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Marino Ruzzenenti, "Preghiamo anche per i perfidi giudei". L'antisemitismo cattolico e la Shoah, Deriveapprodi, 2018
Il libro affronta una questione scottante: l'antisemitismo cattolico, dimostrandone in modo inoppugnabile, anche solo con i documenti che mette a disposizione, l'esistenza, inquietante vastità e stratificazione storica. Al centro c'è l'Italia, come è giusto dato che in Italia ha sede il papato, vertice gerarchico della Chiesa cattolica; altre realtà prese in considerazione, con approfondimenti o più rapidi excursus, sono la Spagna, la Francia, l'Austria, la Polonia, in genere i paesi cattolici dell'Europa orientale. L'antisemitismo, nonostante la distruzione quasi riuscita degli ebrei d'Europa, è tuttora fiorente, ampiamente alimentato dalla politica di dominio coloniale che Israele esercita nei confronti dei palestinesi. I cattolici, la Chiesa cattolica, hanno fatto i conti con questo passato? In modo parziale e molto reticente. Anche per questo motivo il lavoro di Ruzzenenti è quanto mai opportuno e ovviamente scomodo, venendosi a collocare in una bibliografia inversamente proporzionale alla rilevanza del fenomeno, estraneo se non irrilevante per un senso comune che si sta ricostruendo attorno a parametri razzisti, rispetto a cui la questione degli immigrati, non solo in Italia, costituisce la cartina di tornasole.
Un punto è necessario ribadire con fermezza: sia l'antisemitismo che il razzismo non sono affatto fenomeni recenti o, viceversa, che si perdono nella vaghezza di una indeterminata collocazione storica, e per ciò naturali e antropologicamente radicati, affondanti nella biologia della specie. Al contrario razzismo e antisemitismo, tra loro intrecciati e distinti, sono intrinsecamente legati alla modernità, all'affermazione del capitalismo grazie alle conquiste coloniali e alla politica di riconquista dei cattolicissimi re di Spagna, con la conseguente espulsione degli ebrei e i precetti volti alla "purificazione del sangue"
Un topos saliente in questo contesto, ben operativo nei documenti e autori esaminati da Ruzzenenti, è l'identificazione degli ebrei con il denaro, la finanza, i processi di modernizzazione e dissoluzione dell'ordine politico e sociale, oggi della globalizzazione. Le evidenze empiriche dicono altro ma non scalfiscono convinzioni radicate e rinnovate. Si tratta di un caposaldo della cultura di destra, con ampi sfondamenti a sinistra, almeno dall' 800 in poi. Il libro è importante e scomodo per l'angolazione che assume analizzando l'apporto che gli esponenti cattolici, dai vertici della Chiesa a figure note e meno note, hanno dato all'elaborazione di una forma specifica di antisemitismo, e, in ogni caso, dando spazio nei loro scritti ai pregiudizi verso gli ebrei. Succede così anche a Teresio Olivelli, eroe della Resistenza e di recente beatificato.
Infatti Ruzzenenti non focalizza la sua attenzione su personaggi spregevoli (fanatici fascisti e collaborazionisti) ma su figure che occupano un posto stabile nel pantheon del mondo cattolico: Giuseppe Toniolo, Agostino Gemelli, Mario Bendiscioli etc. Una scelta che solo superficialmente si può considerare provocatoria e che, in realtà, ha un profondo valore euristico: la presenza di forti e insistite argomentazioni antisemite nei loro scritti è rivelatrice dell'ampiezza e radicalità dell'odio verso gli ebrei nella storia della Chiesa cattolica.
Come argomentava Raul Hilberg in apertura del suo fondamentale "La distruzione degli ebrei d'Europa" (uscito in Italia con grande ritardo) la persecuzione degli ebrei si delinea come una costante del mondo cristiano-cattolico a partire da quando il cristianesimo diventa religione di Stato all'epoca di Costantino. Nei secoli successivi la Chiesa detta le norme da adottare contro gli ebrei. Lungo questa continuità, negata e edulcorata, il passaggio cruciale è quello che inaugura l'età moderna con l'espansione dell'Europa nel mondo e la saldatura tra capitalismo e razzismo, in cui quest'ultimo nelle sue variegate articolazioni funziona da legittimazione ideologica dello sfruttamento delle "razze" inferiori, sin dal primo costituirsi materiale della modernità. Ma per gli ebrei, rinchiusi in una sorta di prolungamento del medioevo, le cose sembrano migliorare, anche in Italia vengono "emancipati" e liberati, possono uscire dai ghetti. Contro questi ebrei che rischiano di diventare invisibili si forgia l'antisemitismo ottocentesco, in Europa e al di là di essa. La Chiesa cattolica, come argomenta Ruzzenenti, fornisce un proprio apporto originale a un'ideologia che sfocerà nella Shoà.
Per la storiografia tuttora prevalente e, probabilmente, il senso comune, un tale quadro storico risulta inaccettabile. Tutto viene schiacciato sul nazismo e Hitler, di cui ci si può liberare come l'irruzione improvvisa di un male assoluto e come tale inspiegabile. A tale esito, fortemente assolutorio, concorre la rappresentazione speculare dello sterminio degli ebrei come un evento incomparabile. La sequela delle deduzioni pseudo-logiche è nota e alimenta revisionismi e negazionismi di ogni sorta. Per quanto riguarda in specifico la Chiesa cattolica e il cristianesimo in generale, che ben inteso non detengono affatto l'esclusiva dell'antisemitismo, un argomento che continua ad essere usato fa perno sulla differenza tra antigiudaismo e antisemitismo, erigendo tra i due una sorta di barriera storico-ontologica, in verità alquanto friabile, come il libro in questione e i materiali che fa emergere ben dimostrano.
Nel caso italiano, al solito di grande interesse, la negazione dell'antisemitismo si salda e diventa tutt'uno con l'interpretazione benevola del fascismo e di Mussolini, estranei e innocenti, assieme agli italiani, rispetto allo sterminio. Persecuzioni a volte sì, politiche razziali forse, ma si tratta di peccati veniali, tanto più considerando il ruolo del mondo cattolico. Anzi alla luce dell'oggi politiche preveggenti, giuste e necessarie per fermare, già allora, quel che ora sta accadendo, l'invasione dell'Europa incapace di ridiventare fortezza. Si pone qui la spinosa questione della continuità e differenza tra razzismo e antisemitismo.
A titolo esemplificativo si può citare l'argomento che nega un rapporto forte tra i due sostenendo che gli ebrei non sono una razza; lo stesso Hitler sosteneva che andavano eliminati perché erano una anti-razza, vale a dire l'incarnazione del principio dissolutore delle razze e quindi del disordine assoluto. Si deve controbattere che nemmeno le altre sono razze. In estrema sintesi sia il razzismo che l'antisemitismo sono bussole per orientarsi nella modernità che conducono a sicuri esisti catastrofici. Il mondo è unico, oggi in modo tangibile. Che lo vogliamo o meno siamo di fronte a questo aut-aut: o universalismo nella diversità o guerra delle razze.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 28 SETTEMBRE 2018 |