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IL LAVORO CHE CAMBIA


È uscito viaBorgogna3 n8 "Presente e futuro del lavoro umano"






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Continua la nostra ricerca sui nuovi e dirompenti sviluppi della scienza e della tecnica. Un anno fa, all'incirca, abbiamo pubblicato un fascicolo di "viaBorgogna3", il numero 4, dedicato a "Corpi, menti, macchine per pensare". Ora andiamo in stampa con un numero dedicato a "Presente e futuro del lavoro". La connessione è evidentissima: il lavoro sta cambiando profondamente e la causa fondamentale deve ricercarsi indubbiamente nella travolgente innovazione tecno - scientifica. Nelle aziende digitalizzate, quelle dell'industria 4.0, si lavora - e ancora di più accadrà nel prossimo futuro - in modo nuovo.

Si tratta di una questione di immensa portata, della quale si ragiona e discute molto meno di quanto si dovrebbe. Quando la questione viene accennata si ascoltano voci entusiaste che si alternano e contrappongono a drammatiche preoccupazioni. Costoro temono, soprattutto, che l'automazione - il "digital disruption" - possa distruggere una quantità enorme di posti di lavoro. Al punto che c'è chi sembra riproporre una qualche forma di luddismo: meglio fermarsi, distruggere le macchine, che spianare la strada a una devastante disoccupazione di massa. Gli scritti raccolti in questo numero della rivista vanno in altra direzione: essi non sfuggono all'irreversibilità dei processi di innovazione tecnologica e mettono quindi in primo piano l'urgenza di studiare criticamente e di attrezzarsi a gestire quanto sta accadendo.

I processi descritti sono tutt'altro che lineari. Nelle nuove aziende - si argomenta - la fatica fisica si riduce mentre tende ad accrescersi la pressione e lo stress. Così pure cresce l'autonomia e la creatività del lavoro, a prezzo però di un'accresciuta instabilità e incertezza del posto di lavoro. La differenziazione tra i lavori tende ad accrescersi: vi sono professionalità, con connesse retribuzioni, che schizzano verso l'alto e altre - lavori manuali tradizionali ma anche quelli dipendenti dalla piattaforme della sharing economy - che vengono schiacciate verso il basso. Sullo sfondo viene evidenziato un rimescolamento ancora più profondo: il lavoro senza luogo e senza tempo, ovvero la possibilità di scegliere liberamente quando e dove lavorare. Più libertà, quindi, ma a un prezzo: lavorare sempre di più in solitudine con connessa riduzione della solidarietà tra i lavoratori.

Le conseguenze a medio e lungo termine di tutti questi cambiamenti sono immense. Al punto tale che sta scricchiolando alle radici la civiltà del lavoro - l'insieme di narrazioni politiche e culturali, di norme giuridiche e di garanzie sociali - così faticosamente costruita durante il Novecento. Essa venne edificata grazie all'iniziativa e alla forza del movimento operaio e riuscì a imprimere un segno progressivo e inclusivo alla democrazia del secolo scorso. La Costituzione italiana che nel suo primo articolo recita che "L'Italia è una repubblica fondata sul lavoro" esalta proprio questa funzione politica e sociale del lavoro. Ma ora l'indebolimento politico, sociale e culturale del movimento operaio e la frantumazione del mondo del lavoro stanno minando questi presupposti e stanno cambiando la qualità delle nostre democrazie: non a caso stiamo assistendo un po' in tutto l'Occidente a un radicale mutamento del clima politico, all'irruzione del populismo che sta occupando la scena pubblica con la potenza devastante di uno tsunami.

Eppure, pur nel mezzo di tali e tanti sommovimenti, resta diffusa la convinzione che il lavoro resta un'attività umana fondamentale. La dignità e la creatività dell'uomo, la sua piena affermazione di sé, continuano a dipendere largamente, oggi come nel passato, dal lavoro. Si tratta quindi di chiedersi come possa il lavoratore realizzare pienamente se stesso nel mondo pervaso dalle nuove tecnologie, ovvero dove stia l'essenza del lavoro umano in un quadro che, per tanti aspetti, sembra rimettere in discussione il ruolo e la funzione del lavoro umano.

 

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30 MARZO 2018

 

 

 

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