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Secondo i dati statistici, la popolazione del Kerala ha di gran lunga la più alta aspettativa di vita alla nascita rispetto a altre aree dell'India. Tuttavia, le statistiche ci dicono anche che la percentuale di cittadini di quello Stato che lamentano cattive condizioni di salute è più alta di quella riscontrata a Bihar, o nell'Uttar Pradesh, anche se gli abitanti di questi due Stati hanno un'aspettativa di vita alla nascita molto inferiore rispetto al Kerala. La spiegazione di questo apparente paradosso, come ha osservato Amartya Sen, si trova in alcune variabili sociali e culturali, tra le quali un ruolo centrale ha senza dubbio l'emancipazione femminile. A differenza di altri Stati indiani, il Kerala ha un sistema di assistenza sanitaria pubblica esteso e relativamente efficiente, e un tasso di educazione, sia maschile sia femminile, più elevato. Ciò significa che gli abitanti del Kerala sono più attenti degli altri indiani al proprio stato di salute, riconoscono prima e meglio i sintomi che richiedono attenzione medica, e quindi vivono di più. Anche se il prezzo che pagano per tale maggiore consapevolezza è che si preoccupano di più delle proprie condizioni. Insomma, essere più istruiti non rende necessariamente più felici, ma ci fa andare più di frequente dal medico, e questo ci fa vivere più a lungo. Non è un caso che Sen sottolinei l'importanza che il livello più elevato dell'istruzione femminile nel Kerala ha nel migliorare le aspettative di vita della popolazione dello Stato. Sin dai tempi della rivoluzione francese, quando Condorcet rivendicava la necessità di istituire un sistema di educazione pubblica esteso anche alle donne, l'argomento dei benefici sociali dell'emancipazione femminile era in primo piano, insieme a quello basato sui diritti. Da allora le società occidentali hanno fatto enormi progressi da questo punto di vista, e oggi anche diversi paesi non europei, come mostra l'esempio del Kerala, possono vantare successi significativi sulla strada della parità tra i sessi.
Eppure, come lo stesso Sen ha sottolineato più volte nei suoi lavori, siamo ancora ben lontani dal raggiungere una piena eguaglianza tra uomini e donne. In primo luogo perché, è bene non dimenticarlo, sono diversi i paesi del mondo in cui la legislazione e il costume sanciscono tuttora una disparità di diritti tra i due sessi. In secondo luogo perché, anche dove la parità dei diritti è riconosciuta, talvolta mancano gli strumenti per renderla effettiva. Si pensi, tanto per fare un esempio, a quel che è accaduto in conseguenza della crisi economica. La diminuzione del tasso di occupazione femminile riscontrata in diversi paesi negli ultimi anni (nel nostro, secondo dati Istat appena pubblicati, dei quarantaquattro mila occupati in meno, quarantadue sono donne) si spiega, secondo Alessandra Casarico e Daniela Del Boca, (su lavoce.info) anche con i tagli di spesa nel settore dei servizi, che tradizionalmente vedono una più massiccia presenza femminile. Non è difficile immaginare che una minore offerta di certi tipi di prestazioni pubbliche, si pensi agli asili nido o agli orari prolungati nelle scuole dell'obbligo, potrebbe aggravare ancora di più la situazione.
Ovviamente il fatto che le donne abbandonino o perdano il lavoro, non riescano trovarne un altro o non possano permettersi di accettare un'offerta, non vuol dire che rimangano senza far nulla. Una gran parte delle donne che sono uscite dal mondo del lavoro 'ufficiale ' lo hanno fatto per dare una mano in famiglia - in particolare per assistere bambini o anziani - riadattandosi al ruolo in cui da sempre sono state relegate nelle società tradizionali. Questo fenomeno, meno facile da quantificare rispetto al tasso di disoccupazione, segna un arretramento nel percorso per la rimozione di discriminazioni e diseguaglianze tra i sessi. Ancor più pericoloso se, come avvertiva Condorcet, viene metabolizzato dalla coscienza sociale. Per questo sono preziose tutte le occasioni per richiamare l'attenzione su questa tendenza e per invocare misure adatte a contrastarla.
Articolo pubblicato su Il Sole 24ORE Domenica 10 maggio 2015 pag 33
© RIPRODUZIONE RISERVATA 14 MAGGIO 2015 |