Non c'è dubbio: si è trattato di una bella celebrazione del 70° della Resistenza. I media hanno dato spazio con molta generosità all'evento e la sfilata di Milano è stata una grande manifestazione popolare, ridondante di voci diverse. I giornali hanno dedicato al settantesimo ampi servizi: il Corriere ha perfino proposto un'intera collana di testi letterari della Resistenza. Le televisioni, pubbliche e private, non sono state da meno: anche Mediaset si è unita al coro e perfino Paolo Del Debbio ha dedicato alla Resistenza un'intera serata su Rete Quattro.
Qualcuno ha già notato la differenza di clima rispetto a una decina di anni fa. Allora erano fresche di stampa le pagine dell'indecente libro di Gian Paolo Pansa 'Il sangue dei vinti ' e vi era l'eco della sorprendente difesa della Repubblica di Salò da parte di uno storico come Vivarelli. Galli della Loggia dalle colonne del Corriere non si stancava di indicare nella sopravvalutazione della Resistenza la menzogna originaria della Repubblica. Le televisioni raccontavano un'altra storia rispetto a quella ascoltata in questi giorni: abbondavano di interviste ai reduci di Salò. Tante voci, con asprezza polemica, rivendicavano l'equiparazione tra partigiani e repubblichini.
La svolta è rilevante. Potremmo ipotizzare, riprendendo il titolo di un impegnativo appuntamento che avevamo costruito in Casa della Cultura in quegli anni, che si è riusciti davvero a 'revisionare il revisionismo '. Probabilmente il lavoro incessante degli storici, le nuove ricerche, gli ultimi studi usciti, le tante discussioni hanno prodotto qualche effetto. Il carattere a un tempo plurale e unitario della Resistenza italiana, la sua nobiltà che sovrasta le inesorabili brutture è finalmente chiara a tutti. E' arrivato il momento, ci dicono queste giornate, di ragionare serenamente dell'importanza della Resistenza nella fondazione e nella storia della nostra Repubblica.
Si potrebbe però avanzare anche un'altra ipotesi. Ovvero che una decina di anni fa la destra italiana aveva raggiunto l'apice del potere: al governo erano saldamente installate forze di destra indifferenti alla Resistenza e altre che non disdegnavano la rivendicazione di un filo diretto con il fascismo. Tutto congiurava a dare forza a un diffuso e aggressivo 'anti - antifascismo ': la pubblicistica e i media non facevano altro che assecondare il clima politico e culturale del momento. Ora la destra è in grave crisi: le sue formazioni principali sono a rischio di sfaldamento oppure si stanno riorganizzando e ridefinendo. La molla fondamentale della virulenta campagna revisionista, ovvero la legittimazione della destra, è in questo momento ridimensionata o perfino evaporata.
Forse si potrebbe avanzare anche una terza ipotesi, ovvero che la spinta polemica si sia disinnescata a seguito dello smottamento politico e culturale della sinistra, in primis di quella ex comunista estromessa in pochi mesi quasi senza colpo ferire da ogni ruolo di direzione del paese. Alla fin fine la virulenza polemica contro la Resistenza era intimamente legata alla orgogliosa rivendicazione dei valori antifascisti da parte delle sinistre e alla loro intransigente impegno a difesa della carta costituzionale. Nei prossimi giorni, senza proclamazioni altisonanti, si trasformerà di fatto la forma di governo introducendo un inedito e radicale presidenzialismo. In questa situazione è abbastanza evidente che la furia polemica revisionista sia svigorita alle radici.
Con ogni probabilità ognuna di queste tre ipotesi contiene qualche verità. A tutti noi, abituati ormai a ragionare con disincanto su tutte le vicende del nostro paese, restano comunque il piacere di una celebrazione senza stonature revisioniste e i suoni e i colori con cui anche in questo 25 aprile si sono manifestati i mille toni di speranza e di inquietudine del nostro antifascismo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 28 APRILE 2015 |