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Siamo ormai alla apoteosi delle teorie neo femministe che da oltre trent'anni hanno soppiantato la pur minima egemonia di ciò che fu il grande movimento delle donne. Nei primi decenni della seconda metà del 900, questo movimento prefigurava, insieme alla universalità dei diritti, un nuovo modello di essere donna, fuori da tabù, pregiudizi e stereotipi che per secoli hanno soffocato il "secondo sesso" e definito come una prigione il ruolo femminile e quello maschile.
Da oltralpe e da oltreoceano ormai soffia forte il vento del vittimismo: la responsabilità delle difficoltà sociali ed esistenziali delle donne non deriva dalla crisi economica voluta dai neo feudatari che comandano il mondo, dalle privatizzazioni che cancellano ogni presenza di servizi sociali, dal lavoro che non c'è e che quando c'è è senza alcuna protezione per i lavoratori e ancora peggio per le lavoratrici, ma è dei maschi, più precisamente è del sesso maschile, vero oppressore delle donne.
Primo e vero conflitto non è più quello di classe, ma quello di genere e le donne, anche quando raggiungono livelli di autonomia economica, sociale e sessuale, in realtà vengono oppresse e sottomesse dalla sessualità del maschio sempre e comunque subita dalle donne. Le lotte e le rivendicazioni non servono, saranno i giudici e i tribunali a difendere le donne ricche o povere, erudite o analfabete tutte prede, violate e incapaci di difendersi.
L'idea che emerge non è più la donna adulta, autonoma e libera di agire come meglio crede anche la propria sessualità riscattata da tabù e pregiudizi, ma la femmina molestata anche solo da uno sguardo prolungato o da una mano che sfiora il ginocchio e incapace di difendersi se non richiedendo in lacrime l'aiuto delle aule di tribunale. La classe operaia è stata soppiantata dalla classe delle donne, donne di tutto il mondo unite contro il vero ed unico oppressore: il maschio stupratore per natura. Lotta dura a colpi di denunce contro la classe dei maschi e la loro sessualità nefasta. Mentre cresce la miseria disegnata a tavolino dai padroni della globalizzazione, non solo nel terzo e quarto mondo, ma anche nei giardini dell'eden del primo mondo, i mass media titolano a lettere cubitali di uomini "di potere" che cadono dall'Olimpo per aver fatto la mano morta o chiesto esplicitamente di fare sesso. Vengono gridati ai quattro venti fatti accaduti decenni fa, si denunciano uomini famosi che rotolano nella polvere sotto la scure dell'ira funesta.
La rappresentazione della donna che ne esce sembrerebbe nuova, "moderna" invece è antica e rigetta le donne nel ghetto dal quale si pensava di essere uscite. Quest' idea e il postulato su cui si fonda, la sua strategia che oggi vedo rimbalzare da un mezzo d'informazione all'altro, non solo non l'ho mai condivisa, ma la giudico estremamente pericolosa, un terribile inganno. Non nego che va riconosciuto a questo femminismo del conflitto e della separazione fra i sessi, di aver fatto uscire lo stupro dalla sfera della vergogna e del silenzio. Con l'ascolto e il sostegno delle associazioni femministe le donne si fanno coraggio e denunciano le violenze. Giustamente si pretende una nuova sensibilità e un'attenzione da parte di istituzioni, servizi sociali e sanitari e forze dell'ordine, mentre si chiede una formazione adeguata, allenata a non sottovalutare nessuna situazione.
Certo sono apprezzabili le indagini che a partire dalla metà degli Anni '80 sono state fatte per quantificare il fenomeno degli stupri, però nei questionari si è voluto mettere dentro tutto, dallo stupro all'aggressione sessuale, dal palpeggiamento allo sguardo insistito indesiderato. Con tale impostazione ciò che emerge dalla lettura dei dati è che in sostanza tutte le donne, nell'arco della loro vita, sono state prede, abusate e violate da maschi predatori. Come non contestare il metodo che è stato seguito? È chiara la finalità politica: sostenere e definire l'immagine della femmina vittima e del maschio violento, due diversità che secondo l'ideologia di questo femminismo radicale sono destinate a non incontrarsi mai.
Chiarisco la mia opinione: l'autonomia economica, il tampax, il divorzio e la pillola anticoncezionale sono stati i pilastri del lento, sofferto, drammatico processo di emancipazione e di liberazione delle donne. Le lotte per il diritto alla contraccezione e all'aborto in quei magici Anni 60/70 avevano finalmente offerto la libertà sessuale e il potere sulla procreazione. Il riscatto della propria sessualità, da sempre negata alle donne e l'opportunità di decidere se e con chi o come diventare genitore, ha trasformato la donna da "oggetto debole" a soggetto forte e consapevole della propria femminilità che può essere espressa anche senza deambulare su un tacco 12 o indossando mutandine simil filo interdentale. Ma non abbiamo fatto in tempo ad uscire dalla gabbia dei ruoli, a pensare che finalmente finiva l'onnipotenza degli stereotipi sessuali e prendeva piede la consapevolezza che una volta acquisito il senso della propria identità ogni persona adulta ne fa ciò che vuole o che può, che si è iniziato a sopravvalutare la diversità e la teoria del conflitto di genere. Questa idea della "nazione" delle donne per natura tutte buone, riconduce la donna a ritornare ad essere "bambina", debole e incapace di difendersi e che ha diritto d'ascolto solo se si proclama vittima. Non sono più i malvagi e i cattivi, i maniaci e i perversi ad essere denunciati e condannati con pene anche durissime ma tutta "la classe dei maschi", è la virilità ad essere messa all'indice.
Le donne dell'uguaglianza e della libertà sessuale vengono accusate di pensare come i maschi e guai a sostenere che ci sono donne a cui piace fare sesso, che desiderano essere corteggiate e corteggiare, capaci di sostenere non uno, ma tanti sguardi insistiti, per scegliere quello con il quale darsi reciproco piacere senza per forza pensare all'amore per sempre o ad una nidiata di figli. Non solo, ma guai affermare che ci sono donne a cui piace praticare sesso a pagamento anche con grande soddisfazione e che bisogna regolamentarlo riconoscendolo come un lavoro con la dignità che spetta ad ogni lavoro e a tutti i lavoratori e infine, per carità, guai a sostenere che non tutte le donne sono vittime, immediatamente saresti bollato come "vittima totale".
© RIPRODUZIONE RISERVATA 06 NOVEMBRE 2017 |