All'incirca tre anni fa avevamo organizzato in Casa della Cultura un ciclo in cinque incontri sull'illuminismo. L'aveva curato Mario Ricciardi che aveva proposto come titolo: "Illuminismi. Attualità e limiti dell'età dei lumi".
L'iniziativa era tutt'altro che casuale. Tanti segnali attorno segnalavano il ritorno prepotente di un clima e di un umore neoromantico, con lontananza e diffidenza dal pensiero e dal retaggio illuminista. Una buona ragione per andare a vedere in cosa sia consistito l'illuminismo e quale sia il suo lascito.
Quei cinque incontri misero a fuoco un quadro complesso del movimento illuminista: tante letture unilaterali da sfatare, una realtà sfaccettata e plurale e un patrimonio di idee ancora pulsante che ha contribuito potentemente a plasmare le nostre idee e il nostro modo di vivere. Laicità e autonomia della ricerca scientifica, diritti umani universali, uno sguardo aperto e fiducioso sul futuro: ecco alcuni tasselli di quel lascito straordinario. Sulla bilancia della valutazione storica appaiono successi e limiti, ma per tutti è impossibile negare che il secolo dei Lumi ha messo in discussione l'Ancien Régime e ha dischiuso le parte alla modernità.
Mi fa piacere ora segnalare che, a distanza di tre anni da quella nostra operazione culturale, è apparso in libreria un volume a più mani edito da Carocci, curato da Massimo Mori e da Salvatore Veca, dal titolo "Illuminismo. Storia di un'idea plurale" in cui si trovano ben sistematizzate ed elaborate proprio le intuizioni che avevano guidato il nostro ciclo di discussione. Basta scorrere l'indice degli undici saggi raccolti nel volume per rendersi conto che esso si propone proprio di problematizzare e di confutare un'immagine monolitica e stereotipata dell'illuminismo, di fare emergere un illuminismo plurale, attraversato dalla fiducia nell'emancipazione, ma anche consapevole dei limiti degli strumenti con cui essa avrebbe potuto essere realizzata.
Gli autori dei saggi mettono in luce il modo articolato e problematico con cui i vari esponenti hanno trattato questioni decisive quali la fiducia nella ragione, il rapporto con la religione o quello con la tradizione. Nel loro insieme quelle idee, si sottolinea nel volume, hanno aperto la strada alla modernità, ma è improprio attribuire loro meccanicamente brutture e problemi che hanno segnato i due secoli successi, quelli del pieno affermarsi del mondo moderno.
Il volume si chiude con un saggio di Salvatore Veca, "Pensare l'illumismo" - che riteniamo opportuno riprodurre nel sito - che ripercorre il rapporto dell'illuminismo con il pensiero contemporaneo. L'attenzione di Veca si concentra soprattutto su Hilary Putnam, Michel Foucault e Bernard Williams, tre filosofi assai autorevoli ma anche molto diversi tra di loro, tutti e tre pronti però a riconoscere il debito verso l'illuminismo. Riprendere le fila di queste riflessioni, scrive Veca, "è una risposta alla percezione crescente di una sorta di Ancien Régime che sembra dissipare ed erodere i fondamenti della convivenza civile qua e là, per il mondo".
Il saggio si chiude con una citazione di Jean Améry, il filosofo austriaco catturato dai nazisti e deportato nei campi di concentramento, che dice: "L'illuminismo non è una costruzione dottrinaria … ma il continuo, rischiarante colloquio che dobbiamo fare con noi stessi e con gli altri. La luce dell'illuminismo classico non fu una distorsione ottica, non fu un'allucinazione. Là dove è minacciata la sua eclissi, la coscienza dell'uomo è offuscata. Chi rinnega l'illuminismo, rinuncia all'educazione del genere umano". Si tratta di una riflessione nella quale ci riconosciamo pienamente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA 16 GIUGNO 2019 |