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CITTÀ E COVID-19: IL RUOLO DEGLI INTELLETTUALI
Commento al libro curato da Massimiliano Cannata
Giampaolo Nuvolati
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La lettura del pamphlet a cura di Massimiliano Cannata – La città per l’uomo ai tempi del Covid-19 (La nave di Teseo, 2020) con testi di Giovanni Maria Flick, Luca Bergamo, Margherita Petranzan, Franco Purini e Salvatore Settis – sollecita molte considerazioni ma di carattere forse diverso rispetto agli intenti che gli autori si sono posti. Si tratta di un testo che raccoglie riflessioni particolarmente dense e suggestive, formulate da prospettive disciplinari diverse. Inoltre, lo spessore culturale degli autori è indiscutibile e viene ancora una volta confermato da queste pagine ma, a mio parere, il lavoro soffre (in alcuni capitoli più che in altri) di un difetto di fondo: riguarda infatti una descrizione critica della società e in particolare delle città contemporanee che poi mostra una facile e troppo semplicistica curvatura sul tema del coronavirus come pandemia che non farà altro, secondo gli autori, che ampliare e rendere più problematiche alcune delle questioni descritte. Dunque nei vari capitoli la relazione con il Covid-19 e sugli scenari futuri si esaurisce molto velocemente. In particolare, nonostante gli autori indichino alcuni indirizzi di orientamento delle politiche, la pars construens è ancora troppo debole, poco incisiva e sostanzialmente rimanda ora agli articoli della Costituzione (Flick), ora ai valori fondanti delle società (Bergamo), ora ai significati più profondi del costruire e fare architettura (Petranzan), ora a una ricostruzione storica della disciplina stessa (Purini), ora alla cura e valorizzazione del patrimonio paesaggistico e ambientale delle nostre città e territori (Settis) senza però passare alla proposta di azioni più mirate in relazione alla diffusione della pandemia. Insomma lo sguardo sembra più proiettato verso il passato o problemi già conosciuti che non rispetto al futuro più o meno immediato, più o meno inedito.
Ciò che sollecita questa lettura non è dunque tanto o soltanto il contenuto dei capitoli (ricchi peraltro di spunti interessanti) quanto il ruolo che hanno avuto e potranno avere gli intellettuali (ovviamente non solo quelli del pamphlet nel pre- e post-Covid, in un processo di crescente delegittimazione di cui in parte sono responsabili gli intellettuali stessi, troppo spesso chiusi nelle loro torri d’avorio, sempre meno engagé e nello stesso tempo non sempre capaci di accogliere visioni del mondo diverse dalla propria perché giudicate immorali, seppure razionali. Ad esempio, sottolineare, come fanno molti, alcune storture della globalizzazione, tenerne distinta la parte buona da quella cattiva è piuttosto comodo, ma non riconoscere la complessità dell'epoca attuale rimane un problema.
Bene allora dice Luca Bergamo quando in un passaggio del suo scritto afferma: «l’umanità è stata capace di guardarsi e cambiare, purtroppo dopo aver immensamente sofferto. Non sempre però. Quando vi è riuscita, le voci della saggezza sono state in grado di intuire e rappresentare le ragioni profonde delle emozioni dei più, superando steccati culturali. Una funzione che gli intellettuali raramente abbracciano, ma che oggi penso indispensabile». Ma occorrerebbe credo fare un ulteriore passo in avanti: cioè sviluppare la capacità di declinare le riflessioni teoriche in percorsi attuativi più mirati ed effettivamente praticabili anche attraverso una maggiore contaminazione con il mondo della politica e più in generale con i processi decisionali fatti di negoziazione di interessi spesso molto diversificati e contrastanti. È un sacrificio non da poco per chi vive nell’accademia, anche se quest’ultima già mostra una nuova tendenza in direzione di quanto appena detto, attraverso la crescente valorizzazione della cosiddetta terza missione, accanto alla formazione e alla ricerca.
Quando ripensiamo alle città dovremmo, in sintesi, ripensare al ruolo che avranno gli intellettuali in queste città. Insomma come possono rendersi visibili e riconoscibili in un mondo in cui le voci si accavallano come mai prima d’ora? Come possono dimostrare la loro utilità nelle situazioni di emergenza che tutt’oggi privilegiano l’agire immediato, delle scienze dure, più che la riflessione a lungo termine, propria delle scienze umane? Come passare da una visione a volte troppo retorica e nostalgica a proposte concrete per la politica in generale e le politiche pubbliche più immediate? Sonno certo che gli autori del pamphlet recensito hanno risposte in merito e tali idee potrebbero essere l’occasione per un altro libro, fatto anche di esperienze vissute e suggerimenti operativi pur con tutti i rischi di fallimento che l’agire pratico spesso comporta.
Leggendo il testo si apre, infatti, un’ulteriore questione di carattere epistemologico. Ci chiediamo in particolare se le varie discipline chiamate in causa saranno capaci di analizzare il presente e soprattutto di predire il futuroLe richieste in questo senso da parte della società sono molto pressanti. Ma più che mai oggi, pur a fronte di una quantità crescente di dati e informazioni, ci misuriamo con una complessità che non è facile da decifrare. Per questo occorre sempre più pensare a strategie di intervento che presuppongano la possibilità di ripensamenti in corso d’opera, forme di ridistribuzione delle risorse a seconda delle circostanze, di ricalibratura delle politiche nelle varie fasi del processo. La debolezza della tecnica attraversa diverse delle riflessioni dei nostri autori tra cui Giovanni Maria Flick che ricorda
La tecnica e tanto meno il profitto non bastano per affrontare e superare la morte. Ciascuno muore solo – nonostante il bagaglio delle sue conoscenze, il carnet dei suoi affetti e il portafoglio del suo patrimonio – soprattutto oggi negli ospedali sovraffollati; senza neppure la possibilità di un commiato, di una manifestazione di pietas e di affetto, di una preghiera. Un ulteriore rilievo, a questo riguardo. L’efficienza spietata della pandemia; la tecnica e l’efficacia predittiva dell’algoritmo, con la sua capacità di produrre conoscenze attraverso la mole dei dati acquisiti, mostrano che la globalizzazione, nonostante il suo bagaglio scientifico e tecnico, non è in grado di “conoscere”, dominare tecnologicamente e “superare” la morte. Oggi come in passato, nonostante le scoperte scientifiche e le applicazioni tecniche, non sembriamo aver percorso molta strada dall’esperienza degli ebrei nel loro sofferto cammino verso la terra promessa: l’algoritmo d’oro ha sostituito il vitello d’oro, ma il risultato non si discosta molto dal punto di partenza.
È proprio nell’impellenza del momento e in una società sempre più secolarizzata come la nostra che si consuma oggi la crisi di scienziati e intellettuali chiamati a dare risposte che abbiano ricadute precise in tempi brevi, districandosi nella selva della rete
La pandemia che ha colpito il nostro tempo, rispetto a quelli passati, ha una specificità e cioè che è avvenuta in contemporanea con lo sviluppo impressionante delle ICT (Information and Communication Technologies), con la conseguente messa in discussione delle torri d’avorio (come osservava Ulrich Beck in La Società del rischio) e lo svilupparsi di una comunicazione che sostanzialmente da verticale si è fatta orizzontale. In altri termini, si è assistito a una moltiplicazione di dati e discorsi che immessi in Internet hanno caoticamente intasato gli spazi di riflessione, generando la criticità di qualsiasi ordine e gerarchia. Un giusto equilibrio tra la democratizzazione della discussione e la conferma di rilevanza del sapere esperto è uno dei temi fondamentali sul quale dovranno misurarsi gli intellettuali stessi, chiamati a compiti sempre più ardui nel confrontarsi con diversi livelli di comunicazione.
Giampaolo Nuvolati
N.d.C. - Giampaolo Nuvolati, professore ordinario di Sociologia dell'ambiente e del territorio, dirige il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca.
Tra i suoi libri: La qualità della vita delle città. Metodi e risultati delle ricerche comparative (FrancoAngeli, 1998); Popolazioni in movimento, città in trasformazione. Abitanti, pendolari, city users, uomini d'affari e flâneur (il Mulino, 2002); Piccola antologia di paesaggi urbani (Vicolo del Pavone, 2003); Lo sguardo vagabondo. Il flâneur e la città da Baudelaire ai postmoderni (il Mulino, 2006); Mobilità quotidiana e complessità urbana (Firenze University Press, 2007); L'interpretazione dei luoghi. Flanerie come esperienza di vita (Firenze University Press, 2013); Un caffè tra amici, un whiskey con lo sconosciuto. La funzione dei bar nella metropoli contemporanea (Moretti & Vitali, 2016); (a cura di), Sviluppo urbano e politiche per la qualità della vita (Firenze University Press, 2018); con Giorgio Bigatti (a cura di), Raccontare un quartiere. Luoghi volti e memorie della Bicocca (Scalpendi, 2018); Interstizi della città. Rifugi del vivere quotidiano (Moretti & Vitali, 2019).
Per Città Bene Comune ha scritto: Città e paesaggi: traiettorie per il futuro (8 dicembre 2017); Tecnologia (e politica) per migliorare il mondo (13 luglio 2018); Scoprire l’inatteso negli interstizi delle città (20 settembre 2019).
N.B. I grassetti nel testo sono nostri
R.R. © RIPRODUZIONE RISERVATA 29 MAGGIO 2020 |
CITTÀ BENE COMUNE
Ambito di riflessione e dibattito sulla città, il territorio, il paesaggio e la cultura del progetto urbano, paesistico e territoriale
ideato e diretto da Renzo Riboldazzi
prodotto dalla Casa della Cultura e dal Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano
in redazione: Elena Bertani Oriana Codispoti
cittabenecomune@casadellacultura.it
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Le conferenze
2017: Salvatore Settis locandina/presentazione sintesi video/testo integrale
2018: Cesare de Seta locandina/presentazione sintesi video/testo integrale
2019: G. Pasqui | C. Sini locandina/presentazione
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Le letture
2015: online/pubblicazione 2016: online/pubblicazione 2017: online/pubblicazione 2018: online/pubblicazione 2019: online/pubblicazione 2020:
P. C. Palermo, Le illusioni del "transnational urbanism", commento a: D. Ponzini, Transnational Architecture and Urbanism (Routledge, 2020)
V. Ferri, Aree militari: comuni, pubbliche o collettive?, commento a: F. Gastaldi, F. Camerin, Aree militari dismesse e rigenerazione urbana (LetteraVentidue, 2019)
E. Micelli, Il futuro? È nell'ipermetropoli, commento a: M. Carta, Futuro. Politiche per un diverso presente (Rubbettino, 2019)
A. Masullo, La città è mediazione, commento a: S. Bertuglia, F. Vaio, Il fenomeno urbano e la complessità (Bollati Boringhieri, 2019)
P. Gabellini, Suolo e clima: un grado zero da cui partire, commento a: R. Pavia, Tra suolo e clima (Donzelli, 2019)
M. Pezzella, L'urbanità tra socialità insorgente e barbarie, commento a: A. Criconia (a cura di), Una città per tutti (Donzelli, 2019)
G. Ottolini, La buona ricerca si fa anche in cucina, commento a: I. Forino, La cucina (Einaudi, 2019)
C. Boano, "Decoloniare" l'urbanistica, commento a: A. di Campli, Abitare la differenza (Donzelli, 2019)
G. Della Pergola, Riadattarsi al divenire urbano, commento a: G. Chiaretti (a cura di), Essere Milano (enciclopediadelle donne.it, 2019)
F. Indovina, È bolognese la ricetta della prosperità, commento a: P. L. Bottino, P. Foschi, La Via della Seta bolognese (Minerva 2019)
R. Leggero, O si tiene insieme tutto, o tutto va perduto, Commento a: M. Venturi Ferriolo, Oltre il giardino (Einaudi, 2019)
L. Ciacci, Pianificare e amare una città, fino alla gelosia, commento a: L. Mingardi, Sono geloso di questa città (Quodlibet, 2018)
L. Zevi, Forza Davide! Contro i Golia della catastrofe, commento a: R. Pavia, Tra suolo e clima (Donzelli, 2019)
G. Pasqui, Più Stato o più città fai-da-te?, commento a: C.Cellamare, Città fai-da-te (Donzelli, 2019)
M. Del Fabbro, La casa tra diritto universale e emancipazione, commento a: A. Tosi, Le case dei poveri (Mimesis, 2017)
A. Villani, La questione della casa, oggi, commento a: L. Fregolent, R. Torri (a cura di), L'Italia senza casa (FrancoAngeli, 2018)
P. Pileri, Per fare politica si deve conoscere la natura, commento a: P. Lacorazza, Il miglior attacco è la difesa (People, 2019)
W. Tocci, La complessità dell'urbano (e non solo), commento a: C. S. Bertuglia, F. Vaio, Il fenomeno urbano e la complessità (Bollati Boringhieri, 2019)
S. Brenna, La scomparsa della questione urbanistica, commento a: M. Achilli, L'urbanista socialista (Marsilio, 2018)
L. Decandia, Saper guardare il buio, commento a: A. De Rossi (a cura di), Riabitare l'Italia (Donzelli 2018)
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