Giovanni Carosotti e Valeria Sgambati  
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IN RICORDO DI GIUSEPPE GALASSO


La Storia come dimensione costituiva della realtà



Giovanni Carosotti e Valeria Sgambati


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Nella prefazione della Storia d'Europa (Laterza, Bari 1996 1^ed.), Giuseppe Galasso scrisse che con quel lavoro voleva appagare "un bisogno che l'autore presume(va) non soltanto suo: il bisogno di capire, fin dove è dato, che cosa sia stata l'Europa, le sue radici, i suoi svolgimenti, senza farsene un mito o una filosofia, ma anche senza decampare dal suo orizzonte o, meno che mai, ripudiarne tradizioni e ragioni. Un bisogno a cui non poteva venire incontro che la storia, questo modo di essere e di operare del pensiero così tipicamente, genialmente, fecondamente europeo".

Già da queste brevi riflessioni emerge l'irriducibile volontà a penetrare il senso della storia e della vita degli uomini, che si costruisce e si rende evidente nel suo svolgersi "anche quando appare avvilupparsi in corsi e ricorsi, cadute e risorgimenti, caotiche contingenze e ripetitive uniformità".

La storia non si configura quindi per Galasso come un sapere specialistico, la ricerca settoriale di un aspetto, per quanto significativo, della realtà. Rappresenta semmai la dimensione costituiva della realtà stessa, l'orizzonte "trascendentale" nel quale trova senso qualsiasi forma di espressione culturale e che dunque permette di cogliere le relazioni effettive tra le diverse manifestazioni della cultura umana. L'impegno dello storico è allora un impegno che diventa contemporaneamente intellettuale, civile ed esistenziale, per cui ne va in gioco qualsiasi altra forma di comprensione del mondo. Persino il sapere logico-formale, come ha affermato Galasso in Nient'altro che storia (Il Mulino, Bologna 2000), si configura quale conquista dell'intelletto umano che avviene nel tempo, condizionato dallo svilupparsi della storia stessa. Questa esigenza si ritrova anche in uno scritto inedito e privato, dedicato al suo nipotino in occasione del Natale 2004, dove si legge: "come noi e le nostre famiglie non potremmo mai vivere senza sapere chi siamo stati, da dove siamo venuti, dove abbiamo abitato, così i popoli e i paesi non potrebbero vivere senza ricordare il loro passato. […] Passato, identità, coscienza: ecco un triplice rapporto che forma l'essenza della storia".

La passione per la storia così concepita ha consentito a Galasso una produzione storiografica e culturale eccezionalmente ricca, variegata e ampia: dalla storia medievale a quella contemporanea, dalla storia della storiografia alla filosofia, dal meridionalismo alla la teoria e critica politica . E in questa produzione, come lui stesso ha chiarito in più interviste, molteplici sono stati i suoi riferimenti e le sue influenze culturali: da Vico, De Sanctis, Labriola, Croce e Gramsci, a Enzo Paci, Ernesto de Martino, Husserl e Cassirer. Da Raymond Aron, a Benjiamin e Adorno. Nella riflessione e nella scrittura di Galasso sorprende come molti di questi riferimenti, da lui esplicitamente rivendicati ma forse da alcuni non sospettati, non compaiono sempre in modo esplicito nei suoi scritti. Ma, a una lettura più attenta, essi si mostrano nelle pieghe del ragionamento e della prosa dello storico, dimostrando nei loro confronti un'assoluta padronanza, mai esibita.

Pur avendo rivendicato l'identità epistemologica propria della storiografia, ha anche dialogato e si è confrontato con le scienze sociali e umane. Si può dire che l'orgogliosa rivendicazione fatta da Galasso della specificità della storia lo ha portato a considerare in modo problematico ma fecondo il rapporto con le scienze sociali, in particolare con la sociologia, ma anche a mettere in evidenza lo stretto rapporto che la storia ha e deve avere con la filosofia.

Nel suo libro Nient'altro che storia, uno dei pochi testi nel panorama italiano dedicato alla teoria della storia e della storiografia, Galasso ha affrontato in modo deciso il tema dello stretto rapporto che lega la storia con la filosofia, e ha individuato nel percorso seguito negli ultimi decenni dalla disciplina filosofica la ragione di quello scetticismo nei confronti del sapere storico, ancora oggi non risolto. Galasso si è impegnato in quello scritto in un' accurata e per lui decisiva disamina delle relazioni tra filosofia e storia, ritenendo doveroso per uno storico ribadire le ragioni teoretiche della storia. In un altro breve ma denso scritto, Storicismo, filosofia e identità italiana Galasso denunciava la debolezza di una linea di pensiero anti filosofica, motivata da un'assolutizzazione del modello di conoscenza proprio delle scienze esatte; ma anche l'opposta e complementare convinzione per cui la filosofia doveva ritirarsi in un ambito di pura teoresi, evitando compromessi non risolti con la fattualità. Entrambe queste correnti hanno individuato in un presunto -e sempre da Galasso contestato- dominio della cultura storicistica e idealistica in Italia il loro referente polemico. Per Galasso, viceversa, ciò che della tradizione filosofica italiana è stato più tenacemente contestato, cioè avere stabilito un legame costante tra pensiero e impegno civile, rifiutando l'isolamento cartesiano del puro pensiero, diventa non solo la scelta ancora oggi più vitale, capace di rigenerare contemporaneamente sia la disciplina storica sia quella filosofica, ma anche l'atteggiamento teoretico più adatto ad affrontare il disorientamento del pensiero dovuto alla diffusione della mentalità post moderna.

Galasso, seguendo la tradizione storicistica, a cui si è ispirato e che ha innovato, ha sempre considerato centrale il rapporto tra storia e politica. E lo ha ribadito anche in anni in cui questo rapporto sembrava particolarmente in crisi. Infatti, agli inizi degli anni duemila, lo aveva considerato ancora più "immediato ed esorbitante", soprattutto in presenza dei "falsi revisionismi", che imperversavano "sui fatti e sugli sviluppi della storia nazionale". Egli affermò che con la rivista "L'Acropoli" (da lui fondata nel 2000 e tutt'ora in corso di pubblicazione) andava sviluppando "una linea di pensiero che, accogliendo gli eventuali motivi di validità di vari "revisionismi"", ne smascherasse anche il fondamento ideologico e di parte.

Inoltre per lui Il nesso tra politica e storiografia è un nesso strutturale "per il ruolo stesso che il momento storiografico svolge sempre nella vita civile di qualsiasi comunità umana" [intervista rilasciata a Rnotes, appunti dalla Rubbettino editore,anno IV, n°12 ottobre 2002] .

Il rapporto tra storia e politica corrispondeva anche e soprattutto al rapporto di "liberissima servitù" tra passato e presente, perché gli uomini si rivolgono al passato, secondo Galasso, per conoscere "le radici dei problemi di fronte ai quali si trovano". Nondimeno "il futuro non dipende tutto dal passato. Dipende soprattutto da ciò che noi pensiamo e speriamo, vogliamo e facciamo oggi".

Nel presente, secondo Galasso, agisce la forza e l'inerzia del passato, ma il condizionamento derivatone non è paralizzante né completamente determinante; proprio il problema relativo ai "margini di modificabilità del contesto", a opera delle forze umane individuali o collettive, rappresenta secondo il suo pensiero uno dei più affascinanti "misteri" della storia.

Tra le sue numerosissime opere, oltre alla Storia d'Europa già citata, vogliamo ricordare la monumentale Storia del Regno di Napoli (UTET, Torino 2007); l'originale Potere e Istituzioni in Italia. Dalla caduta dell'Impero romano ad oggi (Einaudi, Torino 1974); Croce e lo spirito del suo tempo (Il Saggiatore, Milano 1990); l'Italia s'è desta (Le Monnier, Firenze 2002), in cui ha approfondito l'identità italiana dal Risorgimento alla Repubblica. Proprio nell'ultimo libro citato, nella conclusione alla sua prefazione, Galasso scrisse che la sua speranza era di apportare "un qualche ulteriore migliore contributo alla consapevolezza storiografica e alla coscienza etico-politica dell'Italia contemporanea, in un momento in cui la "tristezza civica" e il "disorientamento storiografico" […] appaiono ancora lontani dal dileguarsi". Parole ancora oggi di grande attualità.

 


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22 FEBBRAIO 2018