|
|
La lezione più importante che ho appreso durante i sei mesi di dieta ruota intorno al buon senso e a una distribuzione dei pasti equilibrata. Non si può mangiare carne tutte le sere, oltre all’amatriciana esistono il sugo semplice e altri condimenti meno elaborati, la Coca Cola è ormai un ricordo lontano. Per recuperare poche e semplici regole mi sono rivolto a una nutrizionista, molto brava tra l’altro, che dopo avermi rivolto alcune domande (se avessi intolleranze e di che tipo, le abitudini degli ultimi mesi, se fosse particolarmente doloroso per me rinunciare a qualcosa) mi ha fornito uno schema settimanale. Le uova al tegame la domenica sera mi hanno sorpreso: non compravo uova da una vita se non per infornare delle crostate.
Tralasciando per un istante la dieta, l’idea che qualcuno mettesse mano nel mio palinsesto settimanale non mi era sembrata cattiva, la bilancia anzi dimostrava il contrario. Mi chiedo allora se non sia possibile applicarla a regime ovunque, o comunque dove sembra più critico portare a casa dei risultati. Più o meno una volta a settimana racconto a mia madre (quando sono stanco il tono tende al lamentoso) che non ho tempo per leggere, per scrivere, per l’associazione, per tutta una serie di cose che mi sembrano cruciali.
Con molta pazienza, una volta su quattro mia madre prova a suggerirmi che forse l’elenco delle mie priorità è un po’ squilibrato. O comunque originale. Chiudo il telefono di cattivo umore e ci penso qualche ora. Ma se io mi concentro su cose sbagliate, qual è, se esiste, la giusta direzione? Completare la lista dei vaccini per i figli da mandare a scuola? Studiare la notte per il prossimo concorso al ministero? E quando lo leggo il giornale? Quando finisco di vedere BoJack Horseman, la nuova stagione? Scarto quasi immediatamente l’idea di approfondire l’altro consiglio, quello in cui mamma mi propone saggiamente di pensare a un fondo pensionistico alternativo, e torno a concentrarmi sulla possibilità di trovare invece un altro tipo di nutrizionista, un nutrizionista mentale.
Se il fine settimana soffro perché non ho il tempo di completare le cose in sospeso, il programmatore del tempo potrebbe aiutarmi a fare pulizia tra gli impegni che non sono più necessari. Se qualcosa va a rotoli nella mia vita e non la voglio mandare definitivamente in malora, il mio nuovo supereroe mi aiuta a bilanciare il tempo che dedico alla sua realizzazione.
Il cinema? Come i dolci, una volta a settimana (il mercoledì che costa meno: economia domestica, le basi). I gruppi wazzap? In metro e cinque minuti nella pausa pranzo a lavoro. Il nuovo libro del #MaestroMeacci? C’è tempo ancora, possiamo aspettare. Almeno due sere a settimana da solo con la mia compagna, i telefono spenti, senza distrazioni. Troppo pensare fa male, ma dieci appuntamenti con l’agente immobiliare in un mese pure potrebbero spedirmi al manicomio.
Ecco, il time coach dovrebbe rivolgermi delle domande, come ha fatto la nutrizionista a gennaio, e capire con rispetto e attenzione, per me cosa ha valore, combinarlo con equilibrio con altro che a me non verrebbe in mente di fare. E potrebbe suggerirmi di compilare una lista ogni sera: un elenco di necessità, di minima et moralia per il giorno dopo. Oggi ad esempio io e la mia fidanzata vorremmo pulire casa, fare la spesa, stare un po’ assieme. Dovrei recuperare dei soldi che ho anticipato, mi piacerebbe sentire un’amica di Cosenza per sapere se le va tutto bene. Scrivere queste righe, spenderci due ore mentre Tiziana ancora dormiva, era un fuori programma. Il bello delle diete è anche un pochino imbrogliare.
Leggi anche su minima&moralia
© RIPRODUZIONE RISERVATA 19 GENNAIO 2018 |