo tarh = sottrazione
Tariffa, dall'arabo ta'rifa = somma determinata
Zecca, dall'abo sikka = conio
Zero, dall'arabo sifr = zero
Zucchero, dall'arabo sukkar

 

***

 

"NON SALUTATE NESSUNO PER VIA" (VANGELO DI LUCA 10, 5)

Tra le istruzioni che Gesù diede ai suoi discepoli, inviandoli a predicare, figura anche la strana ingiunzione a 'non salutare nessuno per via'. Sono parole che potrebbero suonare bizzarre, indice di una presunta rudezza e mancanza di educazione.

I testi, tuttavia, vanno sempre ricondotti al loro contesto, spaziale e temporale, per essere correttamente compresi. E i Testi sacri non fanno eccezione.

Incentrare sulla 'parola', come e forse ancor più di altre culture antiche, quelle di ambito semitico hanno sviluppato una serie di formule di saluto e di cortesia complesse e talvolta ridondanti fin quasi all'eccesso.

Ancora oggi, nell'arabo corrente, si riscontrano meccanismi che i ritmi affannati della contemporaneità sembrano non aver scalfito.

La prima tendenza che salta agli occhi, o meglio sarebbe dire agli orecchi, è quella a 'rincarare la dose'. Non si risponde cioè semplicemente ripetendo l'espressione di saluto o di augurio che si è ricevuta, ma con una più elegante, più enfatica, inserendo formule e parole di maggior effetto.

Al semplice 'buongiorno' (sabàh el-kher = lett. 'mattino del bene') si ribatterà con sabàh el-nùr ('mattino della luce') o sabàh el-ward ('mattino della rosa') e similmente si farà per la sera.

All'augurio di 'buonanotte' (tesbih 'alà kher = lett. 'svegliati nel bene') anche un bambino sa che occorre rispondere wa-anta min ahluh ('tu sei una persona per bene').

Alla fine del pasto a cui si è stati invitati si augura a chi ce l'ha offerto 'sofra dàiman' (che ci sia una 'tavola imbandita sempre' in casa vostra) per sentirsi rispondere nientemeno che dàmat hayàtak ('ci sia sempre la tua vita').

Imbattendoti in una persona che non vedi da tempo, ma anche che hai visto di recente, sentirai esclamare 'fursa sa'ìda' ('occasione felice' d'incontrati) e baderai bene di rispondere ana as'ad ('io sono ancor più lieto').

Naturalmente, tale tendenza è ancor più amplificata nel caso non si tratti di semplici convenevoli ma tra gli interlocutori vi sia differenza di età, di ruolo o intercorra gratitudine per un favore ricevuto o semplicemente auspicato.

Non mancano fenomeni simili neppure in italiano, dal parcheggiatore che ti chiama 'dottore' per compiacerti e sperando in una mancia, al cameriere che dichiara 'per servirla', al sottoposto che chiede all'ufficiale 'comandi!"... persino il semplice 'ciao' pare derivi dall'espressione 'sono il tuo schiavo', dal veneto 'sciao'.

Nel dialetto egiziano espressioni come 'bàsha', 'bey', 'bek' o 'fandim' sono comunissime e derivano tutte da titoli nobiliari turchi che potremmo rendere con 'eccellenza'.

In arabo non si usano né il 'lei' né il 'voi' di cortesia, ma al 'tu' si abbina un titolo di rispetto nel caso ci si rivolga a una persona ragguardevole: 'siyatak' o 'kadretak' vogliono infatti dire 'la tua signoria'... espressioni che da noi ormai si trovano solo puntate negli inviti ufficiali: "la S.V. ...".

Qualora il rapporto sia soprattutto affettivo non è raro che si usi il termine 'amm (zio paterno) o khala (zia materna) anche con chi non è affatto parente, o appellativi quali hajj (pellegrino) o shekh (sceicco, sapiente) se ci si rivolge a qualcuno che è conosciuto per la propria devozione.

 


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12 MAGGIO 2017

 

 

 

DIO PERDONA, DARWIN NO

n 30, 31 e 32