Abbiamo già visto, nel nostro primo articolo dedicato ai risultati delle elezioni di midterm statunitensi, quelli che sono gli aspetti più generali. Qui ci concentreremo, invece, su 4 dati interessanti, che riguardano da vicino alcuni temi importanti per inquadrare il risultato di ieri (soprattutto quello della Camera).
Suburbs: territorio Dem
Come ben ci racconta Nate Silver nel suo FiveThirtyEight, c’è un aspetto che risalta particolarmente all’occhio a partire dalle elezioni Presidenziali del 2016, di primaria importanza per comprendere uno dei motivi che hanno portato la vittoria Dem alla Camera: le periferie sono sempre più territorio democratico.
Nel 2012, nella sua pur fallimentare corsa alla Casa Bianca, Mitt Romneyaveva conquistato piuttosto agilmente diversi collegi suburbani. Prendiamo il caso, ad esempio, dei distretti congressuali di Texas 7, Texas 32, California 48 e 49. In queste aree, il candidato repubblicano seppe vincere ovunque con margini superiori al 10%, e in un caso anche del 20%.
Alle Presidenziali del 2016 questi stessi distretti (circa una quindicina) virarono tutti quanti, e in modo piuttosto netto, verso Hillary Clinton, anche se perlopiù confermarono la fiducia, alla Camera, per il proprio “storico” candidato GOP di riferimento. Un tema scottante per i repubblicani che, pur mantenendo la maggioranza, per la prima volta scesero sotto il 50 per cento dei consensi nelle aree suburbane (49% Trump, 44% Clinton).
Prendiamo proprio il caso di Texas 07 o di California 25. Si tratta di distretti che vanno ai conservatori rispettivamente dal 1971 e dal 1993. La dirigenza repubblicana sperava che anche in occasione delle midterm di ieri, il voto in questi distretti – distante da “suggestioni” presidenziali – avrebbe potuto confermare la lealtà storica al rosso.
Il ragionamento era semplice: il crollo delle presidenziali si spiegava con il profilo di Donald Trump e la sua accentuata radicalizzazione su connotati populisti, non esattamente mainstream nel conservatorismo statunitense. Così però non è stato. I Repubblicani sono stati in grado di vincere solamente in 4 di questi distretti.
Da una parte i segnali di allarme provenienti dalle aree suburbane erano evidenti già da prima dell’arrivo di Trump, dall’altra la sua figura ha certamente rappresentato, ce lo raccontano i dati, un ulteriore fattore negativo. Se combiniamo questi due elementi con gli exit poll pubblicati dalla CNN ieri sera, si comprende come si sia configurata tale situazione: circa il 67% della popolazione ha dichiarato che Donald Trump è stato il tema principale o uno dei principali temi che hanno indirizzato il suo voto.
Nel grafico seguente, un modello probabilistico sviluppato da Anthony Retsch, si evidenzia proprio la propensione a votare per i Democratici in ben tre delle quattro macro-aree suburbane degli Stati Uniti. I repubblicani “vincono” solamente nel sud, loro storica roccaforte, ma di appena l’1%. Sono invece indietro di 17 punti percentuali nel Nordest, di 10 nel Midwest e di 11 punti nel West.
Donne e giovani fondamentali?
Un secondo modello evidenzia invece un altro dato che va a combinarsi con quanto detto sino ad ora, e ridisegna la demografia elettorale del fronte GOP: nel 2018 i voti persi dal Presidente tra chi lo aveva votato nel 2016 sono contenute quanto più aumenta l’età. Ma tra i giovani (20-35 anni) ex sostenitori di Trump vi sarebbe una perdita di consenso tra il 15 e il 20 per cento.
La stessa tendenza si individua anche osservando il modello riguardante le preferenze di voto generali, divise per fasce d’età. Infatti, prendendo in considerazione i votanti compresi tra i 18 e i 39 anni, quindi anche i new voters – cioè coloro che si recavano a votare per la prima volta in queste midterms -, è evidente una propensione mai registrata negli ultimi dieci anni a preferire l’area democratica. Tale trend favorevole al partito dell’asinello, per quanto diffuso in tutta la popolazione, tende ad assottigliarsi considerevolmente con l’aumentare dell’età.
Possiamo, passando all’ultima parte, affermare che la radicalizzazione e la polarizzazione sul tema del rapporto tra donne e politica da parte di Trump non sembra avere fatto bene al GOP.
Infatti, dall’altra parte, le scelte dei Democratici hanno valorizzato in particolare aree delle candidate donne (pensiamo alla Ocasio-Cortez), spesso appartenenti a minoranze etniche o di altro tipo. Queste midterm sono le elezioni delle “prime volte”, come già abbiamo avuto modo di sottolineare: per la prima volta vengono elette delle native americane, una deputata di origine palestinese, due deputate latino-americane in Texas.
La strategia dei Dem sembra aver pagato: in termini percentuali, il maggior aumento di consenso nell’area dem si registra, secondo l’ultimo dei modelli considerati, tra le donne laureate (di circa 10 punti) ma anche – in modo più contenuto – tra quelle prive di laurea (circa 4 punti).
© RIPRODUZIONE RISERVATA 09 NOVEMBRE 2018 |